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La letteratura russa raccontata da Paolo Nori: Dostoevskij e...

Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fëdor M. Dostoevskij (Mondadori)

“Che senso ha, oggi, nel 2021, leggere Dostoevskij?” Il romanzo di Paolo Nori, edito da Mondadori in un rosso vivo e ascoltabile anche su Audible, inizia proprio con questa domanda, in maniera – si potrebbe dire a posteriori – premonitrice. Nori, insegnante di russo alla Libera università di lingue e comunicazione IULM di Milano, si poneva la questione a prescindere da ciò che sarebbe accaduto di lì a poco: l’attacco della Russia all’Ucraina, lo scoppio della guerra, un moto generalizzato di odio e repulsione nei confronti di tutti i russi, anche quelli morti secoli fa, persino i geni, coloro che hanno segnato la letteratura mondiale. Se a livello emotivo un tale sentimento potrebbe anche risultare comprensibile, specie in un primo momento, di certo esso non è tale da giustificare la cancellazione di lezioni su autori russi presso le università italiane, né probabilmente di eliminare la Russia dalla nota competizione dell’Eurovision Song Contest. Tuttavia questo è avvenuto, scatenando – come dicevamo prima – dibattiti e accese polemiche. Ne ha guadagnato il romanzo di Nori, che tutti sono corsi ad acquistare con il vantaggio indiretto di rendere edotte molte persone a proposito di uno dei più grandi scrittori di ogni tempo, incontrastato scrutatore dell’animo umano fin nella sua profonda marcescenza.

La risposta che Nori dà alla domanda iniziale nel suo romanzo è “non lo so”, per poi metterla da parte e andare avanti. Per lui, infatti, la Russia è sempre stata qualcosa di talmente intimo ed emotivamente coinvolgente da diventare una parte imprescindibile di sé. O la Russia o niente, si disse più volte durante la sua carriera. E qualcosa di simile gli accadde con Dostoevskij, poiché quando lesse per la prima volta Delitto e castigo qualcosa dentro di lui iniziò a sanguinare e non smise più. È proprio questa la magia che risiede nelle opere dostoevskiane: la loro attualità, il non passare mai di moda, raccontando l’umanità nei suoi tratti esistenziali immutabili.  “Delitto e castigo l’ho letto che avevo forse quindici anni, son passati ormai quarantun anni e, di quel momento in cui ho incontrato Delitto e castigo, io mi ricordo tutto; mi ricordo la stanza dov’ero, la mia stanzetta all’ultimo piano della nostra casa di campagna, mi ricordo lo stupore di quello che stava succedendo, mi ricordo che mi chiedevo nella mia testa: “E io?”. Quel libro, come i libri memorabili che ho incontrato nella vita, ha fatto diventare un momento qualsiasi tra gli innumerevoli momenti che ho passato nei cinquantasei e passa anni che son stato al mondo un momento indimenticabile, un momento in cui ero consapevole del fatto che stavo al mondo, un momento che mi sentivo il sangue che mi pulsava nelle vene”.

Sanguina ancora 2
 

Questo è soltanto uno, probabilmente uno dei più significativi, dei piccoli capitoli di cui si compone il romanzo di Nori, il quale – come abbiamo detto – ha una maniera piuttosto postmoderna di scrivere, anche quando si tratta di biografie. Stralci brevi, idee che si scontrano e ricompongono, salti temporali, episodi personali alternati ad altri strettamente connessi con la vita del protagonista del romanzo e ad altri ancora che non possono essere collocati in alcuna categoria, in quanto flussi di pensiero, elementi concettuali, parentesi aperte e chiuse, riflessioni in libertà. Se andiamo a vedere con più attenzione ciò che Nori mette su pagina a proposito di Dostoevskij, la sua attenzione è carpita soprattutto dalla parte iniziale della sua vita e della sua carriera. Si sofferma molto sugli anni della giovinezza e sulla detenzione, che ne cambiò radicalmente la persona, oltre che l’opera; concede ampio spazio anche alla spiegazione delle prime opere, a cominciare da Povera gente, il suo romanzo d’esordio che ebbe un successo strepitoso e lo fece conoscere alla comunità intellettuale dell’epoca. Si tratta di uno scritto oggi ritenuto minore, che tuttavia è possibile ascoltare su Audible, come quasi tutta la produzione dostoevskiana. Nori ci spiega bene il contesto in cui venne pubblicato e l’immediata fama raggiunta dal suo autore, allargando il discorso alla letteratura russa dell’Ottocento per permetterci di capire il perché di un simile scalpore. Molto meno spazio dedica invece ai capolavori più noti, forse proprio perché su di essi è già stato scritto e detto tutto, o quasi.

Come si anticipava sopra, un punto di forza di questo libro sta nella volontà di collocare con chiarezza e precisione Fëdor M. Dostoevskij nel suo tempo, in quanto solamente così saremo in grado di comprenderne la potenza innovativa. Inoltre, quello di Nori non è soltanto un discorso su uno specifico autore, ma una dissertazione attorno a tutta la letteratura russa dell’epoca, spaziando tra nomi più o meno noti: Turgenev, Tolstoj, Gogol’, Puskin e poi ancora i giornalisti le cui opinioni avevano un peso, gli editori, i critici, i colleghi e gli amici di Dostoevskij – a cominciare da Grigorovič, “che aveva studiato ingegneria come lui, che, come lui, era appassionato di letteratura e che, come lui, sarebbe diventato un letterato”. È dunque per tali ragioni che abbiamo scritto nel titolo di questo articolo La letteratura russa raccontata da Paolo Nori, senza limitarci ai nomi degli scrittori protagonisti dei suoi romanzi. Il professore ci fa infatti scoprire una Russia non soltanto letteraria, ma anche sociale, politica, ideologica che oggi sono in pochi a conoscere e a ricordare.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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