Politica
Armi all'Ucraina, governo e partiti divisi. Chi sta con chi. Nomi e mappa
I dubbi non agitano solamente il M5S: ci sono divergenze anche nel Pd, nella Lega e in Forza Italia
La questione dell'invio di nuove armi a Kiev agita il governo e preoccupa Draghi
Non c'è solo Conte. Non ci sono solo i 5 Stelle. Il distinguo pentastellato, emerso ieri con una lunga nota del Movimento fondato da Beppe Grillo, sull'invio di nuove armi all'Ucraina non è affatto isolato. L'ex premier ha parlato di contrarietà all'invio di armamenti offensivi e pesanti, dicendo invece d'accordo a mandare a Kiev armi difensive e leggere. Ma la differenza vera, chiacchierando con diversi parlamentari della maggioranza che sostiene il governo Draghi, è soprattutto sull'utilizzo di queste armi. Ovvero se l'esercito ucraino le utilizzerà per difendersi dall'invasione russa sul proprio territorio o, al contrario, per attaccare città e villaggi, o depositi di armi, nel territorio della Federazione Russa.
L'obiettivo dell'Italia, spiegano tanto dal Pd quando dal Centrodestra di governo, è quello di sostenere Zelensky anche militarmente, per far finire la guerra e arrivare almeno a un cessate il fuoco. Ma non per attaccare la Russia e infliggere così un colpo anche militare a Mosca e al regime di Vladimir Putin. E qui si vede chiaramente la differenza con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. Londra e Washington dichiarano ormai apertamente che Kiev ha tutto il diritto di colpire la Russia con le armi mandate dall'Occidente (affermazioni che hanno portato il Cremlino a minacciare rappresaglie e ritorsioni contro i Paesi della Nato).
Ma è proprio questo il punto che preoccupa la politica italiana: aiutare Zelensky senza provare un'ulteriore escalation militare. Di conseguenza, è sicura che l'Italia non invierà missili balistici, ovvero a medio-lungo raggio, mentre il dibattito è in corso sui carri armati, che la riluttante Germania alla fine ha deciso di mandare a Kiev. Il problema, però, come sanno perfettamente in Parlamento e a Palazzo Chigi è che una volta consegnate le armi all'Ucraina nessuno può sapere come l'esercito di Zelensky le utilizzerà, cioè se solo per difendersi o anche per attaccare in territorio russo.
E' da qui che, oltre ai distinguo ufficiali del Movimento 5 Stelle, uscito allo scoperto con le parole di Conte e con un comunicato dettagliato, serpeggiano dubbi tanto nel Partito Democratico quanto in Forza Italia e, ovviamente, anche nella Lega, soprattutto in quella parte meno filo-americana (non Giancarlo Giorgetti quindi) che fa capo all'ex ministro e vicesegretario Lorenzo Fontana. Ma anche il Pd non è coese. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini è un fedelissimo della Nato e degli Usa, mentre la sinistra di Andrea Orlando (c'è anche la posizione pacifista, ma isolata, dell'ex presidente della Camera Laura Boldrini) e anche una parte di Base Riformista e di Area Dem (Dario Franceschini) nutre dubbi proprio sull'utilizzo da parte di Kiev degli armamenti provenienti dall'Italia.
In Forza Italia convivono una linea assolutamente filo-americana e una più legata all'Europa che non vuole rompere completamente con Mosca. Non a caso stamattina su RaiNews24 Antonio Tajani ha dichiarato la sua contrarietà all'invio all'Ucraina di armi pesanti, affermando che "è Conte che la pensa come noi (e non viceversa)". Attenzione poi al M5S perché non va dimenticato che, analogamente a quanto accade nella Lega con Giorgetti, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha una posizione nettamente pro-Nato e atlantista e non esattamente in linea con quella ufficiale spiegata ieri da Conte. Insomma, un bel rebus per Draghi, tra distinguo ufficiali e dubbi ufficiosi.
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