Politica
Meloni attendista, Letta in declino: che cosa raccontano le nomine europee
Liberali e socialisti si scambiano i posti: per ora gli equilibri rimangono inalterati. Ma la partita si gioca sui commissari
Meloni attendista, Letta in declino: che cosa raccontano le nomine europee
Per ora, più che un ribaltone sembrerebbe un rimescolamento delle carte. Posto che Ursula Von Der Leyen dovrebbe – il condizionale è d’obbligo – venire confermata a presidente della Commissione Europea, il Pse e Alde (cioè i liberali) si scambiano le caselle. L’ex primo ministro portoghese António Costa sarà il prossimo presidente del Consiglio Europeo al posto di Charles Michel (che appartiene ad Alde). La premier estone Kaja Kallas sarà l'Alta Rappresentante dell'Unione Europea per gli Affari esteri: ovvero, una liberale al posto del socialista Josep Borrell. Non esattamente una rivoluzione, segnale evidente che per il momento si punta al mantenimento dello status quo.
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Una sconfitta per la premier Giorgia Meloni? Non proprio. Intanto perché i bene informati fanno presente che alla presidente del Consiglio è stato promesso un commissario di peso, probabilmente in materia economica. In questo modo Fratelli d’Italia potrebbe non opporsi al nuovo mandato di Ursula, anche se questo significherà scendere a compromessi con una parte della sinistra. L’incontro con Viktor Orbàn - che si è subito detto contrario a queste nomine che calpestano "le basi dell'Ue" - di ieri, dunque, non è stato il prodromo a un rovesciamento delle carte in tavola ma, semmai, a una mossa tattica: devono essere prima “gli altri”, si saranno detti, a fare la prima proposta. La Lega, invece, proseguirà a fare opposizione confermandosi, soprattutto in Europa, il partito più a destra tra quelli della maggioranza.
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Ne esce sconfitto, almeno per ora, Enrico Letta. Il quale, dopo aver lasciato il prestigioso istituto di studi politici a Parigi, il Sciences Po, sembrava addirittura in procinto di approdare alla presidenza del Consiglio europeo. Assalto fallito, se negli incontri di giovedì e venerdì dovesse essere confermato lo schema attuale. L’ex presidente del Consiglio, giubilato da Matteo Renzi, può ambire ad altri incarichi seppur non nel cuore nevralgico di Bruxelles. Il primo è come inviato speciale europeo in Medio Oriente, dove la tragedia di Gaza rischia di essere solo la punta dell’iceberg di una crisi ben più profonda tra Israele e i Paesi limitrofi. Il secondo è al posto di Luigi Di Maio, che vedrà scadere il suo ruolo di inviato per l’Europa nel Golfo il 28 febbraio del 2025. Un tempo lungo ma non lunghissimo, specie se l’ex ministro degli Esteri, dopo il tracollo del Movimento Cinque Stelle alle elezioni europee, decidesse di tornare in Italia per riportarlo agli antichi fasti.
Non ci sono ancora vincitori e vinti, perché per ora gli equilibri restano invariati. Certo, se Meloni dovesse ottenere davvero un commissario pesante e se magari analogo trattamento dovesse toccare ad altri esponenti dell’area conservatrice (Ecr ha 83 seggi su 720 complessivi, l’11,5% del totale), allora vorrebbe dire che lo spostamento verso destra di Strasburgo sarebbe completato. Un’ultima notazione: domani Giorgia Meloni riferirà alla Camera e sarà l’occasione per capire quali sono le intenzioni della premier. Che non si farà sfuggire l’occasione di rimarcare il peso del suo gruppo in Europa. Il resto è ancora prematuro da analizzare.
A quanto risulta ad Affaritaliani.it, d’altronde, sono davvero pochi i commissari che resterebbero al loro posto. Il più blasonato è Valdis Dombrovskis, mentre saluterà dopo anni di “terrore” la danese Margrethe Vestager. Addio anche a Paolo Gentiloni, alla portoghese Elisa Ferreira e all’olandese Wopke Hoekstra. Un sacco di poltrone da assegnare, molti equilibri da ridisegnare. La Meloni attende, non sarà lei a fare la prima mossa.