Politica
Cassa integrazione? La prendono anche i partiti politici

di Piero Righetti
La legge n. 223 del 23 luglio 1991 ha stabilito che le aziende che intendono licenziare o ridurre l'orario di lavoro di tutti o di una parte dei propri dipendenti - collocandoli in mobilità, in cassa integrazione straordinaria o in solidarietà - devono seguire una particolare procedura che prevede, tra l'altro, l'obbligo di tenere al Ministero del lavoro un'apposita riunione con i sindacati per valutare in via definitiva se esiste, o meno, la possibilità di trovare un accordo per evitare almeno in parte i licenziamenti o limitare le riduzioni di orario.
E poiché queste disposizioni non sono state modificate, da nessuno degli otto decreti legislativi che costituiscono il Jobs act, lunedì 5 ottobre u.s. si è svolta presso il Ministero del Lavoro un'apposita riunione nel corso della quale il P.D.L. ha confermato ai rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil, appositamente convocati, la necessità di disporre il licenziamento di 31 dipendenti in servizio presso le proprie sedi di Roma, Milano e Catanzaro.
La possibilità per i partiti politici di fare ricorso, in alternativa al licenziamento, alla Cigs e ai contratti di solidarietà è stata stabilita dal D.L. n. 149/2013, convertito nella legge n. 13/2014, con cui è stato abolito il cosiddetto "finanziamento pubblico diretto" dei partiti politici, definiti "associazioni costituite per concorrere con metodo democratico a determinare le politiche nazionali".
L'art. 16 del D.L. ha infatti esteso "a decorrere dal 1° gennaio 2014 ai partiti e ai movimenti politici iscritti in un (apposito) registro nazionale le disposizioni in materia di CIGS e di contratti di solidarietà". Le relative istruzioni sono state diramate dall'Inps con la circolare n. 87/2014 e con il successivo messaggio n. 5865 del 23 settembre u.s., con il quale ultimo l'Istituto previdenziale ha chiarito che le disposizioni di Cigs e di solidarietà non sono peraltro applicabili, per mancanza dei necessari requisiti, né ai dipendenti dei Gruppi parlamentari costituiti presso Camera e Senato né a quelli dei similari Gruppi costituiti presso i Consigli regionali.
Per far fronte ai conseguenti oneri di spesa partiti e movimenti politici devono versare all'Inps, per i propri dipendenti, la specifica contribuzione previdenziale stabilita per poter fare ricorso alla cassa integrazione. Inoltre, non essendo tale contribuzione assolutamente sufficiente per far fronte ai costi, è stata autorizzata, con lo stesso provvedimento di legge, la spesa a carico del Bilancio dello Stato di 15 milioni di euro per il 2014; di 8,5 milioni di euro per il 2015 e di 11,25 milioni annui a decorrere dal 2016. Aggiungo che mentre non tutte le imprese possono ricorrere alla Cigs e alla solidarietà, ma soltanto quelle che hanno un numero di dipendenti non inferiore a quello indicato dalla legge, variabile da settore a settore produttivo ma comunque, di regola, non minore di 15 unità, nessun limite di organico è stato invece stabilito (per essere più esatti "autostabilito") per i partiti e per i movimenti politici, che possono quindi fruire di Cigs e solidarietà qualsiasi sia il numero dei propri dipendenti.
E questa disparità di trattamento mi sembra davvero di difficile comprensione e giustificazione soprattutto in una organizzazione produttiva ed economica come quella italiana, articolata su migliaia e migliaia di microimprese che proprio per le loro ridotte dimensioni sono e sono state le più esposte alla grave crisi finanziaria che ha caratterizzato gli ultimi anni.