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Bibbiano e il silenzio (iniziale) dei grandi media

Alberto Contri *

Sembra impossibile che oggi in Italia non si riesca a discutere di alcun argomento sensibile senza buttarla in politica e dividersi in tifoserie.

Se si analizza dal punto di vista della comunicazione la triste vicenda di Bibbiano, a prescindere dalle responsabilità che la magistratura sta valutando, non si può non rimanere colpiti da alcuni riflessi condizionati che sono emersi dall’atteggiamento dei media tradizionali e dei social network.

Ad ascoltare il parere di avvocati che da anni si occupano di minori e di diritto di famiglia, le molte criticità nelle prassi degli affidi sono ben note, ma siccome l’indagine in corso riguarda un territorio dominato da settant’anni da partiti di una precisa parte politica (PCI, DS, PD), sono immediatamente scattate da parte dei partiti di destra la strumentalizzazione di chi ha approfittato per gettare la croce addosso agli avversari, mentre da sinistra si è accuratamente evitato di stare sul merito per strillare alla strumentalizzazione. In sovrappiù, dato che le accuse coinvolgono amministratori profondamente convinti della validità delle teorie gender oggi in grande spolvero, il silenzio tenuto per giorni nel complesso da grande stampa e tv (che in altre occasioni e sulla base di minime porzioni di intercettazioni hanno imbastito immediatamente pagine e talk show di accuse, analisi, dietrologie) non può non far sorgere qualche domanda sul perché.

Sta di fatto che a fronte di questo silenzio, l’unica informazione che i cittadini hanno potuto avere è stata quella di qualche giornale locale (ben contento di non avere in mano solo lo scippo della vecchietta), di Avvenire e di diversi magazine on line e blog, tra i quali anche alcuni di norma ritenuti poco credibili per il loro estremismo e la loro vocazione scandalistica. Ora, nel caso tutto si rivelasse una bufala, il disdoro ricadrebbe su chi ha subito trattato l’argomento. Ma dato che pare proprio che non lo sia, visto anche l’improvviso interessamento del Ministero della Giustizia e la scoperta di molti altri casi analoghi in tutta Italia, il silenzio dei grandi media ha finito con dare credibilità a chi magari ne aveva poca o non ne aveva proprio. Ad accrescere l’effetto boomerang, un migliaio di persone comuni sono scese in piazza in maniera educata con fiaccole e candele, mentre sono cominciati ad apparire ovunque in Italia manifesti con la scritta “Parlateci di Bibbiano”.

E si sono moltiplicati i drammatici racconti di genitori che non hanno mai parlato prima perché minacciati di non poter mai più rivedere i figli se avessero protestato. Svegliatisi di colpo per la pressione dal basso, i media cosiddetti importanti hanno finalmente cominciato a parlarne, dando soprattutto spazio alla teoria della strumentalizzazione. E commettendo spesso l’errore di richiamare al rispetto di un galateo giornalistico mai rispettato prima, invece di aggiungere - al ben poco solito (e corretto) “aspettiamo le sentenze” - un giudizio di merito sulla impellente necessità di riformare un sistema in cui i giudici si rimettono quasi automaticamente al parere dei cosiddetti operatori sociali, creando gravi distorsioni al diritto. E’ vero che su alcuni blog si sono letti anche commenti inneggianti alla ghigliottina in piazza, ma se si dovesse fare un’analisi spannometrica, questi post saranno stati si e no il 10%, mentre sembrano essere altrettanti quelli che sostengono trattarsi di una bufala Oltre l’80%, invece, quelli di cittadini turbati, commossi, ansiosi di una riforma di un sistema che consente errori, ruberie, e provoca dolori indicibili a famiglie povere che hanno i figli come unica ricchezza.

Sia come sia, è anche grazie ad un grande movimento dal basso che ora finalmente si parla sempre di più di Bibbiano. L’auspicio è che lo si faccia cercando di affrontare seriamente i temi che scuotono così tante coscienze aiutando a capire invece di schierarsi o minimizzare.

* Docente di Comunicazione Sociale all’Università Iulm