Tumore al fegato: sorafenib e regorafenib migliorano la sopravvivenza
Tumore al fegato: nuova analisi esplorativa basata sullo studio registrativo di fase III RESORCE pubblicata sul Journal of Hepatology
Tumore al fegato: la nuova analisi esplorativa basata sullo studio registrativo di fase III RESORCE pubblicata sul Journal of Hepatology illustra come ipazienti trattati con sorafenib seguito da regorafenib abbiano un tempo mediano dall’inizio del trattamento con sorafenib al decesso di 26 mesi, rispetto ai 19,2 mesi di quelli trattati con sorafenib seguito da placebo.
Nell’analisi primaria dello studio RESORCE, è stato dimostrato che in seconda linea regorafenib offre un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante della sopravvivenza globale rispetto al placebo
La sequenza di trattamento costituita da due terapie a bersaglio molecolare, sorafenib seguito da regorafenib, migliora la sopravvivenza dei pazienti con tumore del fegato avanzato. Lo dimostra una nuova analisi esplorativa basata sullo studio registrativo di fase III RESORCE, che ha valutato la sopravvivenza dei pazienti affetti da carcinoma epatocellulare (HCC) trattati con regorafenib in seguito alla progressione della patologia durante il trattamento con sorafenib. I risultati sono stati pubblicati sul Journal of Hepatology.
La pubblicazione descrive gli esiti per i pazienti arruolati nello studio RESORCE in termini di valutazione del tempo dall’inizio del trattamento con sorafenib (precedente all’inclusione nello studio RESORCE) al decesso nei due bracci di trattamento dello studio. I risultati suggeriscono che i pazienti affetti da carcinoma epatocellulare in stadio avanzato trattati con sorafenib seguito da regorafenib hanno un tempo mediano dall’inizio del trattamento con sorafenib al decesso di 26 mesi, rispetto ai 19,2 mesi di quelli trattati con sorafenib seguito dal placebo.
Nell’analisi primaria di RESORCE riportata in precedenza, è stato dimostrato che l’associazione tra regorafenib e la migliore terapia di supporto offre un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante della sopravvivenza globale (OS) rispetto all’associazione tra il placebo e la migliore terapia di supporto (OS mediana 10,6 vs. 7,8 mesi). Tutti i pazienti ammessi nello studio RESORCE erano stati trattati in precedenza con sorafenib, l’attuale standard terapeutico di prima linea per il carcinoma epatocellulare in stadio avanzato. Il tasso di sopravvivenza stimato dopo un anno era del 45% nel gruppo regorafenib e del 29% nel gruppo placebo; a 18 mesi, rispettivamente del 30% e del 15%; a 24 mesi, del 21% e dell’11%; a 30 mesi, del 16% e del 9%.
Tumore al fegato: la nuova analisi esplorativa basata sullo studio registrativo di fase III RESORCE pubblicata sul Journal of Hepatology illustra come ipazienti trattati con sorafenib seguito da regorafenib abbiano un tempo mediano dall’inizio del trattamento con sorafenib al decesso di 26 mesi, rispetto ai 19,2 mesi di quelli trattati con sorafenib seguito da placebo.
“Regorafenib è stato il primo trattamento ad aver dimostrato un miglioramento della sopravvivenza per i pazienti affetti da carcinoma epatocellulare che avevano manifestato una progressione durante la terapia di prima linea”, ha dichiarato il dott. Alessandro Granito, dirigente medico del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna e sperimentatore dello studio RESORCE. “Il beneficio osservato con il trattamento sistemico sequenziale di sorafenib e poi regorafenib suggerisce che l’introduzione di nuovi trattamenti efficaci potrebbe comportare miglioramenti incrementali della sopravvivenza nel carcinoma epatocellulare in stadio avanzato in seguito al trattamento iniziale e pertanto condurre a prospettive migliori per i pazienti”.
Il tumore epatico resta un’area caratterizzata da un bisogno fortemente insoddisfatto. In Italia nel 2017 sono stati stimati 13.000 nuovi casi di questa neoplasia. Ogni anno, a livello globale, 780.000 persone ricevono una diagnosi di tumore epatico, che in tutto il mondo rimane la seconda causa di morte associata al cancro.
“L’analisi esplorativa presentata sul Journal of Hepatology rispecchia il nostro impegno per trasformare la vita delle persone colpite dal cancro”, ha dichiarato Scott Fields, M.D., senior vice presidente di Bayer e responsabile dello Sviluppo oncologico nella Divisione Pharmaceuticals di Bayer.
“Bayer", prosegue Fields, "si è cimentata per la prima volta nella ricerca scientifica sul tumore epatico 20 anni fa, quando le opzioni terapeutiche a disposizione dei pazienti erano limitate, e ha proseguito questo percorso con serietà fino ad attestarsi come la prima azienda a offrire a pazienti e medici una sequenza di due trattamenti comprovati ed efficaci per il tumore epatico in stadio avanzato. Il nostro impegno per questa popolazione di pazienti non si fermerà e i risultati rivelano un’area interessante che merita ulteriori approfondimenti”.
Sorafenib è stato approvato nel 2007 nell’indicazione per il trattamento dell’HCC. Nei dieci anni successivi all’approvazione, uno dei bisogni insoddisfatti più importanti nel trattamento di questa patologia è stato lo sviluppo di prodotti che migliorassero gli esiti in seguito alla progressione della patologia durante il trattamento di prima linea. Numerose altre molecole hanno fallito nel dimostrare benefici in termini di sopravvivenza fino al 2017, quando regorafenib è stato approvato per il trattamento di seconda linea dei pazienti affetti da HCC trattati in prima linea con sorafenib.
Grazie a questa approvazione, i medici potranno disporre anche in Italia di un’opzione terapeutica per il trattamento dell’HCC, che prevede l’impiego di regorafenib subito dopo la progressione durante il trattamento con sorafenib. Attualmente regorafenib è approvato nell’Unione europea (UE) e in oltre 50 paesi del mondo, tra cui Stati Uniti, Cina e Giappone, per il trattamento di seconda linea dei pazienti affetti da HCC trattati in precedenza con sorafenib.