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Casalino: "Provai ad hackerare una banca. La politica? Chiesi a Rutelli ma..."

Il portavoce: così s’intitola l’autobiografia di Rocco Casalino, piena di rivelazioni scottanti, dall’infanzia violenta al ruolo di “ombra” di Giuseppe Conte

"Fin da piccolissimo, fin dalle elementari, ero un vero genio nelle materie scientifiche. Una spanna sopra tutti gli altri. Al punto che poi, a 13 anni, avevo provato ad hackerare una banca. Mica per rubare davvero dei soldi, ma proprio per il piacere di riuscire a violare un importante sistema di sicurezza. E qualcosa sono riuscito a fare se era venuta la Kriminalpolizei a casa. Pensavano fosse stata opera di un adulto, interrogarono mio padre. Quando videro che era la sbruffonata di un ragazzino lasciarono perdere".

Si racconta così, a viso aperto e in tono schietto, Rocco Casalino nella sua autobiografia, edita Piemme, in uscita nelle librerie il 16 febbraio: Il portavoce. Un libro in cui c’è il Rocco Casalino più privato, quello che si immerge nei ricordi più intimi: l’infanzia dura in Germania, il rapporto con il padre e poi il suo ritorno in Italia. La Puglia dei suoi genitori e della sua tarda adolescenza. Le sue prime passioni, i suoi amori, la sessualità, la militanza politica degli esordi e ciò che lo ha portato a diventare una star del piccolo schermo.

Ci sono i tanti incontri della sua vita, il vuoto che ha vissuto, i motivi che hanno portato al suo ingresso in politica. E poi c’è il Rocco Casalino personaggio pubblico. Il rapporto con il potere. Il suo incontro con Grillo e Casaleggio, il ruolo fondamentale nella costruzione di una classe dirigente grillina. Retroscena e rivelazioni puntuali sugli ultimi anni di storia repubblicana. Vezzi e virtù di protagonisti della politica internazionale e politici nostrani sulla cresta dell’onda. Stili e metodi originali e innovativi di gestire la comunicazione di palazzo Chigi. Un ruolo fondamentale, quello del Portavoce, per Giuseppe Conte. Una storia che ne contiene molte.

La carriera politica iniziata con una proposta sfacciata a Francesco Rutelli sul balcone affacciato sul Foro: "Vorrei fare politica", che ottenne il placet dell'allora sindaco prima e le parole concilianti del segretario dei Ds Walter Veltroni poi: "Vediamo cosa si può fare".

E poi la decisione pensata per lui di una candidatura dall'alto direttamente alla Camera alle politiche del 13 maggio 2001, che scivola come una biglia su un percorso dritto. Giovane, famoso, una macchina prendi-voti. Evidentemente ancora da oliare in quanto ad autostima visto che, come scrive l'ex ombra di Giuseppe Conte, alla fine "vinse il panico" e si ritirò.

Si aspettava i pomodori, i fischi. E invece, Rocco Casalino, l'ingegnere di Ceglie Messapica tra i primi concorrenti al Grande Fratello, uscì "da eroe". La vita cambiata, l'autista ad accompagnarlo a piazza di Spagna, la guardia del corpo e il paese a fargli festa. Non sapeva ancora, "il portavoce", che quella in realtà era solo una timida anticipazione di uno stravolgimento che, da Lele Mora a fargli da agente per le serate in discoteca, lo avrebbe portato a Palazzo Chigi al fianco dell'(ormai)ex Premier Giuseppe Conte.

Ad attirarsi, pure lì, gli sguardi severi della gente da casa ma a ritrovarsi, anche lì, le telecamere puntate addosso. Stratega, amato, odiato, giudicato, già nella prima casa del Grande Fratello: “Una cosa l'avevo capita presto, e ho poi verificato che l'avevano capita anche gli spettatori: il meccanismo delle nomination. Lo stratega ero io” scrive “sapevo come gestire le persone nella casa, come fare a rimanere fino alla fine, settimana dopo settimana".

Casalino racconta come a un certo punto fosse emerso che lui era un calcolatore, che aveva delle strategie per arrivare in fondo. "Infatti sono riuscito praticamente a controllare tutto, a far andare le cose come volevo. Per novantatré giorni su cento sono riuscito a rimanere. E per cinquanta giorni sono stato felice, uscivo nel giardino e sentivo le urla da fuori: 'Rocco sei grande'. Poi ho sentito invece anche 'Rocco sei una m**** sei peggiore'".

E così diventa il meno preferito nella casa, sempre cupo, sempre più negativo. Ancora una volta sulla graticola del voto, che lo portava "ai matti", scrive, "riuscivo a controllare tutto, scrive, tranne l'esterno", in balia di nomination e giudizi. Alla fine di quella esperienza il "portavoce" si confessa pulito, cresciuto, consapevole di quanto contasse il giudizio della gente. "Volevo diventare importante - scrive quasi a giustificare il suo arrivo nei Palazzi e non più nella Casa - perché la gente esprimesse su di me un giudizio positivo".

“Nasco non desiderato, non voluto, non cercato. Per caso. Sbagliato. E nel posto sbagliato. Questo me lo hanno sempre detto. Questo l'ho sempre saputo. Non è un bel modo di venire al mondo. Lontano dalla propria terra, da esule, da straniero", scrive Casalino raccontando la sua infanzia difficile in Germania, dove è nato e dove i suoi genitori erano emigrati in cerca di lavoro da Ceglie Messapica. "La sensazione di essere sempre poco o tanto fuori posto me la sono trascinata tutta la vita. Insieme a quella di dover rincorrere, fare di più, essere di più".

"Sarà così in diverse forme un po' tutta la vita. Guardato male, o con stupore, magari con invidia, sempre comunque in quell'accezione che, anche nell'ammirazione, in realtà è la più grande forma di disprezzo: come mai uno così è qui? Come mai uno così è intelligente? Come mai 'Rocco del Grande Fratello' è il portavoce del premier?".

Domande a cui Casalino risponde indirettamente col suo libro, raccontando pagina dopo pagina tutto di sé: "Non mi ha regalato niente nessuno, questo è sicuro. E se sono orgoglioso di dove sono arrivato non è tanto per il ruolo che ricopro ma perché non dimentico mai da dove sono partito, cioè dalle condizioni più svantaggiate dell’universo". 

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