Politica
Meloni, su Gaza e non solo, tace. Ma la politica estera di Trump non dispiace alla premier. Ecco perché
La leader di FdI in imbarazzo? Per niente. Il dietro le quinte
Il Musk politico e plasmatore di una nuova destra europea non piace e non convince
Make Gaza Beautiful Again. L’hanno definito così il piano di trasformazione della Striscia in una splendente riviera residenziale affacciata sul Mediterraneo. Un piano che Donald Trump ha presentato ricevendo alla Casa Bianca il premier israeliano Netanyahu, col quale pare lo avesse condiviso solo pochi minuti prima. Così come pare che nulla ne sapessero i vertici militari e diplomatici americani, così come Giordania ed Egitto, chiamati ad accogliere - nelle idee di Trump - due milioni di palestinesi sfollati da Gaza per consentirne la ricostruzione.
Per ora dal governo italiano si è fatto vivo solo Antonio Tajani, ribadendo fedeltà alla linea europea e italiana dei “due popoli, due Stati”. Tace Giorgia Meloni, che in questi giorni sembra palesemente non volersi far travolgere dalle polemiche sul caso Almasri e dagli strascichi della battaglia con la Magistratura sui migranti. Nell’entourage della premier c’è attendismo e si fa notare che finora ha sbagliato chi ha considerato le prime mosse di Trump in politica estera come bizzarro avventurismo.
In fondo l’idea di annettere la Groenlandia ha costretto la Danimarca ad occuparsi finalmente del problema della sicurezza dell’Artico in cui scorrazzano russi e cinesi; la polemica con Panama sta portando all’uscita dello Stato centroamericano dalla Via della Seta cinese e a condizioni di vantaggio per il transito di navi americane; l’uscita dall’Oms potrebbe preludere a un rapido rientro in cambio di riportare la guida dell’organizzazione in campo occidentale dopo anni di dominio cinese.
Per non parlare poi dei dazi contro Messico e Canada che hanno avuto come effetto immediato l’aumento dell’impegno dei due vicini di casa a presidiare i confini contro traffico di migranti e di fentanyl. E anche sull’Ucraina l’attivismo del neo presidente potrebbe portare a un incontro Putin-Zelensky a breve o, in alternativa, a una continuazione della guerra ma con accesso americano alle materie prime ucraine in cambio del supporto militare a Kiev.
Su questa scia, la proposta trumpiana su Gaza potrebbe essere - si ragiona ancora tra i colonnelli meloniani - un modo per tentare di portare al tavolo della pace regionale e della ricostruzione quegli Stati arabi “moderati” (a partire da Emirati e Qatar, senza dimenticare i già citati Egitto e Giordania) che hanno interesse a normalizzare i rapporti con USA e Israele (sulla stessa falsariga degli accordi di Abramo, patrocinati da Trump nel suo precedente mandato) ma non si sono ancora del tutto dissociati da Hamas. Insomma, la sensazione è che quella su Gaza - così come le altre - non sia soltanto una boutade e questo porta Meloni a un’inevitabile cautela.
La stessa che FdI manifesta di fronte al progetto MEGA (Make Europe Great Again) lanciato da Elon Musk a sostegno dei sovranisti di mezza Europa: bene il Musk imprenditore, bene il Musk che garantisce il free speech su X, ma il Musk politico e plasmatore di una nuova destra europea non piace e non convince. Starà ancora una volta a Meloni trovare il giusto equilibrio, preservando l’amicizia senza cedere alla subalternità.
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