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Un chip sottopelle: così diventeremo dei cyborg
L'ago di una siringa buca la mano. Una piccola spinta e il gioco è fatto: con un chip più piccolo di un granello di riso, siamo diventati dei cyborg. Il primo a sottoporsi all'esperimento è stato Rainer Bock, 36enne dipendente di Kaspersky, società specializzata nella sicurezza informatica, offertosi come volontario.
Le prime parole di Bock rimarranno nella storia: “Non pensavo facesse così male”. Sì, perché la tecnologia è ancora da perfezionare. Ma come funziona? Il chip impiantato nella pelle è un mini bluetooth: consente di collegarsi con i dispositivi intorno a noi, ma solo a cortissimo raggio. Un'accortezza che dovrebbe ridurre i rischi di essere intercettati da hacker e ladri di dati personali. Le applicazioni sono potenzialmente infinite: il chip potrebbe dialogare con lo smartphone che abbiamo in mano (e solo con quello). Oppure ci permetterà di superare i tornelli della palestra o della metropolitana senza carta. O ancora potrebbe essere la biblioteca dei nostri dati personali, dalla patente alla cartella clinica, o il nostro bancomat.
Al momento la tecnologia, ribattezzata NFC (cioè “near field communication”, comunicazione a corto raggio) non offre sufficienti garanzie di sicurezza e va implementata. “Ma è una tecnologia che dobbiamo esplorare”, affermano i responsabili di Kaspersky. “Non siamo ancora ai livelli di Robocop ma siamo già meglio dell'Ispettore Gadget”.