Politica
Von der Leyen rischia il flop in Aula. Meloni lo sa. Inside
Affaritaliani.it spiega la strategia della leader di FdI
Ue, von der Leyen rischia il flop in Aula
Buona la prima. È questa l’aria che si respira nell’inner circle meloniano tra Roma e Bruxelles, dopo la lunga serata delle nomine europee. Una serata iniziata con numerose dichiarazioni di apprezzamento verso Giorgia Meloni da parte di tanti leader Ue: “Non ci può essere accordo senza l’Italia”. Alla fine invece c’è stato, ma per scelta della premier italiana, che non poteva - lo si era capito da giorni - avallare un pacchetto di nomine scaturite da “caminetti” da cui era esclusa, senza uno straccio di garanzia né sul ruolo dell’Italia nel futuro esecutivo comunitario né su quello spostamento a destra delle politiche Ue invocato da Meloni e legittimato dal voto europeo.
Ora Giorgia sa che dovrà affrontare nei prossimi giorni gli attacchi della sinistra sul suo presunto “isolamento” nelle trattative europee. Lo ha sempre messo in conto e non appare preoccupata, forte dei precedenti (nemmeno nel 2014 e nel 2019 ci fu unanimità in Consiglio sulle nomine) e delle dichiarazioni benevole di leader come Mark Rutte che le hanno riconosciuto comunque l’approccio lineare e costruttivo. Astenendosi su von der Leyen e bocciando Antonio Costa e Kaja Kallas, Meloni è in effetti stata l’unica leader tra i 27 a non votare a favore di nessuno dei tre candidati per i “top jobs”. Eppure può rivendicare agevolmente di aver mantenuto la posizione espressa in Parlamento e nel precedente Consiglio europeo informale, in nome di quella “coerenza” a cui da sempre la leader di FdI è particolarmente affezionata.
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Allo stesso tempo si è coperta sul fronte destro, sia in Italia che in Europa, dalle critiche di chi le imputava una eccessiva vicinanza al mainstream turbo-europeista ritenendola già pronta a sostenere il bis di Ursula in ogni sede. Lo ha fatto però non sbattendo la porta in faccia a von der Leyen, sia per il solido rapporto personale tra le due, sia perché Forza Italia non avrebbe digerito un no di Meloni alla popolare tedesca, sia perché con Ursula ora si apre la vera partita: quella per il ruolo e il portafoglio del futuro commissario italiano (con Raffaele Fitto sempre in pole). E nel passaggio in aula a Strasburgo, tra tensioni interne al blocco popolari-socialisti-liberali e franchi tiratori già pronti ad affossare Ursula, Meloni sa di poter far pesare i 24 voti dei suoi eurodeputati (e forse qualcuno in più).
Forti della posizione assunta ieri da Giorgia a Bruxelles, ora i meloniani puntano a chiudere più agevolmente anche la partita interna al gruppo Ecr (il gruppo dei Conservatori Ue) con i loro bizzosi alleati polacchi del PiS: “Il nuovo gruppo con Orbán stenta a decollare, Identità e democrazia rischia di essere una collocazione ambigua in vista delle prossime presidenziali. La narrazione della Meloni filo-Ursula dopo ieri non regge più. Non hanno altra scelta che rimanere, alle nostre condizioni”. È quanto filtra dai maggiorenti FdI... E c’è chi si spinge a dire che, se invece dovessero decidere di andarsene comunque, questo potrebbe sì costare all’ECR il terzo gradino del podio ma alla fine renderebbe la navigazione di Giorgia Meloni più leggera. La partita a scacchi continua.