Medicina

Alzheimer, Knopman: i cambiamenti sono una spia d’allarme

Ogni piccolo cambiamento di abitudini, di personalità, può diventare significativo

di Paola Serristori

Affari ha chiesto a David S. Knopman, neurologo della Mayo Clinic, Rochester, membro del gruppo di consulenza medica e scientifica di Alzheimer’s Association (MSAG), come comportarsi se ci si accorge di avere problemi cognitivi.

– Le ricerche scientifiche rivelano che molti malati ricevono diagnosi di Alzheimer tardive o errate. Quando il medico referta un’altra demenza, l’errore iniziale causa un secondo errore nella terapia. 

“È importante ascoltare il paziente ed i suoi familiari. Ogni piccolo cambiamento di abitudini, di personalità, può diventare significativo se il paziente, o chi vive con lui, aggiunge di essersi accorto di problemi di memoria. Personalmente non sono favorevole allo screening di massa. Intendo dire che non considero utile inviare una persona a fare test cognitivi solo perché è anziana. Però, ripeto, se il paziente stesso o chi lo segue mi segnala una diminuzione della capacità di ricordare mi devo preoccupare di prescrivere esami specifici.”

– Molti anziani vivono soli. In questi casi, come accorgersi per tempo che sono nella fase iniziale della demenza?

“Questo è un serio problema, che richiede la massima attenzione del medico generalista. Bisogna monitorare la personalità del paziente, se non si ha l’aiuto di qualcuno che segnala il problema. È vero che l’anziano non sempre espone tutti i sintomi. Devo essere io clinico a capire se arriva in ritardo, per esempio, alla visita perché ha avuto un reale problema coi trasporti, o perché si è confuso e ha sbagliato mezzo o strada. Un altro esempio è se appare dimagrito senza che ci sia il sospetto di una patologia cancerogena. Potrebbe darsi che dimentica di mangiare o che non è più capace a prepararsi il cibo. Un altro caso è il paziente anziano malato di ipotiroidismo. Con l’età l’ipotiroidismo è molto frequente. Io medico devo accertarmi che non dimentichi di prendere la terapia. Se mi riferisce che ha saltato l’orario abituale, o un giorno, è opportuno approfondire l’esame.”

– Ad AAIC 2019 abbiamo appreso che i disturbi del sonno possono esser un sintomo di malattia. Come capire se chi si sveglia due o più volte nella notte si sta ammalando di demenza?

“La sensazione di stanchezza e di intorpidimento durante il giorno sono un segnale. Se dormo poco, ma sono attivo, mi sento bene, reagisco agli stimoli senza difficoltà non c’è motivo di preoccuparsi. Certo che sul lungo termine il sonno deve ristabilirsi nei giusti ritmi.”

– Invecchiando i problemi di salute si accumulano. Come identificare un anziano che inizia a scivolare nella demenza se ha altre malattie? 

“Di nuovo è l’indebolimento della memoria che può indirizzarci alla corretta diagnosi. E, nel caso di più terapie, occorre valutare se la confusione è l’effetto collaterale di un farmaco. Però se io devo prendere una volta al giorno una compressa e capita che la prendo due volte ho un problema che riguarda la sfera cognitiva.”

– E poi?

“Siamo onesti: fare una diagnosi corretta richiede tempo. In dieci minuti non si può capire granché. Bisogna dedicare l’ascolto, esser acuti nell’interpretare le risposte del paziente, che il più delle volte usa termini impropri o un linguaggio povero di dati utili. E trasformare le sue parole in diagnosi.”

– Qual è l’errore più frequente nella diagnosi?

“Sottovalutare la diminuzione delle abilità cognitive, attribuendole al normale invecchiamento, alla depressione, all’ansia.”

– A questo punto delle conoscenze sull’Alzheimer e le altre demenze, qual è il messaggio che possiamo consegnare ai medici di base?

“Di prestare sempre attenzione ai resoconti del paziente e di chi gli è vicino, di modo che anche i ricercatori scientifici siano in condizione di sviluppare trattamenti utili all’inizio della malattia.”