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“Aggiustare l’universo”, il libro: ecco perché è importante non dimenticare

Aggiustare l’universo di Raffaella Romagnolo, edito da Mondadori e nella sestina del Premio Strega 2024, è un romanzo che si muove tra le macerie fisiche e morali dell’Italia post-bellica, raccontando una storia di rinascita e speranza.

Ambientato nell’ottobre del 1945 in un piccolo paese del basso Piemonte, il romanzo segue le vicende di Gilla, maestra elementare, e di Francesca, una bambina taciturna e traumatizzata, in un contesto che riflette le cicatrici ancora fresche della Seconda Guerra Mondiale. Le protagoniste rappresentano due generazioni diverse, ma unite dallo stesso bisogno di riparare ciò che è stato spezzato. Gilla, il cui vero nome è Virgilia, è una giovane donna che ha partecipato alla Resistenza come staffetta partigiana; trasferitasi con la famiglia da Genova, distrutta dai bombardamenti, Gilla si trova ora a insegnare in una scuola elementare che fino a poche settimane prima era occupata dai Nazisti. Nel suo quotidiano si porta però dietro il trauma della guerra e la perdita dell’amore per Michele, un giovane partigiano scomparso. L’insegnamento rappresenta quindi per lei un modo per rimettere ordine nella propria vita e in quella delle sue allieve; in altre parole, una maniera di “aggiustare l’universo”.

L’altra protagonista, Francesca, è una bambina proveniente da un orfanotrofio. Dietro il suo silenzio si nasconde un passato doloroso: il suo vero nome è Ester e la sua famiglia, ebraica, è stata colpita prima dalle leggi razziali, poi dalla persecuzione nazista. Gli ultimi ricordi felici di Francesca risalgono a una gita sul Po con i genitori prima che tutto crollasse, perciò vive ancora con la speranza sempre più fievole che un giorno la sua famiglia tornerà a prenderla.

 

Il rapporto tra Gilla e Francesca è il fulcro emotivo del romanzo: mentre la maestra cerca di comprendere il motivo del mutismo della bambina, lentamente scopre il suo drammatico passato e, nel farlo, ritrova anche il proprio desiderio di vita e di speranza. Tra i personaggi secondari spiccano alcune compagne di classe di Ester, una in particolare che entra in confidenza con lei, un gatto – unico amico della bambina – e il direttore dell’istituto, il quale, seppure talvolta restio a scavare nel passato, fornisce comunque supporto a Gilla nel tentativo di aiutare Francesca. Ogni personaggio di questo grande affresco del dopoguerra rappresenta, a suo modo, un tassello nel mosaico della comunità che cerca di ricostruirsi, pezzo dopo pezzo, dalle macerie del conflitto, fisico e morale.

“Nel mio romanzo la vicenda principale copre l’anno scolastico del 1945-46, cioè il primo dopo la fine del secondo conflitto mondiale: la grande tragedia si è quindi appena abbattuta sul nostro continente e sul nostro Paese in particolare – ha raccontato l’autrice nella tappa maceratese dello Strega Tour, intervistata da Loredana Lipperini – I grandi sconvolgimenti collettivi e individuali non hanno delle date facilmente isolabili: la guerra non finisce davvero il 25 aprile e la pace non comincia il 26; si tratta, piuttosto, di un processo lungo per uscire dal trauma, passando attraverso la rielaborazione del dolore nella doppia prospettiva da una parte dei singoli individui coinvolti (in questo caso la maestra e la bambina), dall’altra della collettività, perché la scuola ha in sé, a mio avviso, un significato di possibile riparazione, di apertura di orizzonti e di risposta a livello comunitario”.


 

La trama del romanzo si sviluppa su più piani temporali, intrecciando il presente del dopoguerra con flashback che svelano le ferite subìte da Gilla durante il conflitto e da Francesca prima ancora che la guerra avesse inizio. In particolare, è molto interessante il modo in cui l’autrice segue le vicende della famiglia ebrea di Ester, svelando particolari anche cruenti della vita nei campi di concentramento, focalizzando l’attenzione sulle emozioni contrastanti che così tante persone vissero all’epoca, a un passo dallo smarrimento e dall’incredulità. La storia del padre di Ester, che da ingegnere si ritrova a progettare gli stessi forni crematori e le aree dei campi in cui i suoi conterranei verranno uccisi (e probabilmente lui stesso, in un futuro non troppo lontano) è originale, piena di contraddizione e di spunti di riflessione. A tal proposito, il libro si focalizza su temi profondi come la memoria storica, il peso delle scelte e il tentativo di rimettere insieme i frammenti di un’esistenza spezzata. Il giallo che circonda il passato di Francesca dona al tutto una certa suspense svelandosi progressivamente, in un crescendo di emozioni che culmina in un commovente confronto finale.

Anche il contesto storico-geografico è uno dei punti di forza del romanzo. Romagnolo dipinge infatti con grande cura il paesaggio del basso Piemonte, un’Italia rurale segnata dalla guerra, ma desiderosa di ripartire. I riferimenti alle leggi razziali, alla ghettizzazione degli ebrei e alla Resistenza italiana sono trattati con rigore, senza mai risultare didascalici, ma sempre integrati in modo naturale nella vita quotidiana dei personaggi.
“La Resistenza è un’esperienza di lutti, di dolore – ha detto ancora l’autrice a Macerata – Il verbo aggiustare è una parola che denota qualcosa di concreto, di quotidiano: mettere le mani dentro un meccanismo rotto per provare a farlo funzionare; l’universo è invece una parola alta che qui ha un significato letterale, perché la maestra all’inizio dell’anno scolastico, mentre sta facendo un giro in questa scuola che è stata occupata dai Nazisti fino all’aprile del 1945 ed è quindi quasi inagibile, con tutti i materiali didattici distrutti, scorge in un angolo un vecchio planetario meccanico utilizzato per spiegare come funziona il sistema solare. È tutto rotto, ma lei – essendo figlia di un orologiaio – possiede la preziosa capacità di rimettere insieme il meccanismo, dato che un planetario funziona un po’ come un orologio, con ruote dentate. L’aspetto metaforico è immediatamente evidente, perché la storia è ambientata in un Paese distrutto, in una comunità lacerata, in un’Europa intera a pezzi e quindi il tentativo della protagonista di aggiustare l’oggetto è lo specchio della sua volontà di provare a ricucire, a riparare i danni nel proprio piccolo spazio. Questo vale ancora oggi: di fronte alle grandi catastrofi, ci sono sempre tante persone che non si voltano dall’altra parte, ma si fanno carico della sofferenza altrui e provano a guarirla. Ecco, in questo senso il mio romanzo vuole raccontare come forse si può cercare di uscire dalla tragedia a partire da un impegno che è anche concreto e individuale”.

Lo stile di Raffaella Romagnolo è delicato ma incisivo, capace di toccare corde profonde senza mai indulgere nel melodramma. La sua prosa, essenziale e diretta, si accompagna a momenti molto più emotivi, soprattutto nella descrizione dei paesaggi e degli stati d’animo delle protagoniste, ma anche nelle scene legate ai campi di concentramento e alla famiglia di Ester, probabilmente i passaggi più toccanti in assoluto. La narrazione alterna sapientemente i punti di vista, permettendo al lettore di entrare a fondo nelle emozioni e nei pensieri non soltanto di Gilla e Francesca, ma anche dei personaggi secondari.

Aggiustare l’universo ha ricevuto un’ottima accoglienza critica ed è entrato nella sestina finalista del Premio Strega 2024, confermando Raffaella Romagnolo come una delle voci più importanti della narrativa italiana contemporanea. L’autrice, nata a Casale Monferrato nel 1971, è già nota per opere come La Masnà e Di luce propria, entrambe apprezzate per la loro capacità di raccontare storie personali che riflettono grandi temi storici e sociali. Con questo romanzo, l’autrice dimostra ancora una volta la sua abilità nel trattare tematiche complessi con sensibilità e originalità. In conclusione, consigliamo Aggiustare l’universo perché è un romanzo intenso e commovente, che affronta con delicatezza e profondità il tema della memoria e della resilienza: una storia che invita il lettore a riflettere sul potere delle relazioni umane, sul dolore della perdita e sulla capacità di trovare speranza anche nei momenti più bui.


 





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