Pubblicità, primi 7 mesi del 2016 in crescita del 5%
Il web cresce dell'8,2%. La tv fa il pieno con gli europei. Sassoli (Upa): "Fine anno tra il +3 e il +4%"
Il mercato degli investimenti pubblicitari in Italia nel mese di luglio cresce del 2,9%: la raccolta nei primi sette mesi dell’anno si attesta a +3,4%, rispetto allo stesso periodo del 2015, grazie a un incremento di circa 124 milioni di euro. Se si aggiungesse anche la stima della raccolta sulla porzione di web attualmente non monitorata (principalmente search e social), il mercato chiuderebbe il mese di luglio a +4,4% e i primi 7 mesi a +5%.
“I primi sette mesi del 2016 hanno confermato le aspettative di crescita trainate dagli eventi sportivi dell’estate” - spiega Alberto Dal Sasso, TAM e AIS Managing Director di Nielsen. “Il periodo che rimane fino alla chiusura dell’anno non sarà dei più semplici: le revisioni al ribasso della crescita del PIL e le incertezze nei rapporti tra partner europei non contribuiscono certamente a creare stabilità nei mercati e tra gli investitori. Ci muoviamo quindi verso una seconda parte dell’anno più piatta ma prevedibile, dopo la fine di Europei e delle Olimpiadi, che si confronta con un autunno 2015 che aveva dato buoni risultati”.
Relativamente ai singoli mezzi, si registra la brillante performance della tv che, trainata dagli Europei di calcio, cresce a luglio del +9,9%, chiudendo i primi sette mesi a +8%. Segno negativo per i quotidiani e per i periodici, che consolidano il periodo gennaio – luglio rispettivamente a -5,1% e -3%.
Nei sette mesi la radio rimane in positivo a +1,1%. Internet, relativamente al perimetro attualmente monitorato in dettaglio, registra un decremento dell’1,6% nel periodo cumulato e un calo a luglio del 2,6%. Integrando il dato con le stime desk di Nielsen sull’intero mondo del web advertising (aggiungendo principalmente search e social), i primi 7 mesi chiuderebbero a +8,2% (luglio a +6,8%).
Per Lorenzo Sassoli, presidente di UPA, “sui prossimi cinque mesi purtroppo a questa propensione alla crescita fa da contrappeso il clima di incertezza e imprevedibilità che gli scenari internazionali (con l’incognita del terrorismo, della guerra mediorientale, e della Brexit in Europa) e gli scenari nazionali (con l’incognita politica del referendum, e quella dell’occupazione e di una più solida ripresa economica) sembrano ad oggi motivare qualche preoccupazione fra gli investitori. La chiusura dell’anno potrebbe pertanto realisticamente attestarsi fra il +3% e il +4%”.