Politica
Governo, il Pd chiede a Conte di dimettersi o sarà il caos su Bonafede
Governo, il passo indietro pilotato del premier prima della relazione sulla giustizia unico per arrivare al Conte ter recuperando Italia Viva
Una domenica politicamente importante e che va letta in controluce. Di buon mattino il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia apre alla possibilità di ricucire con Matteo Renzi e con Italia Viva ("Senza ricatto si trova una soluzione"). Un'uscita chiaramente concordata con il segretario Dem Nicola Zingaretti. A stretto giro di posta analoghe dichiarazioni arrivano da Andrea Marcucci, capogruppo al Senato, e dal presidente del gruppo alla Camera Graziano Delrio.
La prima chiave di lettura è che il Pd non crede che l'operazione 'costruttori-responsabili' possa veramente andare in porto, soprattutto su un tema delicato e divisivo come la relazione sulla giustizia del Guardasigilli grillino Alfonso Bonafede in programma giovedì a Palazzo Madama. In secondo luogo, esattamente come aveva chiesto al premier Giuseppe Conte di riferire al Quirinale e di andare alla conta con il voto di fiducia in Senato di martedì scorso, oggi il Partito Democratico sta indirettamente pressando il presidente del Consiglio affinché decida di recarsi da Sergio Mattarella prima del voto in Aula su Bonafede, probabilmente nella giornata di martedì, per rassegnare le dimissioni.
Un passaggio che i Dem considerano necessario e fondamentale per consentire la nascita di un Conte ter che recuperi l'assetto originale della maggioranza, Iv compresa, e che farebbe slittare la relazione sulla giustizia di qualche settimana (quando magari in Via Arenula ci sarà un altro ministro). Senza questo passaggio, come ha spiegato anche il presidente del Centro Democratico Bruno Tabacci, che venerdì ha incontrato il ministro Luigi Di Maio a Palazzo Chigi, non se ne esce e l'esecutivo rischia di andare a sbattere in modo clamoroso con il gioco del pallottoliere (perfino Pierferdinando Casini e Sandra Lonardo, che settimana scorsa avevano votato la fiducia, si sono schierati contro Bonafede).
Il ministro degli Esteri, di fatto il vero leader dei 5 Stelle, di certo oggi non ha aperto a Renzi ma non ha nemmeno chiuso ermeticamente al 100%, fanno notare fonti qualificate del partito di Zingaretti. E anche i parlamentari pentastellati sanno che l'operazione 'costruttori-responsabili' è praticamente naufragata e che non ci sono alternative a riaprire il dialogo con Iv (vista l'ansia da elezioni anticipate). I rumor dell'ultima ora parlano del senatore Gaetano Quagliariello in arrivo, ma, anche se confermata, dal M5S trapela la voce che se così fosse ci sarebbero immediatamente uscite di alcuni parlamentari grillini, probabilmente verso la Lega. Del tutto inutile, dunque.
L'ipotesi allo studio, tutta ancora da costruire, è quella di un Conte ter completamente nuovo che confermi pochissimi ministri - sicuramente Di Maio agli Esteri, Gualtieri all'Economia e Guerini alla Difesa (come chiesto dal Quirinale) - e che non veda l'ingresso nella squadra né di Renzi né di Maria Elena Boschi. Sicuro il ritorno di Teresa Bellanova che sarebbe la vera interlocutrice di Iv con il resto della maggioranza.
A questo punto la palla passa nelle mani del premier che dovrà decidere nel giro di 24-48 se ascoltare il 'consiglio' di Zingaretti o se andare alla sfida a Palazzo Madama. Se si andasse al voto in Aula sulla relazione del ministro della Giustizia e il risultato fosse negativo per il governo, fanno sapere fonti Dem, a quel punto davvero si potrebbe aprire seriamente l'ipotesi di un presidente del Consiglio diverso da Conte. O, considerando il no di Pd, M5S, Lega e Fratelli d'Italia alle larghe intese proposte da Silvio Berlusconi, il Paese potrebbe correre verso le elezioni anticipate in aprile. Ecco perché oggi Di Maio ha detto in modo esplicito che ci sono 48 ore per risolvere la situazione o si scivola verso il voto.