Milano
Beatrice Venezi: il talento è un'altra cosa
La giovane musicista lucchese in concerto al Dal Verme

Beatrice Venezi (Credito fotografico Daverio - Fondazione I Pomeriggi Musicali)
Beatrice Venezi: il talento è un'altra cosa
Il vostro cronista finora aveva visto Beatrice Venezi (trentatreenne direttrice/direttore d'orchestra in grande ascesa; la declinazione al maschile/femminile nasce dal fatto che lei vuole farsi chiamare “direttore” ritenendolo più autorevole di “direttrice”) solo in tv ed era stato particolarmente severo nel recensire lo spettacolo di Rai3 su Giacomo Puccini (ARTICOLI QUI e QUI) , scatenando accesi scontri tra opposte tifoserie. Finalmente ieri il vostro cronista ha avuto la possibilità di assistere per la prima volta dal vivo a una performance della musicista lucchese, le prove aperte del concerto di ieri sera (con replica domani sera) al Teatro Dal Verme di Milano con l'Orchestra I Pomeriggi Musicali. Tra l'altro seduto in prima fila centrale, due metri sotto il podio (biglietto acquistato, per questa occasione non ho chiesto l'accredito giornalistico), quindi a stretto contatto visivo degli strumentisti, in primis degli archi.
Bello il programma: la miracolosa sinfonia concertante di Mozart per violino e viola K 364; la Kammersymphonie n. 2 op. 28 di un Arnold Schönberg che a 66 anni sembra quasi pentito dell'atonalismo giovanile e intenzionato a tornare sui suoi passi; la gioiosa musica per balletto di Darius Milhaud “Le boeuf sur le toit” del 1920. In Mozart esemplare esecuzione dei due solisti, il violino Alessandro Milano e la viola Luca Ranieri, prime parti dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, che tante volte l'hanno eseguita insieme. Tale la sicurezza tecnica e la musicalità che gli orchestrali guardavano loro anziché la direttrice/direttore.
La democraticità di Venezi che accetta il suggerimento dello strumentista
Al termine di Mozart Venezi ha chiesto di riprovare alcune battute; a un certo punto il primo oboe ha alzato la mano e ha detto che a suo parere un certo passaggio avrebbe dovuto essere eseguito con una velocità diversa. Venezi si è detta d'accordo. Il vostro cronista per tutta la vita è vissuto con una certezza: che gli ultimi dittatori rimasti in una società moderna fossero i direttori di giornale e quelli d'orchestra. Ora, se un direttore d'orchestra si fa dettare l'agogica da uno strumentista, o è molto democratico o ha le idee poco chiare su quello che sta dirigendo. Ha scritto qualche mese fa il decano dei critici musicali italiani Angelo Foletto su “Repubblica” recensendo un concerto di Venezi: “Fare il direttore affidandosi all'orchestra è meno rischioso che impegnarsi a farlo.”
La Kammersymphonie di Schönberg andrebbe suonata in maniera cameristica; non conta che l'orchestra abbia un organico sinfonico, è una questione di approccio alla partitura. Musica tesa, tormentata, severa, richiederebbe una trasparenza che Venezi non ha trasmesso. Infine al balletto di Milhaud, che è pieno di vita e di ritmo, è mancata la luce brillante, tropicale che gli è tipica. Troppi piani sonori non adeguatamente amalgamati.
Venezi, una musicista normale. E assai sopravvalutata
Quale giudizio quindi su Beatrice Venezi? Che è una musicista del tutto “normale”, come ce ne sono decine di altre/i solo in Italia, assai sopravvalutata, con ampi margini di miglioramento considerata la giovane età. In entrambi i brani si sono visti pochi strumentisti alzare lo sguardo sopra il leggio in direzione del direttore/direttrice. Una caratura inferiore a quella media, eccellente, dei Pomeriggi Musicali, che solo da gennaio hanno avuto sul podio del Dal Verme Alexander Lonquich, Gianna Fratta (“direttrice”), Alessandro Bonato, Alessandro Cadario, James Feddeck, Diego Fasolis, Donato Renzetti.
Rispetto alle sue performance viste in tv, il gesto sembra essersi fatto più sobrio; per tutta la durata del concerto il gomito non è mai roteato sopra la spalla, né la coda bionda è stata chiamata ad accompagnare i movimenti di braccia e bacino. Segnali di un cambiamento del linguaggio del corpo che potrebbero accompagnarne uno estetico-stilistico? È troppo presto per dirlo, bisognerà vedere nel medio-lungo periodo.
La “normalità” del suo talento artistico certo contrasta con la visibilità mediatica e il gran numero di scritture che stanno riempiendo il suo carnet. Solo parlando del primo semestre 2025, da inizio anno a marzo ha diretto “Il ratto dal serraglio” a Trieste, il “Don Giovanni” a Catania, la sinfonia 14 di Shostakovic a L'Aquila; dopo Milano fino a giugno farà il “Trittico” di Puccini al Colon di Buenos Aires, il “Barbiere di Siviglia” a Nizza, “Le Villi” a Lucca e “La Favorite” a Cagliari. Certo, almeno per adesso non ci sono in programma Scala, Monaco di Baviera, Londra, Vienna, Berlino sul fronte operistico, né Lipsia, Dresda, Amsterdam in quello sinfonico; e la direzione di ieri al Dal Verme non dovrebbe far presagire tanto presto le chiamate più prestigiose. Ma mai dire mai per una direttrice/direttore della sua tenacia e combattività: i sovrintendenti cambiano e il clima politico/culturale non solo in Italia è solidamente virato verso l'area politica a cui Venezi dichiaratamente appartiene. Ma un conto è ottenere incarichi, un altro farsi guardare in faccia dagli orchestrali.
Articolo basato sulla prova aperta di mercoledì 3 aprile al Teatro Dal Verme di Milano
Credito fotografico Daverio, per gentile concessione Fondazione I Pomeriggi Musicali