Politica
Ue, Gentiloni commissario: la vittoria di Pirro
Dopo la nomina di Gentiloni agli Affari economici è stato tutto un susseguirsi di peana da parte del pd nel sottolineare come il nostro paese avesse di nuovo riacquistato peso all’interno dell’Unione europea, dopo essere stati trattati per 14 mesi come appestati.
Certo l’incarico affidato all’ex premier del pd è di quelli che pesano e che dovrebbero comunque dare prestigio al governo che lo ha proposto e al paese in generale. Se poi parliamo del nostro paese, i cui conti sono da sempre nel mirino di Bruxelles e delle agenzie di rating, avere un proprio uomo al vertice della commissione per gli affari economici dovrebbe essere notizia ancora più positiva.
Ma se poi si va a guardare bene nelle pieghe della lista degli incarichi che la presidente Von der Leyen ha distribuito, si scopre che il mite Gentiloni rischia di essere un commissario sotto tutela. Il rafforzamento del ruolo di Dombrovskis, da sempre una delle voci più critiche verso i conti pubblici italiani, che controllerà come vicepresidente proprio gli affari economici, rischia di ridimensionare di molto la figura del nostro commissario. Tanto per intenderci, per capire di chi stiamo parlando e dei rapporti che esso ha avuto con il passato governo ( ma anche il governo Renzi non ha mancato di fare sentir la sua voce contro la politica di austerity dei falchi nordici di Bruxelles) vale la pensa riprendere le durissime affermazioni che l’attuale ministro degli Esteri Di Maio fece all’indomani della sonora sconfitta alle elezioni del partito di Dombrovskis. “Anche a casa sua il commissario europeo Dombrovskis riceve una sonora bocciatura: è la fine di un'idea di Europa, delle politiche dell'austerità, dello zero virgola, è l'inizio di una nuova era.
È una tendenza a livello europeo che spezzerà via i numerini, l'austerity e tutta questa gente con la puzza sotto il naso che mi dice che siccome il Sud è in difficoltà deve restare in difficoltà perché non merita aiuto". Insomma pensare che ora questo signore dovrebbe collaborare con Gentiloni, che è stato appunto nominato da un governo di cui Di Maio è uno degli assi portanti, fa un po' sorridere o forse piangere, a seconda dei punti di vista. Certo in questo ultimo periodo tante cose sembrano siano cambiate all’interno del movimento, che non a caso è stato decisivo nell’elezione della Von der Leyen alla carica di presidente della commissione, ma certo è che la diffidenza di Bruxelles verso il nostro paese resta a livelli molto alti, sopratutto in tema economico Ecco allora che appare difficile che il nostro commissario potrà avere eccessiva autonomia e libertà nel giudicare i conti pubblici nostrani, considerando anche che oltre al falco lettone, dovrà rispondere a tutti quei paesi nordici che da sempre sono col fucile puntato verso il nostro paese. La posizione di Gentiloni perciò appare difficilissima, proprio perché deve coniugare gli interessi di tutti i paesi della Comunità, ma nello stesso tempo dovrebbe cercare di valutare in maniera piuttosto asettica, se sia il caso o meno di concedere un po' di flessibilità in più per il proprio governo, che ha ne avrebbe bisogno come il pane.
Forse nemmeno il Pd non si aspettava un simile incarico, che rischia di diventare un arma doppio taglio e potrebbet rivelarsi addirittura una scelta negativa, al di la del prestigio, per il nostro stesso paese. Meglio sarebbe stato forse un altro ruolo come quello concorrenza o del commercio altrettanto strategici, ma meno compromettenti forse per lo stato in cui versano i conti pubblici italiani. Gentiloni, infatti, rischia di trovarsi nella situazione in cui si trovò Mario Draghi, quando fu eletto a presidente della BCE. Mostrare la più assoluta imparzialità, per non destare il minimo sospetto di favoritismo, con il proprio paese, per il quale invece maggiore flessibilità ed un atteggiamento più morbido da parte dell’Europa, è quantomeno vitale. Il fatto che il suo operato sia stato messo sotto tutela da un falco ( qualche maligno potrebbe obiettare che simile scelta non può essere casuale) come il commissario lettone, non fa che rendere il suo compito alla pari di quello di un equilibrista. Certo di Gentiloni da tempo si apprezzano proprio le sue grandi qualità di mediatore e di equilibrio e onestà intellettuale oltre ad una serie di relazioni internazionali, che lo rendono sicuramente personaggio trasparente e difficilmente attaccabile, ma il rischio di essere depotenziato nel suo ruolo, proprio per la sua provenienza geografica, effettivamente esiste ed appare quantomai reale. Sarà compito del nuovo ministro dell’economia e dell’esecutivo ottenere la fiducia dei mercati e dell’Europa, mettendo appunto il commissario in una posizione più comoda all’interno della commissione stessa.
Il fatto è che l’autunno si avvicina e resta ancora in campo la ricerca dei fondi per sterilizzare le clausole di salvaguardia, per evitare il letale aumento dell’Iva. Inoltre il governo fin da subito dovrebbe cominciare a mettere in moto parte di alcune misure fondanti del programma, come il salario minimo o la riforma del cuneo fiscale. Ecco allora che qui ritornerebbe in gioco la commissione che con la leva della flessibilità potrebbe agevolare il compito del governo. Insomma è come un gioco della parti in cui ognuno ha bisogno dell’altro, ma che nessuno forse vuole o può fare il primo passo, per non rischiare di bruciarsi. Il problema che qui alla fine chi rischia di restare col cerino accesso in mano è il popolo italiano.