Milano
La Procura di Milano contro le big tech: Google, Meta, Amazon e tutte le altre vittime illustri
Il "modello Milano" in un decennio ha consentito di recuperare svariati miliardi di euro facendo emergere i reati fiscali dei grandi colossi. Non solo le big tech, ma anche i brand del lusso e la logistica

La Procura di Milano contro le big tech: Google, Meta, Amazon e tutte le altre vittime illustri
La Procura di Milano ha permesso "negli ultimi 3 anni di recuperare risorse a beneficio della collettività per circa 2 miliardi di euro". Il procuratore Marcello Viola può aggiornare il conto rispetto a queste sue dichiarazioni di fine gennaio 2025 fa aggiungendo altri 326 milioni di euro. Ovvero la somma annunciata il 19 febbraio da Google come versamento complessivo a titolo di imposte, sanzioni ed interessi per definire ogni pendenza con il Fisco italiano. L'inchiesta era emersa a giugno e ipotizzava una presunta evasione fiscale da parte di Google stimata in poco meno di 900 milioni. Al centro server e servizi tecnologici basati in Italia, vendita di spazi pubblicitari e tasse non versate sui ricavi.
Un nuovo risultato per quello che il procuratore Viola ha celebrato come "Modello Milano", che prevede una attiva sinergia operativa nelle varie fasi di verifica fiscale, di successivo accertamento dei tributi e nelle correlate indagini penali" con la Guardia di Finanza, Agenzia delle Dogane e l'Agenzia delle Entrate. Già nel 2017 il colosso di Mountain View aveva risarcito il fisco italiano con 306 milioni andando a sanare pendenze tributarie relative ai quindici anni precedenti.
Tutte le big tech finite sotto i riflettori della Procura milanese
Ma sono diverse altre le big tech finite anche in tempi molto recenti nel mirino della Procura milanese.
Nel dicembre 2024, la Procura ha notificato infatti l’avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti dei rappresentanti legali di Meta Platforms Ireland Limited, la divisione irlandese della società che controlla Facebook. L’accusa riguarda una presunta frode fiscale, con l’omessa dichiarazione di oltre 3,9 miliardi di euro tra il 2015 e il 2021 e un'evasione dell’IVA per oltre 887 milioni di euro. Per la prima volta, un’indagine penale ha messo al centro il valore economico e fiscale dei dati piuttosto che la questione della privacy. L’inchiesta era stata inizialmente avviata dalla Procura europea, ma nel febbraio 2023 è stata trasferita a Milano per competenza. Al centro del dossier c’è l’IVA che, secondo gli inquirenti, Meta avrebbe dovuto versare per il modello di iscrizione gratuita degli utenti su Facebook e Instagram, visto come uno scambio di dati personali in cambio di servizi digitali gratuiti.
L’indagine ha analizzato il funzionamento del gruppo Meta e il suo utilizzo dei dati personali degli utenti. Secondo la Procura di Milano, Meta acquisisce e gestisce informazioni personali e interazioni sulle proprie piattaforme per fini commerciali, garantendo agli iscritti l’accesso gratuito ai suoi servizi digitali. Un rapporto che, secondo gli investigatori, rientrerebbe nella "cornice normativa dell’operazione permutativa", e quindi soggetto a regime IVA. La tesi secondo cui i servizi di Meta non sarebbero effettivamente gratuiti, ma "pagati" con i dati personali degli utenti, era già stata riconosciuta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, dal TAR del Lazio e dal Consiglio di Stato.
E' poi di metà febbraio 2025 fa la notizia di una indagine nei confronti di Amazon per 1 miliardo e 200 milioni di euro di contestata frode fiscale nelle vendite a distanza in Italia nel 2019, 2020 e 2021: somma che peraltro, calcolata dalla Guardia di finanza di Monza in una comunicazione formale consegnata ad Amazon il 23 dicembre alla fine di una verifica fiscale, lievita in concreto a 3 miliardi di euro tra sanzioni e interessi da ripagare al Fisco. Una cifra mostruosa. Ma non è solo per questo che l'inchiesta è stata accolta con grande interesse. L'indagine per "dichiarazione fraudolenta" addebitata in base all’articolo 3 della legge sui reati tributari n.74 del 2000 poggia infatti su una idea innovativa. Perché, anche grazie a una mastodontica analisi compiuta dalla Procura utilizzando la super potenza di calcolo di un elaboratore della Sogei, Società generale d’informatica spa del ministero dell’Economia, ritiene di mettere nel mirino l’algoritmo predittivo di Amazon: e in particolare la sua prospettata indifferenza agli obblighi tributari che pendono invece su chi, come Amazon, metta in vendita sul proprio market-place in Italia merce di venditori extraeuropei (in questo caso prevalentemente cinesi), senza però dichiararne l’identità e i relativi dati all’Agenzia delle Entrate ai fini del pagamento del 21% di Iva da parte del venditore extraeuropeo. Un impianto che, se dovesse mostrarsi solido, ha l’effetto di minacciare alle fondamenta il modello di business di Amazon.
A fine febbraio 2025 si apprende di un fronte aperto anche con Twitter-X: la Guardia di Finanza ha concluso nell’aprile 2024 una verifica fiscale sulla società oggi di proprietà di Elon Musk per un’evasione dell’Iva pari a 12,5 milioni di euro relativa agli anni fino al 2022. Contestualmente, il pm Giovanni Polizzi ha aperto un’inchiesta per evasione fiscale, con una contestazione analoga a quella che ha coinvolto Meta.
Capostipite del "modello Milano" fu, accanto alla prima inchiesta su Google, l'indagine su Apple che portò la Mela a fine 2015 a versare 318 milioni di euro all'Agenzia delle Entrate. L'accusa era omissione dei redditi per una cifra superiore agli 800 milioni tra il 2009 ed il 2014.
Procura di Milano: non solo big tech
Non solo big tech, ad ogni modo: la Procura di Milano ha messo sotto i riflettori altre realtà di primo piano, sempre per frode fiscale: l'inchiesta su Esselunga si è conclusa nell'agosto del 2024 con la catena di supermercati che ha riparato i danni arrecati stabilizzando 5.718 lavoratori, cambiando 65 appalti, saldando il proprio debito con l’Agenzia delle entrate, regolarizzando la propria posizione fiscale, accogliendo le contestazioni dell’Inps per 20 milioni di euro e investendone altri 50 milioni per sistemare le falle emerse durante l’inchiesta. Che tocca il ricco filone di reati o irregolarità fiscali legati a somministazione illecita di manodopera. Dhl, Despar, Geodis, Brt, Gxo sono solo alcuni dei nomi coinvolti in questi ultimi anni dall'attività della Procura milanese.
Ma l'elenco delle vittime illustri è molto più lungo e comprende anche banche svizzere come Credit Suisse e Ubs, Kering, Mediolanum, Prada, Armani, la famiglia Riva. Il "modello Milano", nato dall'intuizione dell'allora procuratore Francesco Greco, è rodato da anni. Già nel 2019 si calcolava che la Procura milanese avesse consentito di recuperare 5,6 miliardi di evasione fiscale.