Politica

Musk e la droga vs il politically correct. Ira a Sx per l'incontro con Meloni

Di Giuseppe Vatinno

Il magnate di Tesla e X preso di mira dalla Sinistra sul presunto uso di droghe a causa della sua vicinanza con la premier e Salvini

Musk, sulla droga vittima del politically correct. Ira a Sx per l'incontro con Meloni-Salvini

È da tempo che i progressisti mondiali smaniano e si lamentano perché Elon Musk ha comprato Twitter, ha avuto financo l’ardire di chiamarlo X, ed è passato “dall’altra parte”, con ciò intendendo che non è più nell’alveo del politically correct tipico della Silicon Valley. Infatti il tycoon americano è diventato critico rispetto alla solita narrazione, cioè “il mondo al contrario”, ed ha cominciato a dire un po’ le cose come stanno, pane al pane vino al vino, tanto per intenderci. Apriti cielo!

LEGGI ANCHE: Musk, la chetamina e le altre droghe fanno tremare i vertici di Tesla-Space X

Improvvisamente i sacerdoti del “buon dire” hanno trovato in lui tutti i difetti del mondo, nessuno escluso, mentre prima era una sorta di avatar tecnologico da osannare e riverire. Da quando Elon non segue più –semmai l’avesse veramente seguita- la narrazione condivisa del buonismo melassoso made in Usa ecco che è diventato “il nemico” da abbattere, il persecutore dei “buoni”. La cartina di tornasole la si può vedere nei critici caserecci che non riescono ad accettare l’idea che Musk non la pensi come Mark Zuckerberg, Bill Gates e compagnia cantante. Fact checker devoti al verbo mondialista sorosiano non passano giorno che attaccano il fondatore di Tesla perché ha allentato i controlli inquisitori sulle notizie, controllo addomesticato su cui campano.

X, a loro dire, è diventato ormai il bengodi dei cospirazionisti e degli affini, la sentina della melma mondiale, un luogo di perdizione in cui si passa il tempo a complottare contro l’ideologia gender, woke, i migranti, i cambiamenti climatici e chi più ne ha ne metta. E da qualche giorno, complice un articolo del Wall Street Journal, è saltato fuori che Musk si droga. Ai giornali di sinistra, peraltro spesso paladini del “libera droga in libero Stato”, non è parso vero ed ha titolato a caratteri cubitali ed alzo zero. La Repubblica: “Elon Musk usa droghe come Lsd, cocaina e ketamina. Preoccupazione nelle sue aziende”.

Il menù de Il Fatto Quotidiano almeno è più variegato: “Elon Musk fa uso di ketamina, Lsd, coca, funghi, ecstasy ed hashish: i dirigenti di Tesla e Space X preoccupati per le droghe assunte dal miliardario”. La Stampa invece va anche sul medico: “Il capo di Tesla Elon Musk e quella vita al limite tra cocaina, ecstasy, Lsd e psicofarmaci”. A pensare male si fa peccato ma quasi sempre ci si azzecca, diceva un vecchio saggio di cui ora si sente la mancanza. E allora diciamolo che nella Silicon Valley e negli ambienti straricchi di certa finta sinistra progressista la droga scorre a fiumi e più di un naso appare dilatato da narici profonde come grotte, spesso imbiancate di una coltre malandrina. Almeno a destra c’è sempre stata una ferma opposizione ideologica alla droga come disvalore sociale oltre che preoccupante fenomeno di massa. Ma ora, ammesso che sia vero quanto si dice sull’inventore di Tesla e dell’uomo che manderà l’umanità su Marte, improvvisamente lui è l’unico che fa uso di sostanze proibite e disdicevoli e guarda caso che questa crociata è iniziata quando Musk si è avvicinato al partito Repubblicano negli Usa e a Donald Trump, pur tra alterne vicende. Singolare coincidenza.

Come certamente è singolare la coincidenza che gli odiatori nostrani dell’inventore americano si siano scatenati proprio dopo che ha incontrato Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Un caso? Una coincidenza? O, molto più probabilmente, strategia mediatica, pur sgangherata e non originale?