Politica
Green Pass passato senza dibattito, a che cosa serve il Parlamento?
Procedendo a colpi di decreti-legge e questioni di fiducia nei percorsi di conversione, la funzione legislativa viene trasferita al governo
Green Pass a lavoro, dopo l'ok di Palazzo Madama alla fiducia sulla conversione in legge dell’ultimo decreto ci si chiede: a che serve più il Parlamento?
La notizia è stata taciuta da gran parte degli organi di informazione; infatti, in pochi si sono accorti che ieri il Senato ha votato la fiducia sulla legge di conversione del decreto-legge n. 127/2021e oggi tocca alla Camera.
Non ci meravigliamo affatto che il decreto sarebbe stato convertito in legge, la maggioranza che sostiene il governo è bulgara e rischi non ce n’erano. Ma proprio perché non c’erano rischi, perché mettere la fiducia e impedire il dibattito parlamentare? Che bisogno c’era di umiliare così, ancora una volta, il Parlamento?
La nostra Costituzione, all’art. 77, disciplina i casi in cui il governo può esercitare la funzione legislativa, tipica del Parlamento. I casi sono due: la legge delega con la quale le Camere autorizzano il governo a legiferare con decreto legislativo (quello che verrà utilizzato ad esempio per la riforma della giustizia) e il decreto-legge, che può essere emanato dall’esecutivo “in casi straordinari di necessità e di urgenza”, e che deve essere convertito in legge dalle Camere entro sessanta giorni, pena la perdita di efficacia.
Draghi ci ha ormai abituati all’emanazione di decreti-legge a raffica, tra cui l’ultimo, il dl n. 127 del 21 settembre 2021 - tanto urgente da entrare in vigore quasi un mese dopo, 15 ottobre - con il quale è stato introdotto l’obbligo del green pass sui luoghi di lavoro, pena la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione. Il percorso di conversione in legge, funzione esclusiva delle Camere, è lo strumento che l’Assemblea Costituente ha consegnato al Parlamento non solo per procedere alla conversione in legge del decreto, ma soprattutto per effettuare i controlli sulla funzione legislativa esercitata dal governo nei “casi straordinari di necessità e di urgenza”, tanto è vero che la conversione può avvenire con modifiche. L’esperienza parlamentare è piena zeppa di decreti-legge convertiti in legge dalle Camere con modifiche e migliorie tali da stravolgere il contenuto dei decreti. È questa la democrazia parlamentare.
Se invece il governo legifera con decreto-legge e poi pone la questione di fiducia nel percorso di conversione (come accaduto ieri, peraltro su un tema divisivo come il green pass), è evidente che il Parlamento viene completamente esautorato delle sue funzioni, riducendosi ad esercitare un mero ruolo notarile. Il decreto-legge aveva tempo per essere convertito in legge entro il 20 novembre; quindi, c’era tutto lo spazio per un sano dibattito parlamentare. E invece niente. Vota e taci! A dire il vero un paio di modifiche ci sono state, e sono quelle concordate dai partiti di maggioranza in sede di lavori in commissione, ma è roba da niente: la facoltà per i lavoratori del settore privato di consegnare una copia del green pass al datore di lavoro (con conseguente esonero dai controlli quotidiani) e l’estensione temporale delle norme sui prezzi calmierati dei tamponi dal 30 novembre al 31 dicembre 2021. Il governo ha accolto queste due modifiche irrilevanti e le ha inserite in un suo maxiemendamento, ponendovi la questione di fiducia. E questo è uno schiaffo alla democrazia.
La nostra è ancora formalmente una Repubblica parlamentare, nella quale tutto gravita attorno al ruolo centrale del Parlamento. Procedendo a colpi di decreti-legge e questioni di fiducia nei percorsi di conversione, la funzione legislativa è trasferita di fatto dal Parlamento al governo, nello specifico nelle mani dell’”uomo solo al comando”. E allora non siamo più una Repubblica parlamentare ma un direttorio presidenzialista, col potere di “fare le leggi” non più nelle mani del Parlamento ma in quelle del primo console.
Nelle mani di Draghi sono in sostanza concentrati sia il potere esecutivo che quello legislativo, mentre il potere di controllo (Presidente della Repubblica e Corte costituzionale) sono ormai solo formali e inutili. Nessuno può disturbare la “cabina di regia”, altro organo che la Costituzione non contempla e che non si sa bene da chi sia composta.
La fiducia è passata al Senato con 199 voti favorevoli e 38 contrari. A favore tutti i partiti di maggioranza, contro Fratelli d’Italia e una fetta consistente del gruppo misto. È da segnalare un fatto politico, anche questo taciuto da gran parte dei giornali. Ventinove senatori della Lega (su un totale di sessantaquattro) non hanno partecipato al voto, tra cui Matteo Salvini. Tredici erano in missione, ok, ma i restanti? La cosa segnala un malessere all’interno della Lega, noto da tempo. Ma niente di più.
A breve le Camere saranno impegnate nella discussione della legge di bilancio, ma anche lì è probabile che il governo limiti il dibattito a due soli passaggi ponendo l’ennesima questione di fiducia. A questo punto viene da chiedersi a cosa serva il parlamento, a pagare buoni stipendi con i nostri soldi?