Politica
La sinistra italiana? Un covo di perbenisti, senza senso della realtà
Gli uomini di sinistra si credono infallibili, eternamente dal lato della ragione e in diritto di trattare tutti dall'alto al basso, giudicando severamente
Per la maggior parte dei cittadini essere di sinistra non ha nulla a che vedere con l’economia o con la politica: è semplicemente una posizione morale
Moltissime persone che votano a sinistra non sanno perché lo fanno. Ma l’ignoranza non è un’esclusiva della politica. La maggior parte delle posizioni religiose, sociali e culturali sono adottate e vissute con estrema superficialità. Chi si dichiara di sinistra normalmente non conosce la storia di questo movimento, dal socialismo utopistico francese in poi. Non conosce le teorie di Karl Marx. Non conosce la storia politica degli ultimi due secoli. In generale, il votante di sinistra della sinistra non sa niente. E per cominciare ignora del tutto l’economia.
E allora, che cosa intende, per “essere di sinistra”? Ecco un problema che non si pone. Forse vi risponderebbe che “ogni persona perbene è di sinistra”. Infatti, per la maggior parte dei cittadini essere di sinistra non ha nulla a che vedere con l’economia o con la politica: è semplicemente una posizione morale. Una risposta all’interrogativo: siete per la bontà o per la cattiveria? Per la solidarietà o per l’egoismo? Per la giustizia o per l’ingiustizia? In una parola: per il bene o per il male?
Questa distinzione manichea spiega perché indistintamente tutti coloro che si sentono “di sinistra” si considerano moralmente superiori. Infatti tutti gli uomini di destra – cioè tutti quelli che non sono di sinistra - sono per la cattiveria, l’egoismo, l’ingiustizia e il male. Il discrimine, come si vede, non è logico o intellettuale, politologico o economico: è essenzialmente affettivo. E si nutre di conformismo.
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Il mondo della scuola, pressoché unanimemente di sinistra, ne è un buon esempio. In esso si muove gente che vive di stipendio fisso e il cui lavoro non è mai sottoposto a controlli di rendimento. Dunque il genio della cultura e dell’insegnamento guadagna quanto l’ignorante scansafatiche. Quello che non insegna niente e promuove tutti.
Ed ora chiediamoci: perché promuovere un somaro è “di sinistra” mentre bocciarlo è “di destra”? Tutto dipende dal criterio di valutazione. Il professore di sinistra pensa che, se quell’alunno ha risposto male alle interrogazioni, è perché non gli hanno insegnato le cose nel modo giusto; perché non gli sono state offerte le condizioni giuste affinché studiasse; perché i professori non si sono interessati di lui in modo speciale, come meritava; infine (addirittura) perché è intellettualmente ipodotato e ci si deve chiedere: è forse responsabile di questa inferiorità? Dunque va promosso “per motivi morali”.
Per il docente di sinistra la bocciatura o la promozione non certificano l’acquisizione, o la mancata acquisizione, delle nozioni minime richieste ma il livello morale del discente. E questo ha completamente rovinato la scuola italiana. Che senso ha rilasciare il diploma di ragioniere ad uno che non saprebbe fare il ragioniere? E perché rilasciare un diploma di Scuola Media Inferiore a chi non è alfabetizzato? È come mettere il cartello: “Questa è una torta” su una forma di pane ammuffito.
L’uomo di sinistra non parte dalla realtà, ma dal sentimento. Se gli operai di una certa fabbrica guadagnano troppo poco, pensa che lo Stato dovrebbe imporre alla fabbrica di pagarli di più. Senza chiedersi se per caso la fabbrica non sia marginale tanto che, se aumenta i costi, chiude. Per lui è evidente: se il datore di lavoro non li paga di più, è perché è cattivo e si mette in tasca quello che non dà agli operai. Il che potrebbe perfino essere vero, ma bisognerebbe accertarlo, non presumerlo. Purtroppo la realtà concreta è troppo prosaica per occuparsene. Basta creare un “salario minimo” e tutti gli italiani saranno benestanti. E poi ci si meraviglia del lavoro nero.
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Se proprio si tenta l’impresa titanica di spiegare un po’ di economia all’uomo di sinistra, si sbatte contro la panacea di tutti i mali: l’azione dello Stato. Se la fabbrica non può aumentare i salari intervenga lo Stato, ripianando il deficit, a spese dei contribuenti realmente produttivi. L’Italia ha sprecato quattordici miliardi di euro per non chiudere un’impresa economicamente fallita come l’Alitalia.
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E così si arriva al nocciolo della questione. Dinanzi ad ogni dilemma l’uomo può scegliere la soluzione logica (ammesso che la conosca) o la soluzione sentimentale. La prima indica quella più utile per tutti, la seconda quella che fa sentire buoni, sensibili, caritatevoli (sempre a spese altrui, beninteso). Se il dilemma è fra bene e male, chi può onestamente scegliere il male?
Ecco come si spiega che tanta gente voti per l’ideale, per la soluzione miracolistica, per il paradiso in terra. Ed ecco perché, come ha detto Luca Ricolfi, gli uomini di sinistra sono “antipatici”. Il loro senso di superiorità morale è talmente forte che essi si credono infallibili, eternamente dal lato della ragione e in diritto di trattare tutti dall’alto e giudicarli. Severamente.
Il successo mondiale del comunismo si spiega col fatto che molti non hanno mai guardato alla situazione che si è realizzata nei Paesi dove esso ha governato (si pensi all’attuale Venezuela) ma ai suoi slogan, alle sue speranze, alle sue promesse. Come si potrebbe non essere per l’uguaglianza di tutti? per la prosperità di tutti? Per la fine dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo? Per l’eliminazione dei privilegi e delle rendite? per una società felice in cui gli ultimi sono aiutati e rispettati? Il fatto che questi ideali siano irrealizzabili, e che comunque il comunismo non li abbia mai realizzati, non ha avuto importanza. Ed è così che il comunismo ha dominato il mondo.
La voglia di credere a queste fandonie è stata tale che, ogni volta che la verità trapelava dalle dittature comuniste gli idealisti preferivano credere che quelle evidenze fossero calunnie. Il complotto dei cattivi si attivava per negare la felicità di chi aveva abbracciato la dottrina salvifica.
Il comunismo, nei Paesi che non lo hanno vissuto sulla loro pelle, non è stato annientato dall’evidenza del suo insuccesso, ma dalla dichiarazione di fallimento proclamata dalla più alta cattedra di quella dottrina: cioè da un congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica. Gli allocchi occidentali hanno accettato di vedere quello che avevano sotto gli occhi soltanto quando glielo ha mostrato Khrushchev, il Papa stesso di quella falsa religione. Prima, per decenni, hanno avuto il coraggio di credere che sotto Stalin la gente vivesse bene.
Essere di sinistra significa avere buoni sentimenti e totale mancanza di senso del reale. Essere di sinistra significa credere che si combatta la povertà facendo la carità allo storpio dinanzi alla chiesa. Essere di sinistra significa fare la cosa che sembra giusta nel brevissimo termine, senza chiedersi se non sia rovinosa a medio e lungo termine. Essere di sinistra significa essere intellettualmente minorenni e vantarsene per giunta.
Ma gli uomini di sinistra in questo campo hanno una giustificazione storico-culturale, anche se non la conoscono. E dire che è il motivo per il quale, dopo il Settecento, i cervelli europei sembrano funzionare a singhiozzo. Nella seconda metà del Settecento nacque in Francia una sorta di opposizione all’Illuminismo. Si era stanchi della fredda ragione e la moda divenne quella della “sensibilità”. Rousseau si propose come il leader e l’interprete di questa nuova tendenza, contrapponendo alla razionalità illuministica l’affettività pre-romantica. A suo parere, la bussola dell’uomo dabbene era e doveva essere il sentimento.
L’uomo che ragiona, per lui, era corrotto e malvagio, mentre “l’uomo che sente” e segue il suo cuore, era “l’uomo di natura”, l’uomo giusto, l’uomo incorrotto. L’istinto è guida migliore della logica. Questa dottrina funesta uccise in concreto l’Illuminismo. Separò la scienza dal sentire comune. Risuscitò la religione (annullandone la dottrina e riducendola a sentimento; si legga Chateaubriand). Insomma ammorbò a tal punto l’intelligenza che ancora oggi la razionalità non ha diritto di cittadinanza e perde se si scontra con “i buoni sentimenti”.
L’Illuminismo ha rappresentato il punto più alto della razionalità umana, ma deve essersi trattato di uno sforzo insostenibile. Infatti da un lato la scienza e la tecnologia hanno fatto passi da gigante, dall’altro la mentalità dell’uomo medio, ridivenuta infantile, se ne è allontanata nella direzione contraria. Verso il passato e la mentalità del primitivo.