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Peste suina africana, allarme rosso in Lombardia: "Crisi senza precedenti"
I casi registrati nel pavese preoccupano gli allevatori e tutto il comparto agroalimentare. Parla il presidente della Società di Medicina Veterinaria
"Adesso abbiamo solo questi tre casi ma in riferimento alla questione dell’economia agroalimentare italiana e del comparto degli allevatori allarma tutti"
La peste suina africana (PSA) spaventa il comparto agroalimentare italiano. Negli ultimi giorni sono arrivate conferme che il virus che colpisce maiali e cinghiali selvatici è arrivato in Lombardia e più precisamente nella zona del pavese. Si tratta di un problema piuttosto serio considerando che la peste suina africana ha un periodo di incubazione di circa 20 giorni, non esiste un vaccino e porta a morte certa.
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"Al di là della situazione in Sardegna, dove la malattia è stata eradicata da qualche anno ma era confinata dato che si parla di un’isola, - spiega a Gamberosso.it il presidente della Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva (SIMeVeP), Antonio Sorice - da gennaio 2022 ci sono stati i primi casi di positività in Italia su carcasse di cinghiali rinvenute in Piemonte e Liguria, e da quel momento sono state avviate le prime misure di contenimento della malattia". Ci sarebbero poi casi accertati di peste suina africana negli animali selvatici tra Calabria e Campania, nel basso salernitano, e in un allevamento di Pavia.
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La peste suina africana non si trasmette all'uomo e non provoca alcun problema di salute ma ci si può infettare tramite prodotti di origine suina e scarti di cucina contaminati. Anche i prodotti stagionati non sono sicuri al 100%. "Nel prosciutto resiste circa 180 giorni, nei salami 60,70 giorni circa, nella carne affumicata fino a 90 giorni e nelle carcasse in decomposizione resiste anche per molti mesi". Il virus poi "è molto resistente in organi e tessuti". Sorice comunque ribadisce che "si possono consumare tranquillamente tutti i prodotti alimentari derivati da carne suina senza alcun problema".