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Netflix, "La regina degli scacchi": gioco e astuzia come metafore della vita

di Simone Rosti

Le ragioni del successo della serie tv

Da poco su Netflix, La “Regina degli Scacchi” è una serie che sta avendo un grande riscontro di pubblico e in parte di critica. La storia è semplice e assai prevedibile.

Un’orfana, Beth, si riscatta trovando nel gioco degli scacchi quel mondo che sembra averle voltato le spalle. E’ grazie alle infinite possibili strategie che la scacchiera consente che Beth trova la propria chance di rivalsa. La scacchiera come metafora della vita, fatta di attese, di silenzi, di arguzie. Sarà infatti la fantasia immaginifica di Beth - che trova espressione nella scacchiera che lei vede capovolta nel soffitto e su cui costruisce le alternative di gioco - ad ancorarla alla vita. Ma il rischio a cui va incontro è quello di un scollamento dalla realtà vera (tema sul quale segnaliamo uno dei dialoghi più belli fra Beth e la sua compagna di orfanotrofio) che la porterà in un circolo vizioso ai limiti dell’autodistruzione. Il tutto proseguirà poi su binari un po’ scontati, ma nulla toglie all’impatto emozionale di questa serie.

Regia e fotografia perfette, prove attoriali al massimo livello, colonna sonora capace di tenerci incollati sulla scacchiera anche senza capirci molto delle regole del gioco, azzeccata anche l’ambientazione anni ‘50 e ‘60. Siamo più di fronte più ad un lungo film che ad una classica serie TV. Non è un capolavoro, come non lo era nemmeno il libro (di Walter Tevis) da cui ha tratto ispirazione, ma possiamo dire che La “Regina degli Scacchi” fa bene allo spirito e di questi tempi ve ne consigliano la visione. Voto 6,5