Politica

Altro che "madre di tutte le riforme": il premierato è già finito in soffitta

di Mauro Indelicato

La discussione in aula sul premierato non inizierà prima del 2025. Ma all'interno della stessa maggioranza nessuno pare avere fretta. Men che meno Forza Italia, sempre più distaccata da Giorgia Meloni...

Altro che "madre di tutte le riforme": il premierato è già finito in soffitta

La “madre di tutte le riforme”, come ribattezzata dal presidente del consiglio Giorgia Meloni nei mesi scorsi, al momento è destinata a rimanere dentro gli impolverati cassetti parlamentari. Il premierato infatti, non sembra in cima alle preoccupazioni dei deputati. Il testo contenente il nuovo assetto costituzionale, approvato in Senato a giugno, non verrà discusso in aula entro l'avvento del nuovo anno. Raffreddando di fatto le aspettative di chi, per la verità in pochi, sperano nell'approvazione della riforma.

Premierato, problemi di tempo in aula?

In realtà l'iter alla Camera è iniziato e ad annunciarlo nei giorni scorsi è stata Maria Alberta Elisabetta Casellati, ex presidente del Senato ma soprattutto attuale ministro delle Riforme. È lei, esponente di Forza Italia della prima ora e giunta alla sua settima legislatura, a seguire il percorso della riforma. Ed è sempre lei a partecipare in modo attivo, in rappresentanza del governo, alle audizioni a Montecitorio, ossia al primo stadio previsto dall'iter per la discussione del testo.

Ma al netto delle audizioni, nel calendario dei lavori in aula non c'è traccia della riforma. Un elemento che conferma le indiscrezioni, trapelate sia su Repubblica che sul Messaggero, secondo cui non si parlerà di premierato almeno fino al 2025. La priorità al momento dovrebbe essere data, come del resto accade sempre nel pieno della sessione di bilancio, alle manovre finanziarie.

Manovre che quest'anno avranno un peso politico maggiore, considerando lo stato di salute alquanto deteriorato delle nostre finanze e la ricerca di nuove fonti di introiti per riuscire a far quadrare i conti. Governo e commissioni saranno quindi proiettati sui bilanci, nei pochi ritagli di calendario ancora liberi troveranno spazio alcuni provvedimenti da convertire in legge e altri dossier che aspettano da tempo di essere discussi. Il premierato, in poche parole, può aspettare.

Ma i veri problemi sul premierato sono politici

Il punto però è proprio questo. Se davvero si è davanti a una riforma definita come fondamentale e su cui la maggioranza vuole puntare, al netto anche della sessione di bilancio ci sarebbero pressioni per velocizzare l'iter. Ed è qui che il problema da tecnico diventa marcatamente politico. Viene in mente una dichiarazione, rilasciata nei mesi scorsi, del politologo Lorenzo Castellani sul fatto che, in fondo, nemmeno Giorgia Meloni ha idea di basare tutti i suoi sforzi sul premierato.

In poche parole, il nuovo assetto istituzionale non rappresenta realmente la madre di tutte le riforme. Del resto, se fosse approvato, il premierato andrebbe a riscrivere del tutto gli attuali equilibri costituzionali: il presidente del consiglio sarebbe eletto direttamente, non riceverebbe quindi più l'incarico dal presidente della Repubblica e sarebbe ancorato a una maggioranza parlamentare in grado di ottenere almeno il 55% dei deputati grazie al premio.

Si tratterebbe cioè di una nuova forma di governo, con la figura del capo dell'esecutivo che ne uscirebbe rafforzata e con gli assetti voluti dalla costituzione del 1948 profondamente modificati. Chi vuole portare avanti questa riforma, in linea di massima è tenuto anche a promuoverla e a presentarla come prioritaria. Se nessuno ha fretta, forse allora è perché a livello politico sono in pochi a crederci.

Le fibrillazioni dentro la maggioranza e i silenzi di Forza Italia

La freddezza interna alle forze politiche non sorprende. L'opposizione, molto semplicemente, di premierato non vuole sentir parlare e accusa la coalizione di governo di voler rallentare l'iter per poter nascondere il proprio fallimento: “Il centrodestra si è reso conto di aver creato un pasticcio costituzionale – dichiara la dem Simona Bonafè – e ora vogliono rallentare”.

La prudenza della maggioranza può essere rintracciata nella genesi stessa della riforma. In realtà infatti, Meloni nella campagna elettorale ha sempre parlato di elezione diretta del Presidente della Repubblica e, storicamente, la destra ha sempre puntato sul presidenzialismo. Il premierato quindi altro non è stato un compromesso con le forze moderate, Forza Italia in primis, in cui è stato inserito un presidenzialismo de facto all'interno di un sistema che, solo de jure, rimarrebbe parlamentare.

Ma forse oggi anche quel compromesso sta vacillando. In primo luogo perché occorre trovare la quadra su altre norme “collaterali”, a partire dalla legge elettorale. E, in secondo luogo, perché al momento dentro la maggioranza di fibrillazioni non ne mancano. Forza Italia, partito che in teoria dovrebbe difendere a spada tratta la riforma vista la firma apposta da Casellati, sembra quello più silente.

Circostanza che rimanda agli attuali equilibri del centrodestra su altri dossier. Gli azzurri di Tajani infatti appaiono più distaccati per adesso da Giorgia Meloni e dalla Lega, lo si nota sul tema dei diritti civili (vedere ad esempio la proposta sullo Ius Scolae) e dall'altra riforma chiave, quella sull'autonomia differenziata, apertamente osteggiata da alcuni governatori di Forza Italia. Il premierato dunque, potrebbe anch'esso rappresentare uno specchio degli attuali equilibri, a dir vero non così solidi, di maggioranza.