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La letteratura russa raccontata da Paolo Nori: Dostoevskij e...
“Sanguina ancora” e “Vi avverto che vivo per l’ultima volta” sono le originali biografie di Dostoevskij e Achmatova
Vi avverto che vivo per l'ultima volta. Noi e Anna Achmatova (Mondadori)
Sempre edita da Mondadori e ugualmente presente su Audible, la “biografia” – a questo punto le virgolette sono d’obbligo – della poetessa Anna Achmatova scritta da Paolo Nori è uscita quest’anno e ha subito riscosso un enorme successo, anche grazie a quel filone femminista che ora va molto di moda e all’interno del quale il libro in qualche modo rientra; non certo per intenzione dell’autore, ma per la personalità stessa della Achmatova, che visse nella più totale libertà sin da giovanissima. Basti dire, a tal proposito, che il padre le intimò di smettere immediatamente di scrivere poesie, attività che non si addiceva alle signorine di buona società, altrimenti le avrebbe tolto il cognome e la sua ferma risposta fu di eliminarlo da sola quel cognome scomodo, scegliendone un altro – Achmatova, appunto – senza pensare neppure per un istante di limitarsi nella propria arte. Su di lei Nori spende molte parole di lode, di ammirazione, di stima e rispetto, in parte frutto del proprio pensiero, in parte riportando discorsi dei suoi contemporanei, definizioni e frasi dette da illustri letterati: tutti, in qualche modo, erano ammaliati da una donna straordinaria, che quando entrava in una stanza faceva scendere il silenzio attorno a sé.
Paolo Nori definisce Anna Achmatova “il più grande poeta mai esistito”, declinandola al maschile perché è proprio così che lei desiderava ci si rivolgesse alla sua persona quando si parlava di poesia. Non bisogna tuttavia cadere nell’errore di pensare che, visto il grande successo riscosso dalla Achmatova in vita e il suo ineguagliabile carisma, la sua fu un’esistenza semplice: tutto il contrario. Se dal punto di vista professionale venne espulsa dall’Unione degli Scrittori Sovietici nel 1946 con l’accusa di estetismo e di disimpegno politico – per essere poi riabilitata nel ’55 e addirittura candidata al Nobel nel 1965, appena un anno prima della sua morte –, guardando al versante sentimentale non le andò meglio: si sposò diverse volte, senza mai trovare né il grande amore, né quella pace e serenità che forse neppure cercava davvero; anche i rapporti con il figlio furono piuttosto freddi e turbolenti, tanto che morì pressoché sola. Stimata e ampiamente letta, questo sì, ma lontana dall’aver raggiunto i suoi obiettivi in ambito personale. D’altra parte, inseguì sempre una certa libertà di idee, di pensiero, di modi di vivere, di vedute e di atteggiamenti, che per la società dell’epoca possono essere considerati senza dubbio all’avanguardia. La lista dei suoi dolori non finisce però qui, perché il suo primo marito venne fucilato, mentre il secondo fu rinchiuso per anni in un gulag insieme a suo figlio: la Achmatova è, in tal senso, figlia del proprio tempo, essendo vissuta a cavallo tra l’Otto e il Novecento, subendo appieno la furia cieca non soltanto delle due guerre mondiali, ma anche della dittatura stalinista. In fondo, nessuno della sua cerchia era disposto a sottomettersi alla censura a capo chino.
Donna fragile eppure fortissima, dall’incredibile capacità di raccontare ogni sentimento umano in versi mutando forma ed espressione con il passare del tempo e portando alla luce tematiche che oggi definiremmo femministe, è ricordata nel suo Paese anche grazie al The Anna Achmatova Museum, di cui Paolo Nori parla ampiamente nel suo romanzo, raccontando per filo e per segno il suo viaggio in Russia proprio per visitarlo e raccogliere informazioni sulla poetessa. Un’avventura che si estende per parecchie pagine e diventa una storia nella storia, facendo emergere i curiosi nonsense della pandemia e tenendoci con il fiato sospeso fino a quando Nori non riesce effettivamente a prendere l’aereo per volare a San Pietroburgo, città entrata nel cuore di ogni personaggio presente in questo romanzo. Tra un episodio e l’altro che caratterizzò la turbolenta vita dell’Achmatova, Nori inserisce incontri con russi scappati in Europa dopo l’inizio della guerra, la cancellazione delle lezioni di cui abbiamo parlato sopra, altri elementi della sua vita personale e del suo rapporto con la Russia, che iniziò quando da studente si trasferì là per studiare e si imbatté in una tesi di laurea che gli diede molto da penare. Così, passato e presente si intrecciano, ancora una volta lasciando un ampio spazio al panorama della poesia e della letteratura all’epoca dell’Achmatova, radicalmente cambiato rispetto ai tempi di Dostoevskij. Di nuovo, un originale e scarmigliato viaggio nella storia delle penne che resero celebri questa volta il Novecento russo.