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Politica
Meloni a Kiev vs Macron-Scholz, così Giorgia spariglia l’asse geopolitico Ue
Giorgia Meloni e Vladimir Zelensky

A Washington la nostra premier è seguita da tempo con grande curiosità e attenzione (il ministro Adolfo Urso, all'indomani delle elezioni del 25 settembre, era stato spedito nella capitale americana, proprio per aprire il canale diplomatico per la futura premier, nella ristretta cerchia che conta nella politica a stelle e strisce). Ed è altrettanto indubbio che gli americani da tempo guardino con una certa diffidenza sia Macron, a cui non perdonano forse il suo inutile autonomo e vano tentativo di accreditarsi come mediatore a Mosca prima del conflitto, sia il cancelliere tedesco Scholz, tra i più tiepidi non solo sulle sanzioni alla Russia, ma anche sull’invio di armi agli ucraini.

Giorgia Meloni allora potrebbe avere  un'occasione forse unica di diventare, In Europa, uno degli alleati privilegiati  degli Usa. Ed è anche per questo che diventa sempre più fondamentale il  convinto appoggio all’Ucraina, che lei e il suo partito hanno portato avanti senza indugi, anche quando a palazzo Chigi c’era Draghi e Fdi era all’opposizione ( consigliata in questo dal fedelissimo ed ascoltatissimo Giovan Battista Fazzolari, da subito convinto sostenitore della causa ucraina).

Le indecisioni degli alleati, soprattutto Berlusconi, in questa fase, sembrano non scalfire la sua immagine sia a Kiev che a Washington, che giudica il nostro paese sulla base dei fatti e non delle dichiarazioni di questo o quell’uomo politico. La Meloni sembra quindi essersi conquistata, con il suo fitto lavorio diplomatico, sia sullo scenario africano che su quello europeo, una credibilità ed una autorevolezza, che certo non può essere oscurata da qualche estemporanea dichiarazione di un ex presidente del consiglio come Berlusconi, che pare ormai aver perso da tempo il suo fiuto politico e la cui immagine a livello internazionale appare sempre più sbiadita. I recenti attriti con Macron, invece, sono in parte anche il frutto di una sottile battaglia di logoramento per la conquista di quel vuoto di leadership in Europa, creatosi dopo la  fine della lunga era Merkel.

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