Medicina

Dal Papa ad Allegri e Verdone: tutti “Insieme contro il cancro”

Lorenzo Zacchetti

Presentato a Milano il libro dell’oncologo Francesco Cognetti, che parla ad affaritaliani.it degli stili di vita per prevenire la malattia

“Insieme contro il cancro – La grande lotta comune per sconfiggere i tumori” è il titolo del libro edito da Mondadori e presentato oggi presso il Centro di Comunicazione di Bayer Italia a Milano.

A firmare l’iniziativa editoriale sono il noto oncologo Francesco Cognetti, presidente della Fondazione Insieme contro il Cancro, e il giornalista Mauro Boldrini, direttore della comunicazione della Fondazione.

“Insieme contro il cancro” ospita 23 interviste a personaggi di grande fama: da personalità politiche come Antonio Tajani, Dario Franceschini e Laura Boldrini all’imprenditore Oscar Farinetti, passando per un grande giornalista come Eugenio Scalfari, a stelle dello spettacolo quali Carlo Verdone, Monica Bellucci e Monica Guerritore, fino a protagonisti del mondo dello sport come Alex Zanardi, Massimiliano Allegri e Giovanni Malagò. C’è anche una straordinaria testimonianza di Papa Francesco sul tema del dolore legato alla malattia che sono state incluse nel libro (i cui proventi andranno interamente a sostegno della Fondazione) per concessione della LEV – Libreria Editrice Vaticana.

Per approfondire il tema, affaritaliani.it ha incontrato il Prof. Francesco Cognetti, che da 37 anni svolge attività clinica e di ricerca in oncologia. Già presidente di AIOM, membro del comitato esecutivo della Società Europea di Oncologia Medica e direttore scienti­fico dell’Istituto Tumori Regina Elena di Roma, è autore di 312 pubblicazioni sulle più importanti riviste scienti­fiche internazionali, nonché responsabile di alcune centinaia fra progetti di ricerca e sperimentazioni cliniche sul trattamento dei tumori.

Prof. Cognetti, come è nata Fondazione Insieme contro il Cancro?

“È nata tre anni fa su iniziativa dell’ASCO (Società Americana di Oncologia Medica), di cui a suo tempo sono stato presidente, e dell’Associazione Italiana Malati di Cancro. Gli obiettivi consistono nel promuovere stili di vita appropriati per ridurre l’impatto della malattia, diffondere cultura sul tema e anche difendere i diritti sociali dei malati”.

Ci fa un esempio?

“Su questo tema, abbiamo fatto iniziative che hanno portato al riconoscimento dei diritti lavorativi dei malati, perché purtroppo questa malattia è stata a lungo vissuta con uno stigma negativo. Chi ha avuto il tumore è spesso stato discriminato, anche nelle assunzioni. Oggi però dobbiamo fare i conti con una realtà complessa: con tre milioni e mezzo di malati di cancro, le dimensioni sono tali da farne un vero e proprio problema sociale, che impatta anche sul sistema economico nazionale, oltre che sulle vite (e sulle economie) delle singole persone. Pensiamo a un libero professionista: quando deve sottoporsi alle cure e non può lavorare per molti mesi, va incontro a grossi problemi. Inoltre, le nuove disposizioni inoltre fanno sì che anche un dipendente pubblico, in caso di malattia, possa avere dei problemi che si sommano a quelli psicologici e familiari che già deve affrontare”.

Quali azioni ha intrapreso la Fondazione Insieme contro il Cancro?

“In una prima fase, siamo stati molto impegnati nel delineare il quadro del nostro Paese sul tema dell’assistenza e della ricerca. Abbiamo fatto un position paper in cui abbiamo messo a fuoco i punti di forza e quelli di debolezza, anche proponendo alla politica delle soluzioni ai problemi aperti. Uno dei più rilevanti è legato al federalismo in campo sanitario. È inutile nasconderlo: in Italia coesistono realtà completamente diverse. Al nord ci si ammala di più e si guarisce di più, al sud ci si ammala di meno e si muore di più. Le differenze arrivano anche al 10%: è intollerabile che vi siano numeri così differenti. Il documento non ha avuto grande risposta da parte delle autorità politiche, ma quella espressa rimane la nostra posizione. In seguito, abbiamo iniziato a promuovere iniziative soprattutto nel campo della prevenzione primaria e secondaria, con una quindicina di grossi progetti. Questo libro è l’ultimo nato”.

Da dove nasce la necessità di pubblicarlo?

“Questo libro rappresenta la necessità di mettersi tutti insieme per cercare di combattere questa malattia. ‘Sconfiggerla’ è una parola grossa. Come diceva il mio amico Umberto Veronesi, una vittoria globale contro questa malattia in realtà non è possibile. Fa parte della nostra biologia e dobbiamo conviverci. Ogni ora si duplicano milioni di cellule ed è sempre possibile che qualche duplicazione vada male, che un gene venga replicato in forma anomala e che nelle successive mitosi il tumore così insorto si diffonda. Però possiamo fare in modo di diminuirne l’incidenza (perché gli stili di vita hanno un impatto importante sulla malattia), oltre a lavorare sulla diagnosi precoce e ovviamente sulle terapie”.

Quali sono state le maggiori conquiste della scienza nella lotta al cancro?

“Se c’è stata una grande scoperta, essa è rappresentata dalle acquisizioni biologiche che hanno portato all’identificazione di agenti tumorali affatto diversi da quelli che venivano usati (e che sono comunque ancora in uso), come la chemioterapia o l’ormonoterapia. Sono agenti che agiscono selettivamente su difetti biomolecolari specifici di ogni singolo soggetto. Questo riguarda un numero di tumori leggermente inferiore alla metà del totale, ma quando c’è un farmaco che è in grado di intervenire sull’anomalia, il tumore può essere gestito e cronicizzato. La sopravvivenza dei pazienti è molto aumentata: morire dopo poche settimane o dopo diversi mesi - o anni - fa la differenza. La lotta non è vinta, intendiamoci, ma i progressi sono molto significativi”.

Nel libro si sottolinea molto l’importanza di un corretto stile di vita. Quanto incidono i nostri comportamenti nella prevenzione del tumore?

“Gran parte delle cause di cancro sono prevenibili, perché già identificate. Ne esistono solo due che non sono prevenibili: le condizioni genetiche e l’invecchiamento della popolazione. Il cancro è provocato anche da alcune infezioni e dal fumo di sigaretta, che è determinante in un terzo dei casi totali: non mi riferisco solo al cancro al polmone, ma anche alla laringe, al cavo orale e alla vescica. E poi va sottolineata l’importanza di una corretta alimentazione, finalizzata al mantenimento del peso corporeo. L’obesità è alleata con il cancro, perché c’è uno stretto legame tra i grassi e gli ormoni che facilitano l’insorgenza della malattia, soprattutto per quanto riguarda i tumori femminili. Recenti studi hanno inoltre dimostrato come i tumori gastrointestinali, della mammella e del polmone abbiano un impatto diverso a seconda del fatto che si pratichi o meno dell’attività fisica. Praticarla regolarmente aiuta a prevenire la malattia”.

Non a caso, tra i personaggi che avete scelto di intervistare per il libro ci sono vari sportivi...

“Siamo molto vicini al mondo dello sport. Abbiamo ottimi rapporti con il CONI e con il suo presidente Malagò, del quale sono molto amico. Soprattutto, lo sport è un veicolo incredibile per portare avanti messaggi positivi da indirizzare alle giovani generazioni, in una fascia d’età nella quale la prevenzione primaria è fondamentale”.

Tra tante interviste a personaggi famosi, quale l’ha colpita maggiormente?

“Tutte le testimonianze pubblicate sono importanti, perché si riferiscono a punti di vista differenti. Per noi è stata molto funzionale quella di Antonio Tajani, presidente del Parlamento Europeo, che ha preso degli impegni precisi sul tema sulla lotta al cancro, ha citato i progetti in corso e ha fatto intravedere i possibili sviluppi dell’interazione tra la politica europea e l’oncologia. Ma altrettanto importante, da un altro punto di vista, è la testimonianza di un ex paziente. Abbiamo scelto di mettere insieme tanti personaggi molto diversi tra loro, per un obiettivo comune”.

A proposito della testimonianza di personaggi famosi, in questi giorni si parla molto del caso legato a Nadia Toffa, che ha rivelato di avere avuto un cancro. Quanto sono importanti questi racconti personali?

“Molto, perché danno sostegno a chi sta affrontando la stessa malattia in questo momento. Devo dire che la vergogna e la ritrosia nel parlare di queste esperienze è in netto calo: i malati tendono sempre di più a stare assieme e a comunicare la loro storia. Quando si tratta di persone che hanno superato il problema ormai da tempo e che raccontano la loro esperienza, è davvero enorme l’aiuto psicologico che esse danno a chi invece sta combattendo la sua battaglia in questo momento”.

Visto anche il contesto nel quale avete presentato il libro, quale è il ruolo delle aziende farmaceutiche nella lotta al cancro?

“La ricerca farmacologica è fondamentale, perché nessuna organizzazione pubblica può assolvere a tale compito. C’è una collaborazione molto forte in termini di ricerca clinica e non si può guardare all’industria solo in termini di profitto. Certo, questi farmaci sono molto costosi e bisognerà quindi trovare quindi nuovi sistemi di valutazione, ma tenendo conto del fatto che l’industria farmaceutica, essendo privata, si assume anche il rischio del successo o dell’insuccesso di un determinato farmaco. E va detto che su certi farmaci sono davvero molto rilevanti le spese che vengono affrontate in termini di ricerca, sia preclinica che poi clinica. Il profitto è quindi necessariamente parte del ragionamento da fare con le aziende private, ma bisogna che le varie esigenze convivano e devo dire che noi lavoriamo con loro in modo decisamente soddisfacente. La politica, invece, dovrebbe dialogare un po’ di più con le aziende. Ho saputo che Bayer investe in ricerca e sviluppo 4,4 miliardi di euro: sono cifre di tutto riguardo, con le quali bisogna fare i conti e considerando il valore aggiunto che viene dato in termini di cura dei pazienti, riduzione dei costi indiretti dell’assistenza, occupazione…  E le aziende, da parte loro, devono invece comprendere che ci si trova in un momento del tutto particolare. Ma devo dire che in Italia le aziende farmaceutiche hanno dimostrato una certa sensibilità, anche accettando l’introduzione dei farmaci alla rimborsabilità dopo almeno un anno”.