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Tomaso Kemeny parla del romanzo breve di Roberto Caracci “Preludi&Deliri”
L'aeroporto di Budapest porta il nome di Liszt. Prima che dovessimo fuggire dall'Ungheria suonavo gli studi trascendentali di Liszt. Poi ho smesso di suonare... Ora, sorpresa graditissima, Liszt torna a Napoli in un delirio trascendentale. La sua musica, un vulcano mai spento, trascende il Vesuvio. La lava incandescente di questa prosa recupera i tempi musicali mai dimenticati.
Il romanzo di Roberto Caracci si articola in quattro tempi e una coda, secondo le modalità verbali di una partitura musicale:
1. Andante poco maestoso
2. Andante molto maestoso
3. Marcia funebre
4. Allegro non troppo
5. Coda
Il soggetto dell’enunciazione, un giovanotto napoletano, viene, per telefono invitato dallo zio Carlo, abitante nell’altra parte di Napoli, a sentire i “Preludi” di Liszt, i cui effetti non si possono dire per telefono.
A parte il percorso complesso per arrivare alla meta, l’attesa del significato sublime del “Preludio” viene contrappuntato da tappetini della macchina esalanti sterco canino e dai coprisedili di stoffa fetidi, per tacere delle ascelle del giovane grondanti sudore.
I rantolii del motore dell’auto sempre pronto a ingolfarsi e la giostra vertiginosa del traffico cittadino evocano ulteriori contrappunti.
Il libro si contrappone al disincanto diffuso dallo scetticismo e nichilismo della narrativa contemporanea evocante l’Impero del Brutto imposto dal potere tecnologico-economico.
La narrazione mimetica viene dominata dalla figurazione sonora dei “Preludi” di Liszt, che portano la parola dell’autore sulla soglia dell’oltrepassamento della realtà data.
Di fatti, al di là del contenuto denotato, il testo connota la necessaria tensione per giungere a un futuro ignoto quanto possibile. Non si tratta di una figurazione consolatoria, ma di un contrasto inevitabile con la follia postmoderna irridente la potenza del mito e le energie dell’immaginazione creatrice.
Questo libro traccia un arco ermeneutico in grado di portare il lettore verso un futuro ignoto quanto necessario.
Tomaso Kemeny su Roberto Caracci, Preludi&Deliri, Pentagora Edizioni.