Medicina

Salute, pochi i progressi della medicina nell’area delle malattie mentali

di Daniele Rosa

Le malattie del cervello principale causa di inabilità nei paesi occidentali

Malattie mentali, la medicina moderna ha fatto pochi progressi

Dopo tanti anni di progressi spettacolari in molti campi, la medicina moderna ha incontrato sulla strada delle malattie mentali ostacoli più difficili delle stesse  malattie infettive. Eppure le malattie del cervello sono, secondo l'OCSE, la principale causa di inabilità nei paesi occidentali. Rappresentano tra il 30% e il 40% del congedo per malattia di lunga durata e costano il 4% del PIL. Eppure, dopo decenni di ricerca, la demenza provocata dall'Alzheimer, ad esempio, non ha alcun trattamento efficace e, per altri disturbi psichiatrici, come schizofrenia o depressione le opzioni terapeutiche sono poche, di efficacia limitata e spesso con ricadute. Sulla rivista "Frontiers in Psychiatry", in uno studio su persone con depressione grave, solo il 31% ha trovato miglioramento dopo 14 settimane di trattamento con inibitori selettivi della ricaptazione di serotonina. Nel disturbo bipolare, solo il 24% si è liberato dalla depressione per otto settimane consecutive. E in pazienti con schizofrenia, il 74% ha avuto difficoltà a continuare i trattamenti un anno e mezzo dopo l'inizio

Malattie mentali, la difficoltà degli psichiatri nella cura dei pazienti 

Jorge Manzanares, professore di farmacologia e autore principale dello studio, sostiene che il successo nella cura dei trattamenti psichiatrici dipende da molti fattori, come la gravità del caso o l'abilità degli stessi psichiatri “A differenza dei medici che possono misurare alcuni fattori correlati a una malattia (come l'ipertensione o le transaminasi) e intervenire di conseguenza, gli psichiatri si muovono in un modo molto empirico e più tradizionale e non hanno marcatori di alterazioni genetiche o anatomiche o marcatori proteici che li aiutino nelle loro decisioni. Il loro successo quindi dipende molto dall'esperienza dello psichiatra nel valutare il paziente e scegliere un trattamento o decidere quando dovrebbe essere cambiato.” Adesso la diagnosi di questi disturbi viene fatta con un esame del paziente seguendo linee guida e test sviluppati per identificare le diverse patologie, ma non è possibile, ad esempio, migliorare la valutazione attraverso un esame del sangue o una risonanza magnetica.

Malattie mentali, pochi gli indicatori per diagnosticare o prevedere la malattia

Tuttavia, ciò non significa che non siano state evidenziate caratteristiche biologiche o anatomiche relative a diversi disturbi. "Se confrontiamo un rilevante numero di persone con disturbi come autismo, schizofrenia o problemi di bipolarismo con un gruppo senza malattia, osserviamo evidenti differenze biologiche, dalle alterazioni della struttura o del volume di alcune aree cerebrali alla maggiore o minore presenza di malattie infiammatorie markers-rileva Guillermo Lahera, psichiatra dell'Ospedale Universitario Príncipe de Asturias-ma, al momento, nessuno di questi biomarcatori è utile per diagnosticare o prevedere l'insorgenza della malattia". La scienza biomedica ha offerto soluzioni efficaci a molti mali, ma si è potuto rilevare quanto sia difficile liberarsi da molti altri. La maggior parte delle malattie sono multifattoriali e tra queste, in particolare, ci sono quelle psichiatriche. Secondo diversi ricercatori nelle malattie mentali, il fattore genetico è molto rilevante (una persona con padre e madre schizofrenici ha una probabilità del 40% di soffrire della malattia), ma i geni coinvolti possono essere decine o centinaia. Poi bisogna tenere presente che altri fattori esterni, come stress prolungato, un'infezione virale o l'esposizione ad alcune sostanze tossiche, sono sufficienti per far partire la malattia.

Malattie mentali, il futuro della ricerca guidato dai progressi nelle neuroscienze, nella genetica e nelle tecnologie

Per quanto riguarda il futuro la conoscenza dei disturbi mentali sarà guidata, nei prossimi anni, dai progressi delle neuroscienze, della genetica e della tecnologia. “La neurobiologia dei disturbi mentali è estremamente complessa-concordano diversi psicologi-perché vi partecipano vari sistemi di neurotrasmissione, varie reti di connessione neuronale e tutto ciò è in un qualcosa di  dinamico, in continua interazione con l'ambiente”. Le  malattie del cervello possono essere scatenate dal contatto con un virus o una sostanza tossica, ma anche da una situazione di sofferenza derivante da una situazione personale. “La nostra esistenza nel mondo dipende dalla nostra biologia- dice Lahera- non è che la mente sia il cervello, sarebbe riduzionista, ma il cervello emerge dalla mente e, quindi, c'è un'influenza diretta e bidirezionale tra l'ambiente e la biologia" “La ricerca neurobiologica sui disturbi mentali, quando è rigorosa e complessa, non si oppone affatto al ruolo decisivo dell'ambiente, all'importanza della soggettività o della psicoterapia. La biologia è tutto questo e altro”, conclude lo scienziato.

Malattia mentali, nuovi biomarcatori in aiuto  alla ricerca di nuovi farmaci

La scoperta di biomarcatori affidabili delle malattie mentali può aiutare a ricercare nuovi farmaci, più efficaci o con minori effetti collaterali, ma servirebbero anche a valutarne l'abbinamento con la terapia psicologica. I biomarcatori (veri e propri indicatori) più importanti saranno quelli che consentirannno di prevedere la probabilità che un tipo di trattamento abbia successo o che offriranno indizi per la ricerca di nuovi trattamenti. Come con il cancro, all'interno di malattie come la schizofrenia, la depressione o il disturbo bipolare, vi sono moltissime varietà e caratteristiche che si aggiungono in un paziente e gli strumenti attuali per i trattamenti sono ancora scarsi. Ma questi indicatori potranno anche servire ad anticipare il rischio di sviluppo della malattia.

Malattie mentali, la ricerca di nuovi farmaci continua

Nonostante i limiti, lo studio delle malattie del cervello ha prodotto miglioramenti significativi nella vita dei pazienti. A partire dagli anni '50, la comparsa dei primi antipsicotici permise ad alcune persone con schizofrenia di uscire dai manicomi e di iniziare a condurre una vita relativamente normale. E allo stesso tempo, a metà del secolo scorso, furono scoperti i primi efficaci antidepressivi. Successivamente, i progressi sono stati più lenti, con miglioramenti, principalmente, nella sicurezza o nella facilità dei trattamenti successivi. Recentemente alcune sostanze come l'MDMA o la psilobicina stanno mostrando risultati promettenti contro lo stress o la depressione post-traumatica e nel 2019, l'approvazione dell'esketamina per il trattamento della depressione maggiore è stata vista come un cambiamento di rotta verso il successo. Ma la verità è che la scienza, pur positiva, ha ancora molto da dire per quanto riguarda l’area delle malattie mentali, forse la più complicata in assoluto che affettano il genere umano.