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Esclusivo/ Non è l'Arena: ecco perché la trasmissione è stata chiusa

Pesano le intercettazioni su mafia, politica e imprese. Si indagava anche sui diamanti di Bankitalia

Non è l'Arena sospesa per le intercettazioni su mafia, politica e imprese

Felix The Cat
 

A quasi un mese dalla sospensione improvvisa di “Non è l’Arena” impazza ancora la polemica. Qual è il motivo che ha spinto Urbano Cairo - con un gesto inusitato specialmente per un editore come lui che ha sempre lasciato le briglie abbastanza sciolte ai suoi giornalisti – a chiudere la trasmissione condotta da Massimo Giletti? Affaritaliani.it ha potuto avere ulteriori informazioni da una fonte molto qualificata. A quanto ci risulta, infatti, al centro dell’appuntamento (mai trasmesso) del 13 aprile scorso ci sarebbero state le intercettazioni su mafia, politica e imprese.

Sui rapporti, ad altissimi livelli, tra Cosa Nostra, politici di peso e sulle aziende che erano coinvolte da questa triangolazione malata. I nomi che circolano sono, d’altronde, di primissimo rilievo ed è perfino comprensibile che il rischio di toccare gangli imprescindibili della nostra vita pubblica fosse altissimo. Non trova riscontro, invece, un’altra pista che coinvolge Carlo Bertini e la stessa trasmissione di La7.

Bertini, ex funzionario di Bankitalia che aveva denunciato lo scandalo dei diamanti e che per questo è ancora adesso al centro di un contenzioso con Palazzo Koch, sarebbe stato avvicinato alla fine dello scorso anno da un giornalista di Non è l’Arena che avrebbe voluto avere ulteriori informazioni sul tema, chiedendo documenti, carte e qualche nome "di peso". A quanto risulta ad Affaritaliani.it, i tre personaggi indicati da Bertini furono Fabio Panetta (che ora è in pole position per sostituire Ignazio Visco), Carmelo Barbagallo (a capo del Dipartimento Vigilanza Bancaria e Finanziaria di Palazzo Koch, oggi Presidente dell’Autorità di Informazione Finanziaria del Vaticano) e Ciro Vacca (all’epoca dei fatti capo-servizio della divisione di Bertini).