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Pietro Castellitto: "Roma Nord è il Vietnam". Social: "Povero figlio di papà"
Il figlio d'arte di Sergio Castellitto e Margaret Mazzantini ha paragonato la sua infanzia ai Parioli alla guerra del Vietnam scatenando l'ironia dei social
Pietro Castellitto, Roma Nord e il Vietnam: quel paragone azzardato tra i quartieri benestanti della capitale e la guerra che ha fatto infuriare e ridere il web
"Non credo esista un posto più feroce. Chi è cresciuto a Roma Nord ha fatto il Vietnam", ha dichiarato Pietro Castellitto, classe 1991, figlio d'arte dell'attore Sergio Castellitto e della scrittrice Margaret Mazzantini, suscitando l'ilarità generale della rete.
Lette così, infatti, quelle dichiarazioni rilasciate al Corriere della Sera farebbero pensare a chi non conosce Roma che il giovane attore sia cresciuto in un quartiere difficile, magari tra degrado e criminalità: e invece no. A Roma Nord si trovano i Parioli, Balduina, Collina Fleming e altri quartieri per antonomasia associati ai ricchi, all'alta borghesia, dove non solo i più poveri ma neanche la classe media riuscirebbe a permettersi un'abitazione.
Ecco perché le parole del giovane rampollo Castellitto hanno generato una catena di meme, risposte e barzellette che ha fatto ridere il mondo social per ore: "Comunque c'ha ragione Pietro Castellitto. Io pure na volta ho visto un documentario sul Vietnam e c'era sto reduce che a un certo punto diceva: ‘Combattere laggiù è stato un inferno, pareva da sta' ai Parioli!'", è uno dei commenti comparsi su Facebook che danno l'idea del livello delle risposte.
Non tutti però si sono schierati sulle linee nemiche: c'è anche qualcuno che ha provato a interpretare le parole del giovane attore proprio con un paragone cinematografico. "Credo di aver capito quello che con un paradosso provocatorio intendeva dire Pietro Castellitto" scrive Viviana Musumeci su Facebook.
"Se non lo avete capito, guardate Baby. Non parlava dei palazzi, dei salotti, dei parchi, delle ville, delle ottime scuole. Parlava di come questa scenografia apparentemente perfetta e di facciata collida con l’anaffettività dei genitori assenti troppo presi dagli impegni mondani, di come questo porti i ragazzi a non avere aspirazioni e a pensare che mamma e papà risolvano tutto."
Pietro Castellitto, Gli iperborei
E questo mondo fatto di bellissime apparenze e assenza di contenuti è lo stesso descritto nell'esordio letteraio di Pietro Castellitto, Gli Iperborei, pubblicato da Bompiani lo scorso ottobre.
Il libro racconta di una cerchia di amici di quasi trent'anni che vagano nei meandri di una vita dorata: mangiano pesce crudo e patanegra, bevono vini pregiati, fumano essenze, assumono droghe come da bambini consumavano caramelle, navigano, festeggiano, inseguono le arti, tentano la politica.
Hanno corpi scolpiti e vestiti costosi, sono figli di primari e giornalisti celebri, di miliardari dai patrimoni solidi e antichi o recenti e sospetti, ma sono anche gli "eredi dei ribelli che hanno caratterizzato stagioni gloriose e disperate della storia: coloro che, prosperando nella pace, hanno invocato la guerra, che amando i genitori ne hanno patito le ipocrisie, smascherato le contraddizioni e sognato l'annientamento".
Poldo Biancheri, "Ciccio" Tapia, Guenda Pech, Stella Marraffa, Aldo: hanno tutto ma si sentono in trappola, e quella raccontata nel libro è la loro estate, quella in cui vogliono uscire dal cerchio. È Poldo la voce narrante della loro ebbrezza, della loro sfida: racconta come se vedesse tutto già da una distanza, registrando ogni cosa con fermezza ma senza nascondere la nostalgia per un'infanzia ancora vicina, la rabbia verso padri che si sono presi tutto non lasciando che briciole, la tenerezza per i fratelli e i coetanei capaci di farsi del male per protesta o per amore.
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