Convenzione di New York e intelligenza artificiale: l'arbitrato diventa tech - Affaritaliani.it

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Convenzione di New York e intelligenza artificiale: l'arbitrato diventa tech

di Paola Cavallero, Melissa Trevisan Palhavan e Andrea Filippo Mainini

La Convenzione di New York del 1958 è un trattato multilaterale internazionale applicabile in ambito di riconoscimento ed esecuzione di sentenze arbitrali tra Stati diversi. Ad oltre 60 anni dalla sua entrata in vigore, le innovazioni in campo tecnologico ed informatico hanno preso il sopravvento e nell’ultimo periodo si è molto discusso sulla possibilità di introdurre l’IA nell’arbitrato. La Convenzione potrebbe aprire a questa nuova strada? Per prima cosa, nel testo della Convenzione non vi è alcuna restrizione nei confronti degli arbitri “algoritmi”: chiunque può diventare soggetto decisore, anche una macchina! (v. art. I, p. II e art. V, p. I, lettera b).

Bisogna poi valutare se il “prodotto” dell’attività decisionale della macchina possa ritenersi esecutivo ai sensi della Convenzione di New York.

Sul punto, l’art. IV dispone che la parte che intende chiedere il riconoscimento di un lodo straniero deve fornire l’originale della sentenza (o della convenzione), debitamente autenticato, o una copia dell’originale che soddisfi le condizioni per l’autenticità.

Tali specifiche, tuttavia, se applicate a un arbitro dotato di IA, potrebbero sollevare alcuni problemi legati, ad esempio, all’incapacità dell’IA di firmare le proprie decisioni. Per risolvere tale inconveniente, la tecnologia potrebbe sviluppare un sistema di attribuzione di firme ai software che potrebbero “firmare” le proprie decisioni. L’attività di conferma della veridicità delle firme potrebbe essere svolta dalla stessa macchina (appositamente programmata) o da un soggetto terzo (umano o altra macchina).

Ci sarebbe anche il problema della corretta conservazione dell’originale del lodo, il quale, nel caso dell’IA, verrebbe inviato direttamente alle parti come allegato in una mail o mediante altro strumento informatico. È naturale che una volta ricevuto il documento elettronico le parti possano salvare e riprodurre il lodo sul proprio computer innumerevoli volte nonché inoltrarlo a soggetti terzi. Tale situazione di incertezza determina inevitabilmente l’impossibilità per il lodo di essere riconosciuto o reso esecutivo perché manca di autenticità. Sul punto si potrebbe suggerire di fornire un’identificazione al lodo tramite l’uso di un sistema a numero seriale o basato sulla tecnologia della blockchain.

Ancora. Ai sensi dell’art. V della Convenzione, il riconoscimento e l’esecuzione della sentenza arbitrale potrebbero essere negati, a domanda della parte contro la quale questa è invocata, se quest’ultima sia in grado di fornire la prova di una serie di circostanze indicate nella medesima disposizione. Appare logico chiedersi se la presenza di un arbitro dotato di IA possa costituire uno dei motivi per tale rifiuto: ad esempio, la lettera b) dell’art. V (2) dispone che il riconoscimento e l’esecuzione potrebbero essere negati se il lodo appare contrario all’ordine pubblico: l’IA è in grado di prendere decisioni etiche? Tale interrogativo potrebbe rappresentare un valido ostacolo all’introduzione di sistemi intelligenti nell’arbitrato, soprattutto se si considera che l’IA non è ancora in grado di spiegare le ragioni delle sue decisioni.