Di Pietro, bufera sull'ex pm, Elio Veltri attacca
"Con Di Pietro troppi mediocri e furbetti"
Elio Veltri, giornalista e, per qualche anno, anche politico, diede vita, con Giulietto Chiesa e Achille Occhetto, alla 'Lista Di Pietro Occhetto'. Sciolta quella la lista, la sua attività politica proseguì, su iniziativa di Giulietto Chiesa, eletto al Parlamento Europeo, con i «Riformatori». Tra questi e il partito Italia dei Valori fu stretto un patto teso ad assicurare ad entrambe le componenti una rappresentanza al Parlamento Ue. Dopo le elezioni del 2004, però, i rimborsi elettorali andarono a un soggetto ristretto di tre soli soci: Di Pietro, Susanna Mazzoleni e Silvana Mura. Ciò, nonostante la Camera avesse scritto che «soggetto creditore» era la Lista. Ora un giudice ha riconosciuto le ragioni dei fedelissimi di Occhetto.
Veltri commenta la notizia con il quotidiano Il Tempo: "Già nel 2012 vi fu un decreto della Cassazione che sottraeva alla autodichia della Camera tali tipi di questioni, aprendo scenari nuovi. Le difficoltà, gli ostacoli e i 'muri di gomma' sono stati di tutti i tipi. Sicuramente Antonio Di Pietro si opporrà a questa sentenza, ma i fatti stanno trovando varie conferme". Quello del Tribunale «è un decreto di ingiunzione molto importante e qualificato, che segna un punto forte nella tutela dei diritti politici. Ed è forte perché emesso sulla base di tutte le precedenti pronunce e delle stesse difese di Di Pietro. Un soggetto ristretto a tre non è affatto un partito, può essere una società irregolare di persone. Ed è tenuta a restituire tutto. Che esista lo hanno confermato varie pronunce, anche della Cassazione".
L’avvocato Francesco Paola, che ha seguito il ricorso presentato da Achille Occhetto e Giulietto Chiesa, chiederà i danni anche alla Camera dei deputati per aver erogato i rimborsi indebitamente. "E ha ragione", afferma Veltri. "La Camera porta la maggiore responsabilità. Per anni non ha verificato a chi stava assegnando il finanziamento pubblico. Le sue responsabilità, quale ente pagatore dei fondi, sia chiaro, non quale organo costituzionale, sono gravissime. Non solo hanno consentito indebite e gigantesche percezioni di fondi, ma, quello che più importa, hanno alterato il formarsi dei soggetti rappresentati in Parlamento. Il Presidente della Repubblica dovrebbe far sentire la sua voce a tutela dei diritti essenziali calpestati da tali prassi".
Giulietto Chiesa ha raccontato di quando Antonio Di Pietro negò alla vostra formazione politica la concessione di parte dei rimborsi, sbattendogli in faccia il fatto che avevate firmato una delega che riconosceva solo a lui il diritto di incassare il finanziamento. "È vero, è così. Ma avevamo firmato sulla fiducia. Io, nel 2004, quando commisi l’errore di candidarmi, nemmeno ero al corrente dell’esistenza dell’associazione. L’ho saputo solo nel 2005 e ci rimasi malissimo. Di Pietro, che è un ex magistrato, sa benissimo che questi tentativi surrettizi di farsi firmare dei documenti che egli solo reputa di cessioni dei fondi, per giunta da parte dei candidati, sono non solo irrilevanti ma gravissimi e vietati dalla legge".
Perché le strade di Veltri e di Di Pietro si sono divise? "Sono uscito dall’Italia dei valori nel 2001. Per anni ho difeso Di Pietro contro il mondo intero, soprattutto nei momenti per lui più drammatici. Me ne andai perché non mi piaceva più come veniva gestito il movimento. Arrivavano persone mediocri e anche molti furbetti. E ciò contraddiceva tutte le nostre battaglie. Non potevo far altro che andare via".