Politica

La Russa: "Presidente di tutti ma non festeggio il 25 Aprile di sinistra"

"La statua del Duce? Un regalo di papà non la butto". Ma in casa ha anche cimeli di Cina e Urss

La Russa: "Io super partes ma non celebro il 25 Aprile, è diventato appannaggio di una certa sinistra"

La Stampa ha intervistato Ignazio La Russa entrando nella sua casa di Milano. «Venga le faccio vedere il famoso “busto” di Mussolini, eccolo: non è nemmeno un busto!», dice il presidente del Senato al giornalista, che aggiunge: "In effetti è una statuetta poco ingombrante del Duce, con stivaloni e mani sui fianchi, appoggiata su una mensola di un corridoio in penombra. «È un oggetto che apparteneva a mio padre, persona che adoravo, e che ho ereditato: avrei dovuto buttarlo? È sempre stato in questo corridoio insieme a un elmetto dell’esercito popolare cinese e un fregio comunista dell’Urss. Invece sembra che io abbia in casa il mausoleo di Mussolini. Ecco, mi dica lei...»"

La Russa dice alla Stampa che sarà il presidente di tutti, "super partes". Poi sicuramente si discuterà sul passaggio relativo al 25 Aprile, citato da La Russa nel suo discorso di insediamento come data fondante. "Non c’è stato bisogno di coraggio ma semplicemente di memoria. Con Pinuccio Tatarella e Gianfranco Fini, ho contribuito a scrivere le tesi di Fiuggi ed era il 1995. Già allora riconoscemmo il valore della lotta per la Libertà. Con una importante annotazione che riguardava una parte di quella Resistenza, la parte comunista che non lottava per restituire all’Italia libertà e democrazia ma per un sistema certo non migliore di quanto era avvenuto col fascismo", dice La Russa.

Ed ecco la domanda sulle elebrazioni del prossimo 25 Aprile. La Russa festeggerà? "Dipende. Certo non sfilerò nei cortei per come si svolgono oggi. Perché lì non si celebra una festa della libertà e della democrazia ma qualcosa di completamente diverso, appannaggio di una certa sinistra. Non ho avuto difficoltà come Ministro della Difesa a portare una corona di fiori al monumento dei partigiani al cimitero Maggiore di Milano, e non era un atto dovuto".