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Medicina
Covid, il trattamento precoce con anakinra riduce del 55% la mortalità
Il treno sanitario anti Covid

Una somministrazione precoce e mirata di anakinra (antinfiammatorio già da tempo approvato nell’UE e negli Stati Uniti per altre indicazioni), in associazione con lo standard terapeutico attuale, ha fatto registrare una riduzione relativa del 55% della mortalità e un beneficio quasi triplo nel prevenire la progressione verso l'insufficienza respiratoria grave (IRG) nei pazienti con COVID-19 ricoverati con prognosi sfavorevole, riducendo il tempo medio alla dimissione dalla terapia intensiva di 4 giorni. 

Inoltre, il trattamento con anakinra ha aumentato il numero di dimissioni dall’ospedale senza evidenza di infezione da COVID-19, con un numero di pazienti potenzialmente in guarigione completa superiore di 2,8 volte rispetto a quelli trattati con standard terapeutico e placebo.
Sono alcuni dei più importanti risultati, positivi e definitivi, a 28 giorni di SAVE-MORE, il primo studio cardine randomizzato e controllato condotto su un ampio bacino di pazienti ospedalizzati (circa 600 tra Italia e Grecia) e volto in modo specifico a valutare i pazienti COVID-19 a rischio di progressione verso l'insufficienza respiratoria grave (IRG) prima del ricovero in terapia intensiva e a dimostrare il beneficio di un intervento tempestivo per prevenire l'aggravamento della malattia e i decessi.

I risultati - presentati da Swedish Orphan Biovitrum (Sobi™) (che ha supportato lo studio) e dall’Istituto Ellenico per lo Studio della Sepsi (che l'ha sponsorizzato e condotto) - sono stati appena resi noti su MedRxiv e proposti per la pubblicazione su rivista a revisione paritaria.
I centri italiani inclusi nello studio sono l’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma (centro coordinatore italiano dello studio), il Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma, l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e l’IRCCS Humanitas, l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale degli Spedali Civili di Brescia, l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (VR), l’Ospedale di Jesolo e l’Ospedale Policlinico San Martino IRCCS di Genova.

La sperimentazione ha valutato la risposta nei pazienti con polmonite moderata o grave, individuando quelli a rischio di sviluppare una IRG attraverso la misurazione della concentrazione del suPAR (recettore dell'attivatore del plasminogeno urochinasi solubile), un biomarcatore del plasma che funge da strumento prognostico per l’attivazione immunitaria precoce e che è stato già associato ad una prognosi sfavorevole in diverse condizioni. I trattamenti standard somministrati in associazione erano simili per i due bracci e includevano desametasone, anticoagulanti e remdesivir.

“Uno degli aspetti decisivi nel trattamento dei pazienti ospedalizzati con COVID-19 è il posizionamento esatto dei pochi farmaci che abbiamo a disposizione” - ha spiegato il Prof. Massimo Fantoni, Infettivologo e Primario Covid 2 del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma. “I risultati dello studio SAVE-MORE sono molto significativi e danno un contributo importante in tal senso. I pazienti con livelli elevati del biomarcatore suPAR trattati con anakinra hanno mostrato una migliore sopravvivenza, una riduzione della progressione verso l’insufficienza respiratoria grave e una riduzione dei tempi di degenza in terapia intensiva”.

“Anakinra è il primo farmaco il cui utilizzo viene personalizzato sulla risposta del paziente al virus” - ha affermato il Prof. Emanuele Nicastri, Infettivologo e Direttore Divisione Malattie Infettive dell'Istituto Spallanzani di Roma. “Per la prima volta, infatti, abbiamo uno strumento estremamente efficace che permette una chiara individualizzazione della terapia su un determinato paziente con quelle caratteristiche e un livello moderato o grave di Covid-19”.

“La risposta infiammatoria eccessiva all’infezione da COVID-19 è una delle cause principali della progressione della malattia e della mortalità” - ha dichiarato il Lead Investigator Evangelos J. Giamarellos-Bourboulis, Professore di Medicina interna e Malattie infettive presso l’Università Nazionale Capodistriana di Atene, Presidente della European Shock Society e della European Sepsis Alliance - “pertanto vi è urgente necessità di farmaci in grado di incidere sull’iperinfiammazione e impedirne l'evoluzione. I risultati dello studio SAVE-MORE mostrano che il rischio di malattia grave può essere ridotto intervenendo precocemente”.

“L’infezione da COVID-19 può essere grave e portare alla morte a causa di una reazione immunitaria eccessiva, spesso definita <tempesta citochinica>” – ha precisato il Prof. Lorenzo Dagna, Direttore Unità di Immunologia, Reumatologia e Malattie Rare dell’Ospedale San Raffaele di Milano. “Anakinra è un antagonista del recettore dell’IL-1 α/β, sostanza che gioca un ruolo centrale nell’iperinfiammazione in COVID-19: bloccando l’IL-1 α/β in fase precoce di malattia si può significativamente ridurre il rischio di evoluzione verso forme gravi di malattia. Ad oggi nessun farmaco è stato approvato per il trattamento della risposta infiammatoria da COVID-19. Oltre un anno fa, nei mesi iniziali della pandemia, il mio gruppo per primo aveva già dimostrato l’efficacia di questo farmaco in un più limitato gruppo di pazienti. Sono particolarmente soddisfatto dei risultati dello studio attuale che dimostrano in maniera formale la bontà della nostra intuizione e l’efficacia di anakinra in un gruppo più numeroso di pazienti con COVID-19.”.

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