Politica

M5S, ecco chi sono gli zombie di Beppe Grillo

Di Giuseppe Vatinno

M5S, gli zombie di Grillo? Sono quelli che hanno tradito gli ideali di Gianroberto Casaleggio

Grillo-M5s, chi sono gli zombie? Chi li ha contagiati

Poco fa è comparso un brevissimo post sul blog di Beppe Grillo dal titolo “l’Italia si desti”. Campeggia una immagine con sfondo tricolore con degli zombie che camminano.

“Sapevamo fin dall’inizio di dover combattere contro zombie che avrebbero fatto di tutto per sconfiggerci o, ancor peggio, contagiarci. E così è stato: alcuni di noi sono caduti, molti sono stati contagiati. Ma siamo ancora qui, e alla fine vinceremo, perché abbiamo la forza della nostra precarietà: siamo qui per combattere, non per restare, e questa nostra diversità è spiazzante per gli zombie”.

Scrive Grillo poi esortando all’azione e terminando con una invocazione rinascimentale, da Giovine Italia:

“Stringiamoci a coorte! L’Italia ci sta chiamando”.

Ma chi sono gli “zombie” di cui parla Grillo? Chi li avrebbe “contagiati”? Chiaro il riferimento all’ex pupillo Luigi Di Maio che con la sua smodata e irrefrenabile voglia di potere ha avvelenato le radici stesse dei valori fondanti del Movimento. Gli zombie sono quelli che hanno da subito fiutato l’opportunità populista di fare carriera veloce senza una formazione politica. Gli zombie sono quelli che hanno tradito gli ideali di Gianroberto Casaleggio per fini personali. Gli zombie sono i tanti “scappati di casa” che hanno trovato nel Movimento un sicuro usbergo ad una esistenza grigia di senza lavoro. Ma gli zombie sono pure quelli che hanno cercato fino alla fine di avere una deroga al terzo mandato a partire da Fico e Taverna per giungere all’ultimo dei peones. Zombie perché sono “dead man (or woman) walking”, sono “morti che camminano”, senza più alcun futuro politico ma che possono ancora contagiare. Poi nel suo solito linguaggio apocalittico e disintegrato il comico genovese “compiange chi è caduto e non ha resistito al contagio”.

Ma Grillo questo finale se lo doveva aspettare perché tutti i movimenti populisti, ed il suo è addirittura peronista, hanno questa inevitabile traiettoria storica, peraltro sempre manifestata. Il riferimento superomistico e quasi nietzschiano alla “forza della precarietà” è un tentativo di trasformare una debolezza in una forza, di ribaltare ancora una volta il tavolo della Storia, ma anche un modulo comunicativo fatto di meditati paradossi che fanno presa su un elettorato sintonizzato. Doveva Grillo individuare prima i tanti opportunisti alla Di Maio che prosperavano all’ombra della Lanterna, ma forse allora non gli conveniva vederli o meglio ancora gli servivano in quella fase entusiasmante di “folle oceaniche”. Ora che tutto è finito, che il boom si è mestamente sgonfiato restano i cocci ma anche la possibilità di ricominciare facendo però tesoro del passato.