Politica
Fca-Repubblica, il M5S in campo: "A luglio il conflitto di interessi"
Intervista di Affaritaliani.it a Davide Crippa, capogruppo dei 5 Stelle alla Camera dei Deputati
Alla vigilia della partita decisiva che si giocherà domani al Senato con la discussione e il voto sulle mozioni di sfiducia (quella del centrodestra e quella di Emma Bonino) al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, parla ad Affaritaliani.it il capogruppo del Movimento Cinque Stelle alla Camera, Davide Crippa. Il messaggio a Matteo Renzi è netto: “Se l’intenzione è quella di uscire dalla maggioranza, lo strumento della mozione non è certo quello giusto”. Ma Crippa affronta anche le questioni del prestito richiesto da Fca e del gruppo Repubblica-La Stampa di proprietà della famiglia Agnelli: “Una legge sul conflitto d’interessi non è più rinviabile. Ho chiesto la calendarizzazione a luglio della nostra proposta di legge”.
Presidente, la mozione presentata da Emma Bonino sembra solleticare molto l’interesse di Renzi. E i voti di Italia viva nella Camera alta sono decisivi. Siete preoccupati?
Noi non accettiamo questo tentativo di sfiduciare l’azione dell’esecutivo perché è di questo che si tratta. Bonafede, infatti, è il rappresentate del Movimento nella delegazione al governo. Se si vuole uscire dalla maggioranza, quindi, lo si deve fare in modo diverso. Senza contare che non ci sono le condizioni oggettive che possano supportare una mozione di sfiducia dal momento che il ministro è sempre stato in prima linea nella lotta alla corruzione e alla criminalità.
Se Renzi decidessi di votarla, il rischio è che si apra una crisi di governo. In tal caso, il M5s come si porrebbe di fronte all’ipotesi di un governissimo?
Renzi deve decidere se votare o meno la sfiducia, deve dire, assumendosene la responsabilità, che non accetta di rimanere più, in piena pandemia e con una manovra da 55 miliardi da approvare, all’interno della maggioranza di governo. Una maggioranza che in prima persona ha sostenuto con il voto di fiducia. Ma non credo che Italia Viva arriverà a questo.
Sull’ipotesi di un governissimo non mi dice niente?
Un governissimo? E’ una ipotesi lontanissima perché il perimetro di questo governo è ben definito e lo è stato sin dall’inizio.
Che idea si è fatto del comportamento in maggioranza del leader di Italia Viva?
Non darei un peso esagerato alle azioni di Renzi. In fondo sono comportamenti che ha spesso tenuto in questo governo. Per carità, è giustissimo fare proposte e portare avanti battaglie ma se tutti i giorni c’è una rivendicazione, allora nasce il sospetto che ogni atto sia solo pretestuoso.
Sta creando un acceso dibattito in queste ore la richiesta da parte del gruppo Fca allo Stato di un prestito da 6,3 miliardi di euro. E’ giusto un sostegno da parte del governo?
Oggi da tale richiesta possono derivare benefici allo Stato, ma a patto che ci siano paletti ben chiari. La domanda, poi, è stata presentata da Fca Italia e riguarda investimenti nei nostri confini. Stiamo parlando di 10 mila imprese dell’indotto e di 300 mila posti lavoro.
Quindi, è d’accordo?
Solo se sarà assicurato un piano industriale collegato alla richiesta di risorse, se ci sarà la garanzia che questo piano verrà mantenuto nel tempo e contemplerà investimenti, in un’ottica di sviluppo della mobilità sostenibile.
La famiglia Agnelli è ora proprietaria del gruppo editoriale Repubblica-La Stampa. Il M5s ha da sempre accusato Berlusconi di conflitto d’interessi. Ne intravede uno anche in questo caso?
Il tema del conflitto d’interessi lo sento molto. A tal punto che ho appena chiesto la calendarizzazione a luglio della nostra proposta di legge sul tema. In modo che si possa accelerare e arrivare in tempi rapidi ad un testo unitario. Per il M5S, infatti, la questione conflitto d’interessi non è più rinviabile.
Intanto la fase due è partita. Rimane la prudenza, ma il premier Conte si è scostato dalla linea di cautela sostenuta dal comitato tecnico scientifico.
In questa fase due devono essere fatte scelte di natura politica. Il supporto tecnico scientifico rimane fondamentale. Venendo dal Piemonte, che è la seconda regione più colpita dal Covid-19, non posso che definire di assoluto buon senso le riaperture graduali, con paletti e regole chiare. Deve passare il concetto che non siamo di fronte a un “liberi tutti”. Non possiamo rischiare ricadute. Ecco perché credo ci stiamo muovendo con la giusta dose di prudenza. Non dimentichiamo che la Francia, per esempio, ha dovuto richiudere molte scuole.
Il decreto Rilancio ancora non è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale. Dopo la lunga trattativa tra gli alleati al governo, ora si rischia il Vietnam nelle Camere per la pioggia di emendamenti, visto il tesoretto ad hoc per le modifiche in Parlamento. E’ un timore fondato?
Avremmo auspicato tempi più rapidi, ma parliamo di un provvedimento senza precedenti. Ormai ci siamo, il decreto potrebbe essere pubblicato in Gazzetta tra stasera e domani. Sui tempi dico solo una cosa: si tratta di un testo complesso, ben 260 articoli. Quanto al Parlamento, giustamente, si trasferisce nelle Aule la responsabilità di interventi per migliorarlo.
Quali sono secondo il M5s le priorità su cui puntare?
In momenti di crisi come quello che stiamo vivendo è fondamentale fare scelte d’indirizzo nella direzione della transizione energetica e del rilancio industriale. La sostenibilità ambientale e l’autoproduzione energetica sono prioritari, insieme agli investimenti sulla scuola. Occorre che a questo ambito siano destinate risorse importanti per potenziare la struttura scolastica pubblica e sostenere un piano di rilancio dell’edilizia scolastica.
Tra le misure a sostegno delle imprese, il provvedimento contempla l’esenzione dell’Irap, senza distinguere tra imprese in affanno e imprese che invece hanno continuato a lavorare durante il lockdown. Non pensa che magari parte di quelle risorse potevano essere destinate ad aiutare maggiormente un settore come il turismo che continuerà a risentire a lungo dell’emergenza da Covid-19?
Noi portiamo avanti da sempre la battaglia sull’Irap che consideriamo una tassa ingiusta e anti-espansiva. La coperta purtroppo è sempre corta, ma questo aspetto merita una riflessione.
Cinquecento miliardi di aiuti a fondo perduto. Ruota attorno a questa cifra l’accordo preliminare sul Recovery Fund. Siete soddisfatti?
Cinquecento miliardi mi sembra una cifra molto bassa, è un terzo di quello che servirebbe.
La proposta è stata formulata da Francia e Germania, un asse che pare rinsaldarsi. E l’Italia?
Ricordo che fu proprio Conte a lanciare la proposta del Recovery fund. Detto questo, la priorità è solo una: lavorare tutti insieme in Europa per costruire uno strumento potente e dotato di capacità finanziare.