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L'Espresso, copertina sulla Ferragni-Joker è contro il Potere e il politically correct
Ferragni-Joker sulla copertina de L'Espresso

L'Espresso, copertina sulla Ferragni-Joker è contro il Potere e il politically correct. Il colpaccio del direttore Enrico Bellavia

Con la copertina iconica e dissacratoria su Chiara Ferragni, raffigurata truccata come il celebre personaggio di Joker, è tornato nell’ultimo numero uscito ieri a fare parlare di sé l’Espresso. E lo ha fatto a modo suo, cioè attaccando il potere anzi il Potere, quello con la “P” maiuscola perché nessuno può negare che i Ferragnez, come si chiamano con orribile neologismo, sono il Potere.

Il titolo è “Ferragni Spa. Il lato oscuro di chiara” e l’inchiesta si occupa del suo impero commerciale. I Ferragnez rappresentano in primis un potere economico rilevante e sono seguiti da milioni di follower capaci con il loro numero di distruggere qualsiasi cosa prendano di mira. Abbiamo usato il verbo al presente ma forse sarebbe più giusto usarlo al passato, per ora prossimo, poi chissà forse remoto.

Diciamo che i Ferragnez rappresentavano il Potere o, ancora meglio, che la Ferragni rappresentava il Potere perché nella ex – coppia il motore principale è lei e non il rapper milanese ipertatuato. Un po’ come l’altra coppia famosa scoppiata da poco e cioè quella di Totti e Ilary Blasi, dove il personaggio principale era invece il capitano della Roma.

E poi i Ferragnez rappresentavano un elisir concentrato ad alte dose di radical-chicchismo che è difficile di trovarne di simile, roba da fare concorrenza spietata all’armocromista della Schlein. Attico e superattico piscinato, viaggi da favola, tenore economico stellare, decine di milioni di follower adoranti e poi soprattutto, come tutto il jet set mondiale, adesione incondizionata al politically correct, all’ideologia woke Lgbt, comportamenti stravaganti ed eccessivi, adesione ai miti della sinistra progressista regolarmente smentiti dai comportamenti pratici. Il convento è povero ma i frati sono ricchi, diceva il grande Rino Formica.

E poi ci fu il famoso bacio in bocca di Fedez a Rosa Chemical seguito dall’amplesso anale mimato dai due in platea al penultimo festival di Sanremo. Un po’ troppo anche per una che come la Ferragni che aveva costruito un impero alla Barbie, sulla famiglia perfetta e confettonata di tanto rosa e dolcezze che avevano soggiogato molte menti deboli bisognose di credere alle favole. E già lì ci furono i primi screzi e non bisogna dimenticare che la Ferragni è femmina e Prima donna e non sopportò l’invasione di campo del compagno che le aveva rubato la scena sul palco del festival. Determinanti i problemi con la legge e tutta la storia della falsa beneficenza che ha rotto il giocattolo magico. Fatale fu il panettone e forse anche la colomba.

Il resto è noto. Alla fine Fedez se ne è andato come ha fatto Totti ma a ruoli invertiti. Per gente come la celebre coppia il denaro è tutto, l’unico dio. Messi in crisi i guadagni tutto è stato conseguente.

L'Espresso, passata l’era De Benedetti e Agnelli l’Espresso è tornato finalmente a fare inchieste

E quindi la copertina irriverente che l’Espresso ha voluto regalare alla Ferragni ci sta tutta e segna il ritorno del settimanale sulla scena giornalistica che conta. Dopo anni di assoluta irrilevanza dovuta soprattutto all’appiattirsi sulla conduzione fallimentare di Gedi con la Repubblica e la Stampa. Niente più inchieste, niente più scoop ma solo una lagnosa recita del rosario editoriale imposto da Carlo De Benedetti che aveva spuntato tutte le armi per cui L’Espresso era stato famoso negli anni d’oro. Il settimanale fu fondato nel 1955 da Arrigo Benedetti (che aveva già fondato Oggi e L’Europeo) e Eugenio Scalfari, con i soldi di Adriano Olivetti, dopo aver provato anche con Enrico Mattei a capo dell’Eni.

Nel 1955 esordisce con una inchiesta sulla speculazione edilizia dal celeberrimo titolo, Capitale corrotta = Nazione infetta, nel 1957 c’è una inchiesta sulle case farmaceutiche dal titolo I pirati della salute, nel 1958 Rapporto sul vizio, una indagine sulla prostituzione.

Nel 1965 l’Espresso colpisce gli affari del Vaticano, con La cedolare di San Pietro, nel 1972 un attacco al monopolio Rai con Libertà d’antenna, che spiana la strada alle prime Tv private, nel 1975, Il golpe Borghese, sulle coperture del SID diretto dal generale Vito Miceli nei confronti di Junio Valerio Borghese, in seguito nel 1982 Un banchiere una tragedia, sul caso Calvi.

Nel 1984 c’è Mafia, la pista politica, con le rilevazioni di Tommaso Buscetta.

Questi gli anni d’oro del settimanale e poi la lenta dissoluzione.

Fino al 2016 la proprietà è del gruppo Gedi di De Benedetti. Nel 2020 passa agli Agnelli con la Exor, controllata interamente dalla famiglia piemontese. Nel marzo 2022 la Gedi la vende a L’Espresso Media srl, del gruppo BFC Media.

L’acquisto dagli Agnelli è stato fatto da Danilo Iervolino, proprietario della Salernitana. Nel dicembre 2023 BFC Media cede il 51% delle azioni al gruppo Ludoil, tramite L’Alga srl, presieduta da Donato Ammaturo, manager dell’Energia, che è l’attuale proprietario del settimanale e che è stato attaccato da Fedez dicendo di aspettarsi “una inchiesta anche su di lui “e replicando con un analogo fotomontaggio alla Joker, un po’ infantile.

Gli ultimi direttori sono stati Marco Damilano, Lirio Abbate, Alessandro Mauro Rossi e Enrico Bellavia che è salito sulla tolda il 24 gennaio di quest’anno. Ed è lui che ha fatto il colpaccio. Ex giornalista di Repubblica è anche un saggista. Nato a Palermo si è occupato molto di mafia su cui ha scritto diversi libri.

Per l’Espresso hanno scritto Umberto Eco, Leonardo Sciascia, Alberto Moravia, Enzo Siciliano, Alberto Arbasino, Giorgio Bocca, Giampaolo Pansa, Enzo Biagi, Gianni Vattimo, Maurizio Costanzo, in pratica il gotha della letteratura italiana.

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