Politica
Cgil, successo di Meloni: c’è chi dice che le ha fruttato fino a 200mila voti
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L'impatto potenziale dell'intervento di Meloni al congresso della Cgil
A cura di Alessandro Amadori, politologo e sondaggista
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Il fatto che Giorgia Meloni, presidente del Consiglio ma anche leader di un partito dichiaratamente di destra come Fratelli d’Italia, abbia tenuto un discorso sul palco del congresso nazionale della CGIL, grande e storico sindacato “di sinistra”, è di per sé un evento rimarchevole. Proprio per questo, ci possiamo porre la seguente domanda: al di là della “storicità” dell’evento, che conseguenze ne possono derivare, sul piano politologico?
La prima considerazione da fare è che, nel complesso, Giorgia Meloni ha performato molto bene davanti a un pubblico che, di partenza, non era certo “amico” (per comprensibili motivi di reciproco posizionamento politico). L’essere riuscita a strappare ai delegati persino un applauso finale, non solo di cortesia, è appunto la dimostrazione che la performance di Giorgia Meloni è stata sicuramente positiva. Per una serie di fattori.
Perché ha ricordato un giuslavorista di valore come Marco Biagi e perché si è dichiarata più volte d’accordo con il segretario Maurizio Landini. Perché ha voluto parlare di contenuti concreti come le questioni del reddito di cittadinanza e del salario minimo. Perché ha valorizzato il ruolo dei sindacati, dando particolare rilievo all’istituto della contrattazione. Perché ha saputo usare bene alcuni strumenti retorici, come ad esempio l’ironia, per coinvolgere un pubblico che era partito con un atteggiamento di distanza e di freddezza.