Esteri

Via della Seta: mappa, investimenti, pro e contro. Tutto ciò che c'è da sapere sulla Belt and Road

Lorenzo Lamperti

10 domande sulla Nuova Via della Seta: mappa, ruolo dell'Italia, timori sul debito, sviluppo in Africa e... Tutto quello che c'è da sapere sulla Belt and Road

Chi ancora pensa che la Nuova Via della Seta sia un nostalgico revival delle antiche avventure eurasiatiche di Marco Polo sarà deluso. La Belt and Road Initiative, di cui si parla da anni nel mondo, è il più colossale piano economico-diplomatico di sempre. Ora anche in Italia, vista l'adesione firmata dal governo Lega-M5s al memorandum di intesa con la Cina lo scorso marzo durante la visita di Xi Jinping, se ne sta parlando molto. E se ne torna a parlare ora in occasione del Forum 2019 sulla Belt and Road di Pechino (25-27 aprile), al quale prenderà parte anche il premier italiano Giuseppe Conte.

Ecco allora la riproposizione della guida (parziale, non basterebbe un libro a cogliere tutte le sfaccettature e implicazioni) di Affaritaliani.it sugli aspetti principali del progetto che sta (già) cambiando il mondo. 

Che cos'è la Nuova Via della Seta?

Innanzitutto non si tratta di una sola "via della seta". Volendo utilizzare il nome del progetto in italiano sarebbe corretto parlare di "Nuove Vie della Seta", al plurale. Le rotte sono infatti cinque, tre terrestri e due marittime, e potrebbero presto diventare sei. La Belt and Road Initiative (Bri), il nome internazionale del progetto, è un piano annunciato nel 2013 dal presidente cinese Xi Jinping per migliorare i collegamenti commerciali con i paesi dell'Eurasia, sviluppando sulla sua strada non solo binari ma veri e propri centri di connessione economici (e diplomatici). Da un primo stanziamento di 40 miliardi di dollari, durante il forum Bri del 2017 è stato annunciato un ulteriore stanziamento di 100 miliardi. Nell'ottobre del 2017 la Bri è stata inclusa nella costituzione cinese. E' considerato il più grande progetto infrastrutturale e di investimenti della storia. Coinvolge al momento 68 paesi e circa il 65% della popolazione mondiale.

Quali sono le rotte della Belt and Road Initiative?

Esistono tre rotte terrestri che creano sei corridoi della Bri. La prima parte dal nord est della Cina e arriva all'Europa continentale e al Baltico passando dall'Asia centrale e dalla Russia. La seconda parte dal nord ovest della Cina e arriva al Golfo Persico e al Mar Mediterraneo passando per l'Asia centrale e occidentale. La terza parte dal sud ovest dalla Cina e arriva all'oceano Indiano passando per l'Indocina. Ci sono poi due rotte marittime. La prima che dal mar Cinese meridionale arriva nel sud del Pacifico. La seconda che invece si dirige verso l'Africa e l'Europa attraverso lo stretto di Malacca. C'è poi il progetto di creare una terza rotta marittima, quella artica, che potrebbe svilupparsi nei prossimi anni grazie allo scioglimento dei ghiacci.

Come è arrivata la Cina alla creazione della Belt and Road?

E' il naturale sviluppo di una politica cinese che si è continuata ad evolvere nel dopo Mao. Nel 1978 Deng Xiaoping lanciò la politica di riforma e di apertura della Cina. I rapporti amichevoli con il mondo occidentale e con gli Stati Uniti erano all'epoca l'unica strada per raggiungere modernizzazione e sviluppo. L'accesso al sistema capitalista ha sì cambiato la Cina ma non ne ha minato la fondamenta. Per dirla in parole povere, dopo la fine della guerra fredda l'Occidente si era illuso che tutti avrebbero sposato il suo modello al cento per cento. La Cina è invece riuscita a diventare una potenza economica mantenendo caratteristiche proprie e non assimilabili al modello uscito "vincitore" (così almeno pensava Fukuyama) dallo scontro tra i due antichi blocchi. Pechino è dunque passata alla fase successiva, vale a dire la proposta di un modello differente. La Belt and Road si pone l'obiettivo di creare un immenso mercato comune Eurasiatico, allo stesso tempo più o meno inconsapevolmente aumentando il peso diplomatico di Pechino lungo la via. Dopo l'integrazione nell'economia globale Xi Jinping è passato alla fase di sviluppo della presenza cinese sulla scena mondiale. Un obiettivo che risponde non tanto a logiche imperialiste quando a necessità interne: risoluzione del nodo della sovraproduzione, diversificazione delle fonti di import di energia, petrolio e gas, accesso a risorse naturali fondamentali per lo sviluppo tecnologico, altro grande obiettivo di Pechino come dimostra il piano Made in China 2025.

Quali sono i paesi coinvolti finora nella Belt and Road?

La lista è lunghissima. Il primo naturale sbocco dell'iniziativa è il Sud Est asiatico, dove la Cina ha realizzato e sta realizzando grandi progetti infrastrutturali in Cambogia, Myanmar, Malesia, Indonesia e Singapore. In Thailandia vorrebbe costruire un canale lungo l'istmo di Kra, il lembo di terra che unisce l'Asia continentale alla Malesia. Questo canale potrebbe cancellare il grande problema cinese dello stretto di Malacca, passaggio obbligato della rotta marittima verso Africa ed Europa. Il Pakistan è forse il paese dove la presenza della Bri è più visibile. Il paese è considerato dalla Cina la porta d'ingresso per l'oceano Indiano ed è qui che sta realizzando il cruciale porto di Gwadar. Importanti anche gli investimenti in Iran. Nelle scorse settimane sono stati chiusi anche importanti accordi con l'Arabia Saudita, con la Cina che al momento dimostra di saper dialogare con entrambi i rivali del Medio Oriente. L'altra direttiva naturale della Belt and Road è l'Asia centrale. Le repubbliche ex sovietiche sono state integrate nel progetto anche (o soprattutto) grazie all'intesa di cooperazione raggiunta con la Russia. Un ruolo particolare è ricoperto dal Kazakistan, considerato da Pechino come cruciale collegamento tra Asia ed Europa. La collaborazione con Astana è molto profonda e si concretizza anche in paesi terzi, come nella Repubblica Democratica del Congo.

Quali sono i fattori più positivi della Bri e invece quelli potenzialmente negativi?

Rispetto all'antica Via della Seta, la Belt and Road riserva un ruolo cruciale anche all'Africa. In Gibuti è stata realizzata la prima base militare cinese permanente all'estero. Nel continente africano gli investimenti cinesi stanno innegabilmente aiutato occupazione e sviluppo. La crescita in Etiopia ha portato tra le altre cose anche alla storica pace con l'Eritrea. La cosiddetta Cinafrica non è limitata alla parte orientale del continente. Pechino è presente con investimenti importanti anche in paesi dell'Africa occidentale come Senegal e Angola. Nei piani ci sarebbe addirittura una linea ferroviaria ad alta velocità che collegherebbe la costa orientale con quella occidentale, partendo da Gibuti e arrivando in Nigeria o in Camerun. L'Africa è importante per la Cina anche per l'accesso alle risorse naturali e minerarie. L'esempio principale è il cobalto, fondamentale per lo sviluppo tecnologico tra l'altro delle auto elettriche (settore nel quale Pechino vuole diventare leader). Il 54 per cento delle risorse globali di cobalto si trova in Congo. Nel 2018 la Cina ha importato cobalto dal paese africano per un miliardo e 200 mila euro. Tanto per capirci, al secondo posto c'è l'India con 3,2 milioni di euro. La presenza della Cina in Africa ha comunque innestato un processo virtuoso nel quale anche altri paesi, come Arabia Saudita e India, hanno cominciato a investire cifre importanti nel continente, aprendo nuove prospettive economiche e sociali. Per quanto riguarda i potenziali lati negativi della Belt and Road, molti analisti parlano della cosiddetta "trappola del debito". In sostanza, i paesi che ricevono gli investimenti di Pechino si indebitano di cifre che poi non riescono a ripagare. L'esempio più ovvio è quello dello Sri Lanka, isola dell'oceano Indiano che ha dovuto cedere in concessione per 99 anni il suo porto di Hambantota. Un altro nodo è legato ai settori strategici e della sicurezza dei dati. Anche da qui nascono le pressioni degli Usa affinché Huawei sia esclusa dai progetti di sviluppo delle reti 5G.

via della seta
 

Quali sono le sfide per la Cina lungo il tragitto della Belt and Road?

La sfida più importante è quella di riuscire a incrementare il proprio soft power. Impresa non sempre facile. Uno degli ostacoli principali, per quanto riguarda l'Asia, è la presenza sempre più rilevante dell'India. Nuova Dehli vede con sospetto i progetti cinesi e, forte di una buona crescita economica e demografica, sta diventando sempre più una barriera all'espansione del Dragone. L'India sta diventando sempre più assertiva nell'area e alcuni suoi paesi "satellite" come Nepal, Bangladesh e Maldive stanno non a caso rivedendo i progetti di cooperazione con la Cina. Anche nell'area del Sud Est c'è qualche malumore. In Malesia, il presidente Mahathir (eletto a sorpresa nel 2018) ha dichiarato che vuole rinegoziare diversi progetti ventilando anche la possibilità di negare visti di residenza a Forest City, smart city innovativa costruita grazie ai soldi di Pechino, salvo fare poi un parziale passo indietro. Anche l'Indonesia mostra qualche segno di insofferenza. Il timore che si sta diffondendo è quello di dipendere troppo dalla Cina. Anche per questo stanno nascendo altri progetti infrastrutturali nell'area. La Thailandia ha creato un fondo regionale con i vicini Cambogia, Laos, Vietnam e Myanmar. E c'è poi il progetto Quad, modello alternativo di investimenti nell'Indo pacifico proposto dall'asse Stati Uniti-India-Giappone-Australia. Regge comunque la collaborazione tra Cina e Giappone in paesi terzi.

Perché gli Stati Uniti sono ostili al progetto?

Gli Stati Uniti avevano pensato di portare anche la Cina nella loro orbita. Era un'illusione. Con Barack Obama in parte, ma soprattutto con Donald Trump, Washington ha individuato in Pechino il proprio principale rivale e nella Belt and Road una minaccia da disinnescare. La guerra commerciale è solo un paravento di un qualcosa di molto più complesso. Anche un eventuale e parziale accordo sui dazi tra Trump e Xi Jinping non metterà fine a un processo nel quale gli apparati statunitensi sono entrati in modalità "nuova guerra fredda". Sì, perché per Washington la Belt and Road non è un semplice progetto infrastrutturale e commerciale ma un progetto geopolitico per sovvertire l'ordine costituito, vale a dire quello dove gli Stati Uniti sono sul tetto gerarchico globale. Gli Usa fanno leva sulle antiche relazioni diplomatiche con il mondo occidentale per impedire l'espansione del modello cinese e per loro firmare il memorandum di adesione ufficiale alla Nuova Via della Seta equivale quasi a una scelta di campo.

Qual è la posizione dell'Europa?

L'Europa è la destinazione naturale delle rotte terrestri della Belt and Road. Nel 2013, anno di inizio del progetto, il commercio Eurasiatico arrivava a 1,8 trilioni di dollari, il doppio del commercio Transpacifico e il triplo di quello Transatlantico. Tra i paesi che hanno già aderito all'iniziativa di Pechino figurano Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Estonia, Lettonia, Lituania, Slovenia, Bulgaria, Grecia, Ungheria e Portogallo. Le direttive della Nuova Via della Seta arrivano già nell'Europa continentale tramite i porti del Pireo e di Rotterdam e una interminabile linea ferroviaria che unisce Chongqing a Duisburg, in Germania. L'Europa orientale ha anche creato il gruppo 16+1 che comprende i paesi dell'Est e dei Balcani, insieme ovviamente alla Cina. L'Europa, non in grado di entrare nel grande gioco geopolitico Usa-Cina, ha bisogno degli investimenti cinesi ma allo stesso tempo non può recidere il legame geopolitico con gli Stati Uniti. La sfida è quella di riuscire a influenzare il progetto cinese, modellandolo e adattandolo ai principi di trasparenza e concorrenza e agli standard sociali europei, garantendo allo stesso tempo la sicurezza dei propri settori strategici. Un'impresa molto complessa ma che l'Europa sarà costretta a tentare.

Quale può essere il ruolo dell'Italia?

L'Italia è stato il primo Paese del G7 ad aderire ufficialmente alla Belt and Road. Questo è avvenuto durante la visita in Italia del presidente Xi Jinping, tra il 21 e il 23 marzo, e ora potrebbero arrivare nuovi accordi al secondo forum sulla Bri che si terrà a Pechino  dal 25 al 27 aprile e al quale parteciperà anche il premier Giuseppe Conte, come già aveva fatto il suo predecessore Paolo Gentiloni nel 2017. Secondo Conte, l'accordo sarebbe "un'opportunità per il Paese e per la Ue, l'occasione per introdurre i nostri criteri e standard di sostenibilità finanziaria, economica, ambientale". Insomma, l'Italia potrebbe svolgere quel ruolo di cooperazione e allo stesso tempo di modellamento del progetto cinese, rendendolo più digeribile sul contesto occidentale. Nel miglior caso possibile l'Italia potrebbe aprire la strada a un ruolo anche manageriale dell'Ue e del mondo occidentale nell'ambito della Bri. Un fattore che potrebbe far comodo anche agli Stati Uniti nel lungo termine, ma la cui realizzazione non appare semplice. Gli ambiti di cooperazione previsti tra Italia e Cina riguardano settori come infrastrutture, energia, telecomunicazioni, aviazione civile, e-commerce. 

Quali sono gli scenari futuri?

Bruno Maçaes, nel suo recente libro "Belt and Road - A Chinese World Order", prefigura quattro scenari. Primo scenario: il mondo occidentale riesce a modellare il progetto cinese secondo il suo sistema, con la Cina che accetta i suoi principi di trasparenza ed engagement e si arriva a un'integrazione pacifica senza conflitti. Secondo scenario: convergenza sulla differenza. La Cina prende il posto degli Stati Uniti come centro politico ed economico globale ma permane la coabitazione con il modello alternativo occidentale. Terzo scenario: scontro tra due visioni diverse del mondo. La Cina non converge e il modello occidentale viene destrutturato e ricostruito secondo quello di Pechino. Quarto scenario: Stati Uniti e Cina non convergono e per trovare una forma di bilanciamento dividono il mondo per sfere di influenza nell'ambito di una nuova guerra fredda. Come andrà? Lo vedremo. Una cosa è certa: qui non si sta parlando solo di accordi economici.

Quali sono i 29 accordi già firmati dall'Italia a marzo?

I 19 accordi istituzionali

1) VIA DELLA SETA - Accordo tra il governo italiano e quello cinese in merito a una collaborazione nell'ambito della 'Via della Seta Economica' e dell'iniziativa per una Via della Seta Marittima del Ventunesimo Secolo. L'accordo e' stato firmato dal vicepremier Luigi Di Maio e dal presidente della National Development and Reform Commission (Ndrc) He Lifeng.

2) STARTUP - Protocollo d'intesa per la promozione della collaborazione tra Startup Innovative e tecnologiche tra il ministero dello Sviluppo economico italiano e il ministero della Scienza e Tecnologia cinese, firmato dal vice premier Luigi Di Maio con il consigliere di Stato e ministro degli Esteri cinese, Wang Yi.

3) COMMERCIO ELETTRICO - Memorandum d'Intesa tra il ministero dello Sviluppo economico italiano e il ministero del Commercio cinese sulla cooperazione nel settore del commercio elettrico, firmato dal vice premier Luigi Di Maio e dal ministro del Commercio cinese Zhong Shan.

4) FISCO - Accordo tra il governo italiano e il governo cinese per eliminare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni e le elusioni fiscali, firmato dal ministro dell'Economia, Giovanni Tria, e il consigliere di Stato e ministro degli Esteri cinese Wang Yi.

5) AGRUMI - Protocollo sui requisiti fitosanitari per l'esportazione di agrumi freschi dall'Italia alla Cina tra il ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo e l'Amministrazione generale delle Dogane cinese, firmato dal ministro Gian Marco Centinaio e l'ambasciatore cinese in Italia Li Ruiyu.

6) BENI CULTURALI - Memorandum d'Intesa tra il ministero per i Beni e le Attivita' culturali italiano e l'Amministrazione nazionale per il Patrimonio Culturale cinese (Ncha) sulla prevenzione dei furti, degli scavi clandestini, importazione, esportazione, traffico e transito illecito di Beni Culturali e sulla promozione della loro restituzione, firmato dal ministro Alberto Bonisoli con il direttore della Ncha, Liu Yuzhu.

7) REPERTI ARCHEOLOGICI - Restituzione di 796 reperti archeologici appartenenti al patrimonio culturale cinese, nell'ambito dell'accordo firmato dal ministro per i Beni e le Attivita' Culturali, Alberto Bonisoli, e il ministro della Cultura e del Turismo Luo Shugang.

8) SANITA' - Piano di azione sulla collaborazione sanitaria tra il ministero della Salute italiano e la Commissione nazionale per la Salute cinese, firmato dal ministro Giulia Grillo e l'ambasciatore cinese in Italia, Li Ruiyu.

9) EXPORT DI CARNE - Protocollo tra il ministero della Salute italiano e l'Amministrazione Generale delle Dogane cinese in materia d ispezione, quarantena e requisiti sanitari per l'esportazione di carne suina congelata dall'Italia alla Cina, firmato dal ministro Giulia Grillo e l'ambasciatore cinese in Italia, Li Ruiyu.

10) SEME BOVINO - Protocollo tra il ministero della Salute italiano e l'Amministrazione Generale delle Dogane cinese sui requisiti sanitari per l'esportazione di seme bovino dall'Italia alla Cina, firmato dal ministro Giulia Grillo e l'ambasciatore cinese in Italia, Li Ruiyu.

11) CONSULTAZIONI POLITICHE - Memorandum d'Intesa tra il ministero degli Esteri italiano e il ministero degli Esteri cinese sulle consultazioni bilaterali, firmato dal vice ministro degli Esteri, Emanuela Del Re, e il vice ministro degli Esteri cinese, Wang Chao.

12) SITI UNESCO - Memorandum di Intesa tra il ministero per i Beni e le Attivita' culturali italiano e l'Amministrazione nazionale per il patrimonio culturale cinese (Ncha) sul progetto di gemellaggio volto alla promozione, conservazione, conoscenza, valorizzazione e fruizione di siti italiani e cinesi iscritti nelle liste del Patrimonio Mondiale dell'Unesco. A firmarlo, la sottosegretaria ai Beni Culturali, Lucia Borgonzoni, e il direttore della Ncha, Liu Yuzhu

13) COOPERAZIONE SCIENTIFICA - Memorandum d'Intesa tr il Ministero dell'Istruzione, Universita' e Ricerca italiano e il ministero della Scienza e Tecnologi cinese sul rafforzamento della Cooperazione sulla Scienza, Tecnologia e Innovazione, firmato dal capo dipartimento dell'Universita' e della Ricerca del ministero dell'Istruzione italiano, Giuseppe Valditara, e l'ambasciatore cinese in Italia, Li Ruiyu.

14) Patto di gemellaggio tra la citta' di Verona e la citta' di Hangzhou per la promozione della conoscenza, valorizzazione e fruizione de rispettivi siti iscritti nelle liste del Patrimonio Mondiale dell'Unesco, firmato dal sindaco di Verona, Federico Sboarina, e dal vice sindaco di Hangzhou, Miao Chengchao

15) GEMELLAGGIO VINO-RISO - Gemellaggio tra l'Associazione per il Patrimonio dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato e il Comitato di gestione per il Patrimonio dei 'Terrazzamenti del Riso di Honghe Hani' dello Yunnan volto alla promozione della conoscenza, valorizzazione e fruizione dei siti iscritti nelle Liste del Patrimonio Mondiale Unesco italiani e cinesi. A firmarlo il presidente dell'Associazione per il Patrimonio dei paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato, Gianfranco Comaschi, e l'assessore ai Beni Culturali della provincia dello Yunnan, Yang Decong.

16) SPAZIO - Protocollo di Intesa tra l'Agenzia Spaziale italiana e la China National Space Administration sulla cooperazione relativa alla missione 'China Seismo-Electromagnetic Satellite 02' (Cses-02), firmato dal commissario straordinario dell'Agenzia Spaziale italiana, Piero Benvenuti (Tbc), e il vice direttore della China National Space Administration, Zhang Jianhua.

17) RADIO E TV - Memorandum d'Intesa tra Rai-Radiotelevisione italiana Spa e China Media Group, firmato dall'amministratore delegato della Rai, Fabrizio Salini e il direttore generale Shen Haixiong.

18) MEDIA - Accordo sul servizio italiano Ansa-Xinhua, firmato dall'amministratore delegato Ansa, Stefano De Alessandri, e il presidente di Xinhua Cai Mingzhao.

19) RICERCA - Memorandum d'intesa tra ToCHin Hub China Global Philanthrophy Institute and China Development Research Foundation, firmato dal vice presidente di Torino World Affairs Institute (T.wai) e direttore di TOChina Hub, Giovanni Andornino, e il vice segretario generale di China Development Research Foundation Fan Jin e il presidente di China Global Philanthrophy Institute, Wang Zhenyao. 

Italia-Cina: le 10 intese commerciali, dai porti all'energia

1) intesa di partenariato strategico tra Cdp e Bank of China siglata dall'ad di Cdp, Fabrizio Palermo e dal presidente di Bank of China, Chen Siqing.

2) Memorandum of understanding sul partenariato strategico tra Eni e Bank of China firmato dall'ad Eni, Claudio Descalzi, e dal presidente di Bank of China, Chen Siqing.

3) intesa di collaborazione tecnologica sul programma di turbine a gas tra Ansaldo Energia e China United Gas Turbine Technology firmata dall'ad Giuseppe Zampini e il presidente Qian Zhimin

4) contratto per la fornitura di una turbina a gas AE94.2K per il progetto Bengang tra Ansaldo Energia, Benxi Steel Group e Shanghai Electric Gas Turbine.

5) Memorandum of understanding tra Cdp, Snam e Silk Road Fund siglato dall'ad di Cdp, Fabrizio Palermo, dall'ad Snam, Marco Alvera', e dal General manager di Silk Road Fund, Wang Yanzhi.

6) Intesa di cooperazione strategica tra Agenzia Ice e Suning.com Group per la realizzazione di una piattaforma integrata di promozione dello stile di vita italiano in Cina.

7) Accordo di cooperazione tra Autorita' di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale-porti di Trieste e Monfalcone e China Communications Construction Group.

8) Accordo di cooperazione tra il Commissario straordinario per la ricostruzione di Genova, l'autorita' di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale e China Communications Construction Group.

9) Memorandum of understanding tra Intesa Sanpaolo e il Governo Popolare della citta' di Qingdao firmato dall'ad di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, e il vice sindaco, Liu Jianjun.

10) Contratto tra Danieli&C. Officine Meccaniche e China Camc Engineering per l'installazione di un complesso siderurgico integrato in Azerbaijan firmato dal presidente di Danieli, Gianpietro Benedetti, e il presidente di China Camc, Luo Yan. 

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