Medicina

Lecanumab, i risultati del nuovo farmaco danno speranza ai malati di Alzheimer

Il nuovo farmaco, anche se testato solo su pazienti in una fase non avanzata della malattia, hanno dato risultati promettenti

Alzheimer, i risultati del nuovo farmaco "Lecanumab" danno speranza ai malati 

Al Clinical Trials on Alzheimer Disease (CTAD) il 29 novembre a San Francisco sono stati presentati i risultati dello studio con il farmaco LECANUMAB i cui dati preliminari erano stati anticipati in una conferenza stampa di alcune settimane prima che aveva suscitato enorme interesse in tutto il mondo.

Ricordiamo che i malati di varie forme di Demenza sono decine di milioni a livello globale, oltre 1 milione nel nostro Paese, di cui circa la metà è affetta dalla forma di Alzheimer. Ora i dettagli dello studio sono stati presentati al meeting di san Francisco ed anche pubblicati su una prestigiosa rivista scientifica (New England Journal of Medicine).

Riassumiamo i dati salienti: nei soggetti che avevano assunto l’infusione endovenosa per flebo una volta al mese per 18 mesi di Lecanumab rispetto a quelli che avevano ricevuto placebo, la malattia ha rallentato la sua progressione di circa un terzo (27% per la precisione). Gli effetti collaterali sono stati osservati nel 9% dei casi ed in genere di entità modesta. 

Questi due dati da soli giustificano il grosso interesse che ha suscitato questo studio poiché si tratterebbe del primo farmaco in grado di impattare in modo significativo sull’evoluzione della malattia (non l’arresta e non la guarisce, ma la rallenta). E’ stato fatto un calcolo che con questo tipo di trattamento il paziente guadagna oltre un anno di autonomia rispetto a chi non lo assume.

Lo studio si è rivolto a forme iniziali o addirittura prodromiche (con pochissimi sintomi) di demenza di Alzheimer e non sappiamo quindi se i risultati di efficacia si possano o meno estendere a forme più avanzate di malattia; tuttavia è comprensibile che quanto più precoce è la somministrazione tanto più un “cervello” non danneggiato potrà essere salvaguardato e tanta più riserva neurale potrà essere utilizzata per vicariare i circuiti nervosi aggrediti dalla malattia.