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“Mi limitavo ad amare te”: la recensione del favorito allo Strega 2023

Rosella Postorino fa luce attraverso questo romanzo, che in un certo qual modo si potrebbe definire storico (sebbene non sia passato neppure mezzo secolo dall’epoca dei fatti), su una pagina dell’Europa – e dell’Italia in particolare – poco raccontata. Accadde, infatti, in quegli anni di smarrimento e confusione, che in qualche modo il governo italiano tentò di ostacolare il rientro dei bambini nella loro patria alla fine della guerra. Si disse che certe decisioni le si prendeva per il bene dei diretti interessati, onde evitare loro il trauma di un ritorno nei luoghi della fame, della solitudine e del terrore. Si disse anche che lo si fece per sicurezza, poiché né Sarajevo né il resto della Bosnia-Erzegovina erano sufficientemente solidi, ricchi e in pace da potersi riprendere i propri figli. Probabilmente c’è del vero in tali affermazioni, ma dal libro emerge anche un’altra realtà, per anni taciuta: le molte famiglie di italiani che avevano ricevuto un figlio in affido non erano disposte a separarsene, restituendolo ai genitori naturali. Comprensibile, difficile da contestare: eppure, come vissero quella decisione, talvolta al limite con la prigionia forzata, i bambini poi divenuti adolescenti?

Le emozioni, i pensieri, le valutazioni dei protagonisti sono talmente diverse tra loro da rendere il racconto della Postorino veritiero e privo di ogni giudizio morale. Ne è un esempio la storia dei due fratelli Sen e Omar, molto legati l’uno all’altro e ospiti di un orfanotrofio bombardato prima di essere portati in Italia: il loro padre è scomparso quando erano molto piccoli, la madre li ha lasciati – per qualche motivo che non viene mai spiegato del tutto, ma che possiamo immaginare – in un luogo dove altri si possano prendere cura di loro, senza rinunciare ad andare a trovarli di tanto in tanto. Quando una granata esplode proprio sulla strada che conduce all’orfanotrofio e Omar perde i sensi mentre stringe la mano di sua madre, tutto cambia, poiché da quel momento in poi – per lunghissimo tempo – non riuscirà a sapere più niente di lei. Non resta che l’Italia, dove dapprima li aspetta un centro di accoglienza, poi la scuola e infine una famiglia desiderosa di adottarli. Tuttavia, quei due ragazzini così simili e vicini, identici per buona parte del proprio DNA, reagiscono in maniera opposta rispetto alle “opportunità” che vengono loro offerte: con un totale rifiuto Omar, con estrema gratitudine Sen. Perché di fatto ogni essere umano è fatto a suo modo, vive e pensa come un individuo unico e consapevole sin da bambino: è per questo che non può esistere una soluzione ottimale per tutti, né una strada tracciata nel segno del bene. Ognuno dovrà lottare per trovare la propria.

Retro Mi limitavo ad amare te
 

Ci sono poi Nada e Ivo, provenienti dallo stesso orfanotrofio di Omar e Sen, ma figli di una donna dissoluta che li abbandonò molto presto; eppure quella madre che parrebbe condannabile sotto tutti i punti di vista si rivelerà l’unica via di uscita dal Paese per Ivo, dopo anni di combattimento al fronte. Quando finalmente raggiungerà Nada in Italia, sui suoi occhi sarà ormai impresso per sempre lo sterminio della guerra, le sue narici continueranno a sentire l’odore del sangue, le sue mani non laveranno via i crimini commessi. Nessuno è mai vittima del tutto, né carnefice del tutto: quando scoppia una guerra il confine tra buoni e cattivi diventa sempre più labile, perché nella disperazione l’essere umano è disposto a fare qualunque cosa. A differenza di lui, Nada è ancora una bambina solitaria, presa in giro da tutti per la mancanza di un dito, quando viene caricata sul pullman che la porterà in Italia. Il suo carattere fiero e al contempo intrinsecamente convinto di non valere nulla – come afferma il suo stesso nome – la porterà ad essere l’ultima a lasciare l’istituto di accoglienza, per ribaltare poi le sorti di questa complicata e imprevedibile storia fatta di molte voci diventando la prima a consentire una rinascita.

È durante il viaggio per l’Italia che Nada conosce Danilo, uno dei pochi ragazzini che una famiglia ce l’ha ancora, ma è impossibilitata a partire con lui. Lasciando indietro il padre, la madre, la sorella e i nonni Danilo è messo spalle al muro, costretto a fare i conti con il contrasto permanente tra la fortuna di potersi salvare e il senso di colpa per essere proprio lui il prescelto. Che ne sarà di tutti coloro che restano indietro? Danilo seguirà la sua strada, riuscirà a studiare, a laurearsi, a diventare un avvocato e a sposarsi con un’italiana, ma le sue origini lo verranno a cercare anche da adulto, lasciando ferite indelebili. Sua madre è infatti una nota giornalista d’inchiesta, che non smetterà mai di battersi per raccontare la verità; anche quando, ormai al sicuro in Italia, si impegnerà a studiare il caso dei bambini non restituiti ai propri genitori bosniaci. Tuttavia, proprio quando il peggio sarà ormai alle spalle, nel momento di allentamento della tensione, Azra getterà la spugna e verrà sopraffatta da ciò che la guerra fa a un uomo o a una donna: li distrugge. Così, inaspettatamente, sceglierà di lasciare la vita, generando incomprensione e rabbia attorno a sé, ad eccezione di Nada, che nella sua semplicità di ragazzina profuga riuscirà a comprenderne tutte le ragioni.

La gente equivocava sul suicidio, a Nada era chiaro: ammazzarsi non è svalutare la vita, ma pretendere che non ci svaluti. Se il dolore è troppo intenso, l’unica libertà di cui disponi, dato che non hai chiesto di nascere, è sottrarti.

È su questa sagace riflessione che chiudiamo la nostra recensione, sebbene ci sarebbe molto altro da raccontare di queste 350 pagine pregne di eventi, riflessioni, punti di vista, fatto storici. Una letteratura che si dimostra alta tanto a livello di contenuti che di stile, con una trama ben strutturata, un tono oggettivo che non scade mai nel sentimentalismo, rigorosa attenzione ai dettagli e ritmo a tratti lento, senza però risultare mai noioso. Perché su certi episodi occorre effettivamente soffermarsi e dedicare loro il giusto tempo. Un romanzo, dunque, assolutamente consigliato.

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