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Politica
Fini finì come finì, per fini non fini
Gianfranco Fini

Dopo aver definito Mussolini il più grande statista del secolo scorso, lo bollò e liquidò, come il Male Assoluto

Con le chiacchiere trionfali di Fiuggi e la nascita di Alleanza Nazionale, seppellì per sempre il Movimento Sociale Italiano. Preso dall’euforia e soggiogato dall’evidentissima superiorità di Berlusconi (nel bene e nel male: meno piatto, più dinamico, più accattivante, più fantasista, più innovatore e scompaginatore) abboccò malvolentieri, ma fece fagocitare AN dal PDL. Di fatto, quindi, sfasciò per la seconda volta un suo partito. Spinto evidentemente dalla sua ambizione e da quella dei vari e frustratissimi aspiranti neo colonnelli, se ne pentì subito, ma stette a vedere come si mettevano le cose. Scappato Casini pensò d’essere lui il Delfino. Non avendo né promesse, né segnali positivi a tal proposito, anzi, sentendo avanzare nomi nuovi (Formigoni, Alfano, Tremonti, Brambilla, qualche nuova gnocca, ecc.) trasse le conseguenze e cominciò a parlare solo per mostrare il suo disaccordo con Berlusconi. A tal punto che l’eccellente Giannelli firmò una delle sue vignette perfette: Fini si chiedeva “Come posso contraddirlo, quando sta zitto?”. E quindi dopo, in attesa di sfasciare il Futuro e la Libertà, cercava di sfasciare il PdL. Pur di realizzare la sua vendetta personale contro Berlusconi, si ficcò e cercò di ficcare chi lo avrebbe votato, in un vicolo cieco. A sinistra non poteva andare e stette inizialmente al centro, in attesa d’iniziare la vecchia politica dei due forni. Politica che era possibile per l’Api di Rutelli e l’UDC, ma che era preclusa per tutti gli ex-fascisti che aveva al seguito. Cosa poteva fare allora? Un accordo con Berlusconi o con chi prevedeva che sarebbe stato al suo posto. 

Guadagno: finanziamenti pubblici al suo partito e qualche fedelissimo in più che sarebbe stato seduto. 

Perché il filo conduttore di quasi tutte le guerre politiche di allora, di oggi e, sembrerebbe di sempre, è semplicemente questo: 

                                               “Alzati tu, che mi ci siedo io”.

Trovavo insopportabile Berlusconi quando, all’opposizione, parlava tutti i giorni di “spallata”.

Trovo insopportabile che chi perde le elezioni non sia capace di rassegnarsi ad aspettare la fine della legislatura, come sta avvenendo anche questa volta. 

Per tentare di far cadere la Meloni, la sinistra, oggi come oggi, ha un solo modo: trasformare il "neo" della Presidente, di cui ho sempre parlato, in un cancro maligno.

Spinta dall'irriconoscibile Crosetto, è per continuare a inviare armi (e soldi?) all'insaziabile Zelensky.

Crosetto usa una logica infantile e da ignorante totale di storia: dato un confine, il primo che mette il piede sul terreno dell'altro è l'invasore che anche noi dobbiamo difendere.

La Meloni, dandogli retta, continua a fare l'errore più grande che potrebbe addirittura costarle la caduta. Perché, col pericolo di uno scontro nucleare, non si può più recitare la parte degli ubbidienti ai matti.

Basterebbe che Letta, o chi per lui, si ispirasse alla fase "down" del sonnambulo Biden (quando fa cazziatoni incredibili al nazista ucraino, dicendogli in faccia che è insaziabile), dicendo che il PD, finalmente, è per la ragionevolezza.

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