Leader politici: chi torna e chi resta a piedi - Affaritaliani.it

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Leader politici: chi torna e chi resta a piedi

Solaris

D'Alema, Veltroni, Rutelli, Alfano, Di Battista: strategia o motivi ideali?

Ad ogni giro di valzer, cioè di elezioni politiche, ci sono esponenti anche molto in vista che restano fuori e chi, invece, dopo aver scontato il giro di riposo, rientra.

Fuor di metafora per le elezioni di primavera 2018 ci saranno delle rinunce eccellenti; Alessandro Di Battista, Giuliano Pisapia, Angelino Alfano si sono già tirati fuori mentre tornano Massimo D’Alema e Clemente Mastella.

Alla finestra ad osservare, Walter Veltroni e Antonio Di Pietro, che hanno saltato l’ultimo giro.

Il primo, ex segretario del Pd, vice primo ministro e sindaco di Roma ora fa il giornalista per il Corriere dello Sport (ed invero le sue interviste sono ben scritte ed interessanti) ma è recentemente tornato alla ribalta abbandonando i propositi “africani, mentre il secondo, due volte ministro delle Infrastrutture, ha espresso la possibilità di candidarsi in Molise, ma solo se Pd e Liberi e Uguali lo sosterranno.

Alessandro Di Battista, che nella corsa alla guida dei Cinque Stelle e al premierato è stato sconfitto dal suo “gemello” Luigi Di Maio meno idealista e più scaltro, ha annunciato di non volersi ricandidare pur restando nel Movimento ed adducendo la volontà dedicarsi al figlio da poco nato ed alla lettura. Il sospetto è che pesi la non candidatura a Primo Ministro.

Per la rinuncia di Angelino Alfano rimando direttamente a questo mio precedente articolo su Affari:

http://www.affaritaliani.it/politica/alfano-meglio-lasciare-un-buon-ricordo-le-scelte-di-convenienza-di-scuola-dc-514569.html

Giuliano Pisapia, invece, pare aver indugiato troppo e ha perso il tram dopo lo strappo di Grasso che gli ha rubato la scena.

Parimenti torneranno Massimo D’Alema e Clemente Mastella.

D’Alema, che ha riabbracciato posizioni di sinistra giovanili, ha correttamente osservato una legislatura di riposo, ma nel frattempo è stato il motore della guerra a Renzi (che in Parlamento non è mai entrato) e che ha prodotto la nascita della nuova formazione di sinistra guidata da Piero Grasso; se fosse rimasto nel Pd probabilmente non avrebbe avuto candidature.

Il mestiere lo conosce bene, sa come combattere intelligentemente e dopo la scelta della separazione dal partito Democratico “recita” bene il suo ruolo; ieri ha attaccato il volo di Stato che ha riportato in Italia le spoglie di Vittorio Emanuele III, il re che convisse felicemente (almeno fino all’8 settembre 1943) con il fascismo di Benito Mussolini, come ha fatto prontamente notare l’ex Primo Ministro (il primo ex comunista a guidare un governo in Italia). D’Alema ha contestato il ritorno su basi ideologiche citando l’Associazione Nazionale Partigiani e le comunità ebraiche.

Clemente Mastella, di contro, la politica non l’ha mai lasciata completamente visto che è ancora sindaco di Benevento, forte di un consenso popolare di eredità democristiana e che ha navigato con una certa perizia, come del resto Pierferdinando Casini, tra gli scogli impervi del centro- sinistra e del centro -destra nonostante i tanti nemici e gli attacchi subiti.

Insomma, il canovaccio è sempre lo stesso con l’innesto del nuovo elemento, e cioè il Terzo Polo non moderato dei Cinque Stelle che però sembrano ricalcare proprio quel passato che a parole dicono di combattere.

Terzo Polo, si badi bene, che Francesco Rutelli (che non sembra volersi ricandidare), Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini, cercarono inutilmente di rifare al centro.

Poi ci sarebbe anche l’ex cavaliere, Silvio Berlusconi, che però non si sa ancora se è ricandidabile e certamente la cosa non sarebbe troppo gradita a Matteo Salvini che pensa sia giunto il suo momento.

Una osservazione è però d’obbligo: al di là delle considerazioni personali che vanno accettate anche se non convincono molto un fatto concreto c’è. Con il nuovo sistema elettorale del rosatellum 2.0 l’ipotesi di tornare presto alle urne, magari in estate, c’è ed è forte.

I tre poli sostanzialmente si equivalgono, pur nelle loro divisioni interne (tipo Pd - Liberi ed Uguali e Forza Italia e Lega) e difficilmente uno di loro potrà superare il 40% ed a quel punto l’instabilità (voluta?) è garantita e chi è stato fermo per un giro, potrebbe esserlo solo per una manciata di mesi e poi ripresentarsi dopo aver pagato un piccolissimo dazio.

A questo punto, più che di motivi ideali per la rinuncia, si potrebbe parlare di una strategia raffinata per rientrare in seconda battura liberandosi per altro dei contendenti bruciati dal “falso movimento” primaverile.