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Don Claudio Borghi concede l’oratorio per il Ramadan e tira dentro...

Di Giuseppe Vatinno

La Lega lo attacca tramite Alessandro Corbetta, capogruppo in Regione Lombardia. Interviene il quotidiano della Cei Avvenire, segno che...

Don Claudio Borghi concede l’oratorio per il Ramadan e tira dentro i “superiori”, cioè il vescovo

È vero che siamo in clima pasquale ed è vero che Papa Francesco è ecumenico ma quanto accaduto all’oratorio di Renate a Monza, in Brianza, sembra una ennesima provocazione. Il caso è stato fatto notare dal capogruppo della Lega in Regione Lombardia, Alessandro Corbetta. Don Claudio Borghi, ha concesso il locale oratorio alla comunità islamica per la celebrazione della fine del Ramadan.

Corbetta attacca: «È opportuno che un centro come l’oratorio, legato alla parrocchia, alla Chiesa Cattolica, diventi punto di celebrazioni di riti di altre religioni come il Ramadan? Sarebbe come celebrare la Pasqua in una Moschea».

Il prete ha risposto: “È una tempesta in un bicchiere d’acqua”. E poi spiega: “Mi risulta che gli organizzatori si siano rivolti alle due amministrazioni comunali di Renate e Veduggio per poter disporre di uno spazio adeguato. Veduggio avrebbe risposto che il regolamento comunale dispone di poter fruire degli spazi solo per eventi sportivi. Simile la risposta di Renate, dove però a quanto sembra qualcuno avrebbe consigliato di rivolgersi all’oratorio. Del resto il nostro oratorio è aperto a tutti: volontariato cattolico in primis, pro loco, protezione civile solo per citarne alcuni. A fronte dell’assenza di spazi comunali ho quindi concesso ai responsabili di “La Pace” di poter organizzare questa festa”.

Interviene il quotidiano della Cei Avvenire, segno che la faccenda è arrivata in alto, in Vaticano

Borghi risponde in prima persona ma non è un ingenuo e quando la vicenda deflagra, grazie alle critiche della Lega, prontamente dice di aver comunque avvisato i suoi “superiori diocesani” (come riporta un articolo su Avvenire) e qui la faccenda allora si complica ulteriormente e non resta più confinata al solito “prete ecumenico”.

Il superiore diocesano è il vescovo che dovrebbe spiegare la bizzarra iniziativa e Avvenire, che è il giornale della Cei, cioè dei vescovi italiani, prontamente interviene, segno che la cosa è giunta in alto, in Vaticano. Per carità, non si tratta certo di un crimine, però è strana questa vicenda in un periodo peraltro di grande tensione con l’Islam.

E resta il fatto che la reciprocità non è certo assicurata, anzi. Vorremmo proprio vedere cosa accadrebbe se una comunità cristiana e nello specifico cattolica, ad esempio copta in Egitto chiedesse di festeggiare la Pasqua ad un Imam locale. Immaginiamo che ci sarebbero delle ripercussioni anche non molto gradevoli sulla incolumità fisica della stessa.

In Italia invece la libertà di culto è sancita costituzionalmente dall’articolo 19, segno di civiltà indubbiamente. Ma non è sancita la collaborazione. E in un periodo di grande confusione pastorale, come è l’attuale, forse è meglio che ciascuno pratichi il proprio culto nei propri templi, ringraziando della opportunità –non reciproca- concessa dalle leggi del nostro Paese.