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Plastica, 1300 t spedite in Malesia: scoperto traffico illecito dall’Italia

Più di 1.300 ton spedite illegalmente nei primi 9 mesi del 2019, la maggior parte in impianti privi di permesso

Più di 1.300 tonnellate di rifiuti in plastica spedite illegalmente dall'Italia ad aziende malesi. E questo solo nei primi nove mesi del 2019 quando, su un totale di 65 spedizioni dirette in Malesia, 43 sono state inviate a impianti privi dei permessi per importare e riciclare rifiuti stranieri. È quanto emerge da una nuova indagine dell'Unità Investigativa di Greenpeace Italia, condotta tra Italia e Malesia, che ha portato alla scoperta di un traffico internazionale di rifiuti in plastica. L'organizzazione ambientalista ha già consegnato alle autorità competenti tutta la documentazione dell'indagine.

Secondo i documenti confidenziali ottenuti dall'associazione ambientalista, nei primi nove mesi dello scorso anno, su un totale di 2.880 tonnellate di rifiuti plastici spediti per via diretta in Malesia, il 46% è stato inviato a impianti privi delle autorizzazioni necessarie, e che quindi operano senza alcun rispetto per ambiente e salute umana. Una analisi che Greenpeace è riuscita a condurre anche grazie a documenti riservati, ottenuti dal governo di Kuala Lumpur, contenenti i nomi delle 68 aziende malesi autorizzate a importare e trattare rifiuti in plastica dall'estero.

''Pochi mesi fa abbiamo mostrato le drammatiche conseguenze sanitarie e ambientali delle esportazioni di rifiuti in plastica dall'Italia verso la Malesia. Ora, con questa nuova inchiesta, sveliamo le illegalità che si celano dietro questi fenomeni - dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia - Si tratta di una situazione inaccettabile che conferma, ancora una volta, l'inefficacia del sistema di riciclo e la necessità di adottare misure urgenti per ridurre la produzione di quella frazione di plastica, spesso inutile e superflua, rappresentata dall'usa e getta''.

Oltre all'analisi documentale, un team di Greenpeace si è recato in Malesia e con l'ausilio di telecamere nascoste è riuscito raccogliere testimonianze video in alcune delle aziende malesi disposte a importare illegalmente i nostri rifiuti (plastica contaminata e rifiuti urbani compresi). Inoltre, ha documentato la presenza di rifiuti plastici provenienti dall'estero, Italia inclusa, abbandonati all'aperto senza alcuna sicurezza per l'ambiente e la salute umana. Nel corso degli ultimi anni, la Malesia è diventata una delle principali destinazioni delle esportazioni di rifiuti occidentali in plastica di bassa qualità e di difficile riciclo, pur essendo sprovvista di un sistema di trattamento e recupero efficace e di stringenti regolamentazioni ambientali, alimentando così un mercatoglobale spesso illegale.

Un sistema che interessa anche l'export di rifiuti in plastica dall'Italia. Per Paola Ficco, giurista ambientale e avvocatessa, ''l'esportazione dovrebbe essere l'ultima ratio, una società tecnologicamente avanzata deve essere in grado di gestire i propri scarti; se non lo è, deve interrogarsi seriamente su quello che sta facendo''. Il punto non è, secondo la giurista, se i rifiuti plastici italiani debbano essere spediti in Malesia, ''il punto è che questi rifiuti non dovrebbero essere spediti all'estero''. Ma la realtà documentata dall'Unità Investigativa di Greenpeace Italia è ben diversa. Per Greenpeace, di fronte a questa situazione il governo italiano non può più continuare a chiudere gli occhi, ma deve assumersi le proprie responsabilità e intervenire subito per porre fine a questi traffici illeciti di rifiuti.