Politica

Lega, così abbandona il Nord e diventa nazionale. Il reportage

Alberto Maggi

Totale assenza della Lega Nord. Sul palco dell'assise leghista solo la scritta 'congresso federale' con lo storico Alberto da Giussano

La prima cosa che balza all'occhio arrivando all'hotel Da Vinci di Bruzzano, periferia Nord di Milano, è la totale assenza della Lega Nord. Sul palco dell'assise leghista solo la scritta 'congresso federale' con lo storico Alberto da Giussano. Lega Nord non esiste più, nemmeno sulla cartellina consegnata ai delegati e nemmeno sul badge per i giornalisti.

"Oggi è l'inizio di un bellissimo percorso, è il battesimo di un movimento che ha l'ambizione di rilanciare l'Italia nel mondo", afferma Matteo Salvini entrando alle 10.44 nella sala congressi con un presepe in mano (dono di un artista campano). Nessuno vuol parlare di funerale della Lega Nord, anzi in molti sottolineano il "miracolo" di essere passati in pochi anni dal 3% a più del 30%. In un sabato pre-natalizio con una pioggia battente e una temperatura più autunnale che invernale (10 gradi centigradi), tutto finisce in fretta: in un paio d'ore cala il sipario, dopo l'approvazione per alzata di mano e all'unanimità del nuovo statuto che modifica quello federale del movimento fondato da Umberto Bossi nel febbraio 1991, come federazione delle forze politiche autonomiste allora esistenti.

Da due anni ormai la Lega Nord è stata "soppiantata" dal nuovo soggetto "Lega Salvini premier", il congresso odierno è servito per concludere la transizione verso il partito nazionale voluto da Salvini con la svolta sovranista avviata dal 2013. Il primo ad arrivare, alle 8 del mattino, è Giancarlo Giorgetti, vice-segretario e numero due di Via Bellerio. Un caffè al bar, un'intervista con la televisione della Svizzera Italiana e poi dritto sul palco dal quale non è più sceso fino al termine dell'assise. "Il mondo intorno è cambiato, l'idea di fondo dell'autonomia rimane, ma deve essere declinata in modo diverso in un mondo sempre più globalizzato", commenta l'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Il 2020 "sarà un anno cruciale - continua Giorgetti - si dovranno decidere le regole di funzionamento della democrazia del nostro Paese, prima tra tutte le legge elettorale".

Anche il senatore Roberto Calderoli arriva prestissimo, spiega la svolta a delegati e giornalisti e poi si infila nella sala congressi. "La Lega Nord continua a essere un soggetto politico e giuridico - chiarisce il vicepresidente di Palazzo Madama nel corso del suo intervento - che avrà un proprio ruolo politico. Noi intendiamo da una parte rispettare gli impegni presi con la Procura di Genova, onorare i debiti e continuare a pagare le nostre rate, dall'altra parte qualunque ricorso sia possibile per avere giustizia e non avere più questa spada di Damocle sopra la testa, noi intendiamo percorrerlo". Poi ricorda ai nostalgici autonomisti che "la Lega è diventata nazionale, lo dico rispetto a chi ha nostalgia della Lega Nord che in Italia due terzi dell'elettorato è al Centro e al Sud, quindi se vogliamo cambiare le cose dobbiamo prendere i voti anche di quella parte del Paese".

Intorno alle 9 arriva l'ex europarlamentare Mario Borghezio, storico secessionista. Si ferma a parlare a lungo con Gad Lerner (sempre presente) al bancone del bar e poi si concede in lunghissime interviste. Non attacca Salvini per la svolta nazionale e sovranista, ma ad Affaritaliani.it dice con orgoglio che "la Padania esiste perfino nella Divina Commedia". Pian piano arrivano i parlamentari, come il senatore ultra-cattolico Simone Pillon e la deputata europea Mara Bizzotto, che ai giornalisti si limita a dire "Buon Natale a tutti".

Si ripara sotto un ombrello marrone il primo senatore nero d'Italia, Tony Iwobi dalla provinca di Bergamo. Un po' dimesso il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, serio ma cordiale, arriva da solo in abito scuro. Sorridente il Governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga. Luca Zaia in versione superman esce dall'auto in camicia bianca sotto la pioggia, si avvicina all'ingresso e chiede le ultimissime sulle previsioni del tempo, nella speranza che presto torni il sole anche nel suo Veneto. L'europarlamente della Lega Susanna Ceccardi alla domanda se sarà lei la candidata in Toscana del Centrodestra non si scompone: "Ci sono tanti nomi, va chiesto al segretario fedeale".

Poi in abito nero ecco la senatrice Lucia Borgonzoni, candidata alle Regionali del 26 gennaio contro Stefano Bonaccini in Emilia Romagna. In tema di Regionali, viste le divisioni nel Centrodestra in particolare sulla Puglia, l'ex sottosegretario all'Interno Nicola Molteni, segretario del Carroccio in Campania, a domanda specifica sulle candidature replica abbozzando un sorriso: "La mia bocca non è cucita, è ermetica". Poi tocca ai capigruppo. Prima quello al Senato, Massimiliano Romeo, con un vistoso cappello grigio di lana, poi arriva Riccardo Molinari, presidente dei deputati del Carroccio, con un cappuccio modello Polo Nord e ancora incazzato per il capolavoro con il quale Cristiano Ronaldo ha steso la sua Sampdoria mercoledì scorso ("Ma come cazzo ha fatto?").

C'è anche Igor Iezzi sempre fedelissimo alla sua Juve, tanto per stare in tema, mentre il bergamasco Daniele Belotti al nostro 'Forza Atalanta' risponde convinto "Quello sempre". Cappotto nero arriva insieme al milanese Max Bastoni, l'europarlamentare ex Forza Italia Silvia Sardoni, poi tocca al presidente della Commissione Trasporti di Montecitorio Alessandro Morelli, salviniano doc, e al presidente della Commissione Bilancio della Camera Claudio Borghi, che alla nostra domanda un po' provocatoria (conoscendo le sue posizioni euroscettiche) 'allora, usciamo dall'euro?', risponde con un "Vaff..." alzando il pugno (gesto però casuale) stile Lenin e Marco Rizzo.

Nord e Sud, vecchia e nuova Lega si alternano alla spicciolata. Il bresciano Giuseppe Cesare Donina, deputato, arriva con il suo consueto entusiasmo, poi si fa vedere anche uno dei fondatori del Carroccio insieme a Bossi, l'ex capodelegazione al Parlamento europeo Francesco Speroni (che sogna ancora la secessione). Ma subito si vede che la Lega ormai non è più quella del Nord con l'arrivo dell'ex sottosegretario Claudio Durigon, dall'accento laziale inconfondibile. Anche il genovese Edoardo Rixi si mostra preoccupato per le condizioni meteo e alla domanda sulla "Liguria sott'acqua", replica che "anche Milano non è messa bene".

Alle 11.07 arriva - un po' a sorpresa - in carrozzina e con l'ascensore il Senatùr, tra applausi e standing ovation. Rivolto alla platea Bossi dà la sua benedizione alla trasformazione del partito, ma si toglie qualche sassolino dalla scarpa: "Oggi arriva solo il doppio tesseramento, lo possiamo concedere a Salvini. Siamo noi che concediamo non è lui che ci impone. Salvini non può imporci un cazzo lo diciamo con franchezza. Le cose imposte non funzionano. Se vuole il simbolo, raccolga le firme". Aggiunge che "la Lega non è un partito qualsiasi", ma "una forza identitaria". E invita a non sottovalutare le Sardine (che manifestano intanto a pochi metri di distanza): "Sono una operazione intelligente, rappresentano la spunta sociale contro il Palazzo. All'inizio lo abbiamo fatto anche noi della Lega. Non diventeranno un partito, il partito c'è già e si chiama Pd".

Ma il Senatùr ormai è un simbolo, il padre nobile e non fa politica. La politica della Lega, con il presepe di Salvini e senza la parola Nord, si chiama sovranismo e difesa dell'Italia, non della Padania.