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Politica
Premierato, la riforma che non salva il Parlamento dalla sua perenne crisi
Il Senato ha dato il via libera all’Autonomia differenziata. La riforma dovrà essere approvata dalla Camera a maggioranza assoluta.

Un nuovo approccio al premierato. Il commento 

Un articolo del filosofo politico Carlo Galli pubblicato sulla Stampa di ieri (Martedì 18 Giugno) offre alcuni spunti per confezionare un resoconto più accessibile della nuova legge sul premierato e dei problemi che essa pone. A dire la verità, problemi dovrebbe risolverne, non porne. Ma la materia è complessa, e ricordo che il sociologo Francesco Alberoni, uno dei cui corsi frequentai in Cattolica, un giorno osservò che molta gente pensava che i problemi complessi richiedessero inevitabilmente soluzioni complesse. Ma di queste tutti erano capaci, disse: la vera sfida è di trovare loro soluzioni semplici.

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Con questo criterio la legge proposta dal governo avrebbe un buon punteggio. Ma prima bisognerebbe sapere qual è il problema che la legge vuole risolvere. E qui si apre, ahimé, un problema nel problema. Nominalmente, la nuova legge servirebbe a contenere un notorio difetto del nostro sistema di governo, la fragilità e temporaneità dei governi. Non c’è dubbio che l’instabilità con conseguente scarsa durata dei governi rende quasi impossibile…governare, perché impedisce di affrontare i problemi del futuro confinando l’azione governativa al piccolo cabotaggio. Però l’instabilità è almeno in parte un ricordo del passato: quanto meno con la “seconda repubblica” è stata molto contenuta.

Il premierato di Meloni è l’eutanasia del Parlamento”, è il titolo dell’articolo di Carlo Galli. E perché? Perché esso “configura un sistema rigido e fragile.” “Rigido” perché di fronte a una crisi il (o la) premier ha sì l’iniziativa (che ora è del Presidente della Repubblica) ma ha una sola opzione, sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni. Il Presidente della Repubblica ha un mandato molto più ampio, quello di cercare se esista in Parlamento un’altra possibile maggioranza; “fragile” perché darebbe la possibilità “a un piccolo partito di maggioranza di tenere sotto scacco il governo”, un dei mali di cui ci si voleva liberare! Questa parrebbe l’eutanasia del governo non del Parlamento. Resta da spiegare perché secondo l’esimio Galli la nuova legge promuoverebbe quella del Parlamento. In effetti si potrebbe rovesciare questa affermazione dicendo che l’(auto-)eutanasia del Parlamento, già in atto, avrebbe come sua naturale prosecuzione la legge del premierato. Galli concorderebbe: dopo tutto il titolo non se lo è scelto lui e alcuni titoli riescono a sintetizzare il loro articolo meglio di altri.

Dice Galli, e credo si possa concordare: “Di fronte a un Parlamento in crisi da anni, la destra invece di curarlo, attraverso il cancellierato, fa un atto di eutanasia. Che vuol essere l’atto di nascita di una Repubblica plebiscitaria, non parlamentare.” Spieghiamo: il provvedimento principale della nuova legge è che al posto dei Presidente del Consiglio nominato dal Presidente della Repubblica dopo aver esplorato le tendenze prevalenti in Parlamento, vi sarebbe un Premier eletto dal popolo.

Questo sarebbe il plebiscito di cui parla Galli. Il cancellierato, che Galli preferisce al premierato, se ne differenzia perché senza mutare la forma parlamentare dello Stato, rafforza il governo rispetto al Parlamento, e indirettamente rispetto ai partiti, con l’istituto della sfiducia costruttiva: il Parlamento può votare la sfiducia al governo in carica solo se esiste ed è pronta una nuova maggioranza. Ora un’obiezione che si può fare alla legge del premierato è che se il suo scopo è, come i suoi proponenti affermano, di rafforzare il governo rispetto al Parlamento, una soluzione ben sperimentata (in Germania) e che non altera la forma parlamentare dello Stato è il cancellierato, non il premierato.

Ahimè, come dice Galli il vero scopo della legge è di cambiare la forma parlamentare dello Stato, per passare a un regime che non contempla “la politica come mediazione processuale, ma come scontro tra fazioni, tra coalizioni che non riescono a parlarsi.” Ma non è evidente che il cancellierato funga da “cura” della crisi del Parlamento, mentre è questo il vero male da cui è affetto il nostro Stato. In cosa consiste la crisi del Parlamento? Quali sono le sue cause? Come è connessa all’altra crisi, quella dei partiti? In che misura il governo è esso stesso vittima della crisi del parlamento? In definitiva, perché la nostra democrazia funziona così poco e male? Questi sono i problemi giacenti sotto il tappeto e che con la legge sul premierato vi resterebbero. Forse non è il tipo di semplificazione che intendeva Alberoni. Cosa direbbe Alberoni di questo articolo? Spero almeno di non aver trattato in modo confuso una materia confusa. Della crisi del Parlamento mi occuperò in un prossimo articolo.






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