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Politica
Ucraina, l’Italia nell’escalation
Josepp Borrell

L’Italia nell’escalation

Come è noto i nostri ministri Tajani e Crosetto sono contrari a consentire all’Ucraina di usare le armi ricevute dall’Italia fuori dei confini, cioè nel territorio russo, perché l’Italia non è in guerra con la Russia e non vuole provocare un’escalation. Questa posizione non è piaciuta al rappresentante della UE per la politica estera Borrell, che ha cosi’ commentato: “E’ chiaro che si tratta di decisioni che spettano a ciascun singolo stato… I paesi che inviano missili a lungo raggio e altre armi all’Ucraina decideranno ciascuno come utilizzarli. Ma penso che sia ridicolo affermare che consentire di colpire obiettivi all’interno del territorio russo significhi essere in guerra contro Mosca… L’Ucraina viene attaccata dal territorio russo, e, secondo il diritto internazionale, può reagire attaccando i luoghi da cui viene attaccata… Se alcuni Stati membri lo fanno non si entra in guerra con Mosca”.

Si possono fare due osservazioni su questo discorso, chiaro e incisivo, ma forse non del tutto soddisfacente. Se un paese attaccato si limita a tentare di respingere l’invasore nel suo territorio, il suo status di paese aggredito è chiaro. Può “reagire attaccando i luoghi da cui viene attaccato”? Può lanciare dei contrattacchi sul suolo nemico, come l’esercito ucraino ha fatto con un certo successo nella regione di Kursk? Beh, non è sicuro che una difesa veramente efficace, con occupazione del suolo dell’invasore non porti a perdere la propria caratterizzazione difensiva.

I limiti che all’inizio dell’invasione  furono tracciati, quanto all’uso ma anche alla natura delle armi, avevano lo scopo di sottolineare che l’assistenza militare aveva una finalità esclusivamente difensiva. Un ovvio limite è dato dalla frontiera. Forse è vero che secondo il diritto internazionale ci si può continuare a difendere anche distruggendo basi missilistiche e aeroporti del nemico nel suo territorio. Ma difficilmente l’invasore subirà queste azioni  senza reagire perché esse siano conformi al diritto.

E’ qui che Borrell sbaglia nel ritenere “ridicola” la preoccupazione italiana di contribuire a un’escalation. Inoltre,  la posizione di un paese terzo che mandi i missili o i droni a lungo raggio all’Ucraina affinché possa colpire obiettivi sul suolo russo diventa più imbarazzante. Questo era considerato un tempo un “atto di guerra” ed espone a possibili rappresaglie se non a una estensione della guerra. I nostri due ministri comprendono sia il diritto internazionale sia la situazione di fatto che si sta creando in Ucraina.

Tuttavia, Annalisa Cuzzocrea nella Stampa del 3/09/24 non ritiene valida la giustificazione che Tajani e Crosetto danno della loro decisione: “Se il ragionamento tenesse, sarebbe il presidente ucraino a volere l’escalation – e non una difesa più efficace - e i governi di Gran Bretagna, Francia, Spagna, Danimarca, Germania, Stati Uniti sarebbero entrati in guerra contro Putin.” Ma è questa argomentazione che “non tiene”.

 Zelensky può ben aver considerato che ormai solo da un’escalation che porti direttamente in guerra gli Usa e la Nato egli può uscire vincitore. L’unica “difesa efficace” può ben essere provocare l’escalation. Né esiste un automatismo nell’entrare in guerra con la Russia. Chiaramente i paesi che allentano o lasciano cadere del tutto le restrizioni sulla natura e l’uso delle armi assumono una posizione più offensiva verso la Russia, e la sfidano a reagire, contando che non lo faccia. Questo è il gioco d’azzardo al quale giustamente il nostro governo non vuole far partecipare l’Italia.

Interessante è anche la posizione di Lorenzo Guerini, già Ministro della Difesa dal 2019 al 2022 (nei governi Conte e Draghi) e attualmente presidente del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza nazionale). Nell’intervista rilasciata a Francesca Schianchi della Stampa e pubblicata il 5/09 egli manifesta la sua disapprovazione per la linea del governo e la sua delusione che la Schlein, segretaria dei suo partito, l’abbia invece approvata. “Non teme anche Lei che l’uso di armi in Russia apra la strada a un’escalation?” gli chiede l’intervistarice.

Risposta, in cui ho numerato le frasi: “ 1) L’escalation sono i bombardamenti russi sulle città ucraine. 2)Trovo la discussione sulle armi difensive abbastanza ipocrita: l’Ucraina è un paese invaso e sta facendo evidentemente un uso difensivo delle armi. 3) Se i russi attaccano da postazioni a pochi chilometri dal confine, è chiaro che rispondere per neutralizzare quelle basi significa difendersi.”  Si puo’ osservare che 1) da sola potrebbe essere una risposta decisiva che svuoti di pertinenza 2) e 3): non bisogna preoccuparsi perché l’escalation c’è già. Si è scaricata e si scaricherà sulla sola Ucraina. Più e peggio di così i russi non possono fare: lo stanno già facendo.  Dunque noi possiamo autorizzare gli ucraini a fare delle nostre armi l’uso che gli sembra più efficace.

L’Ucraina pagherebbe secondo Guerini, tutto giulivo, la propria piena discrezionalità sulle armi ottenute dal paesi amici con la propria auto-distruzione.  2) è esposta alle argomentazioni opposte a BorrelI: per riassumerle, ciò che è in questione è non se l’Ucraina stia violando il diritto internazionale ma se l’Italia rimuovendo le sue restrizioni sulla natura e l’uso delle armi lo violerebbe: compiendo un atto di guerra, che giustificherebbe una rappresaglia della Russia SU DI NOI; rappresaglia che potrebbe esserci semplicemente perché la Russia potrebbe ritenere intollerabile il passo avanti dell’Italia nell’escalation  3) è strana, perché introduce un’importane limitazione al diritto all’auto-difesa attribuito all’Ucraina da 2): occorrerebbe che le postazioni russe da colpire siano “a pochi chilometri dal confine”.  Di fronte a Guerini, Crosetto sembra un faro di lucidità. 






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