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La nuova frontiera dello Stato di Polizia. Il riconoscimento facciale di massa
Il nuovo incubo. Il 22 maggio c’è guerra dentro Amazon. Cina, Usa, social, banche e polizie vorrebbero usarlo. San Francisco ne ha vietato l’utilizzo ma...
C’è chi dice che la privacy sia finita da tempo e che non c’è più niente da fare e chi sostiene che è un ottimo strumento per bloccare i criminali, ma ci sono anche coloro che vorrebbero vietarne l’uso per non accettare un permanente Stato di Polizia. Comunque la vediate benvenuti nel nuovo incubo globale: il riconoscimento facciale; quel particolare sistema di software che identifica le persone dopo averne ripreso il viso.
I vari software utilizzati per scansionare i volti si basano su algoritmi intelligenti che mappano le caratteristiche dei visi delle persone inquadrate, definiscono le distanza tra i punti facciali principali (distanza tra occhi, zigomi, la loro configurazione, punti della mascella, labbra, ecc…) e disegnano un volto digitale particolarmente definito, stabilendo così di chi si tratta. Il tutto avviene confrontando il risultato ottenuto con i volti negli archivi in dotazione che contengono già milioni di file. In questo modo è possibile identificare un soggetto anche in mezzo ad una folla.
Negli ultimi anni è sempre più diffusa la prassi tra le polizie (ad tasso tecnologico) di usare il riconoscimento facciale come mezzo per rintracciare persone ricercate o accusate di crimini, bambini e anziani smarriti, individui in difficoltà. Il tutto facendo perno su telecamere intelligenti capaci di riconoscere chiunque, anche in eventi di massa. La Cina, all’avanguardia nella tecnologia di riconoscimento facciale, sarebbe in grado di tracciare più di un miliardo di persone, possedendo più di 200 milioni di telecamere di sorveglianza posizionate ovunque. Da qualche tempo grazie ad una microcamera, gli occhiali dei poliziotti cinesi possono identificare in tempo reale i sospetti individuandoli quasi a vista. Il sistema sviluppato dall’azienda cinese LLVision promette in pochi anni d’identificare ogni cittadino cinese.
Channel News Asia ha spiegato che in Cina diventerà prassi multare con il riconoscimento facciale chi supera un semaforo rosso perché verrà identificato in tempo reale, ricevendo anche un sms dalla polizia stradale che impone il pagamento della multa. La foto del colpevole apparirà sugli schermi pubblici e privati istallati nelle città, in modo che tutti possano riconoscerlo. Di recente un'inchiesta del New York Times ha anche rivelato che la Cina sta utilizzando il riconoscimento facciale per sorvegliare la minoranza degli Uiguri (comunità a maggioranza islamica). “Nel prossimo futuro i criminali e i terroristi verranno trovati con il riconoscimento facciale”, spiegano i più entusiasti. Ma siamo davvero sicuri che la prassi non sia priva di effetti gravemente deleteri?
Una settimana fa, nel cuore della Silicon Valley dove sono collocati i più grandi colossi tech degli Stati Uniti, la città di San Francisco ha messo al bando proprio il riconoscimento facciale. Con 8 voti a favore e 1 contro il Consiglio legislativo locale ha deciso di vietarne l’uso in tutta la città, sia da parte delle forze dell’ordine che degli altri enti cittadini. In più uno studio del Mit Media Lab ha spiegato che questo tipo di tracciamento dei volti ha una margine di errore non trascurabile, mettendo a rischio la stessa incolumità delle persone che si intende difendere. Anche Amazon, la più grande azienda internet commerciale del mondo ha un sistema di riconoscimento facciale, Rekognition, un programma cloud sviluppato dal 2016 Amazon web services, ed utilizzato sia in Oregon che in Florida ma anche testato dall’Fbi.
Proprio oggi 22 maggio, ci sarà però battaglia tra gli azionisti. Dovranno decidere se consentire o meno di far usare il proprio sistema a governi e a terzi con il pericolo che possano abusarne con una sorveglianza di massa, censurando gli oppositori e le minoranze, sopprimendo le libertà civili e mettendo la vita delle persone in pericolo. In rete circola una mozione che partita da organizzazioni per i diritti civili, accademici e azionisti inviata Amazon a fermare le vendite. L’appello ha raccolto in poco tempo più di 150.000 firme. Ma il presidente e Ad Jeff Bezos sembra di tutt’altro avviso manifestando l’