Politica

Nordio? E' coerente con se stesso: vuole una riforma garantista, come Pisapia

Di Lorenzo Zacchetti

"Le intercettazioni sono un male necessario. Deiezioni talvolta fertili, ma sempre segrete": lo diceva già nel 2010, perché stupirsi oggi?

Il Guardasigilli è nella bufera, ma sta solo mettendo in pratica le idee che ha sempre manifestato. Anche per iscritto

Intercettazioni, separazione delle carriere, 41 bis, CSM e correnti della magistratura: la necessità di riformare la giustizia accende discussioni roventi, non solo su un caso delicatissimo come quello dell'anarchico Alfredo Cospito. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio finisce in una morsa, stretto tra la petizione per le sue dimissioni lanciata da Il Fatto Quotidiano e la tiepida difesa da parte del centrodestra, che ha alimentato le voci sulle possibili dimissioni del Guardasigilli.

In questo scenario, ha fatto molto discutere l'intervista di affaritaliani.it al penalista Mirko Mazzali, notoriamente di sinistra eppure completamente allineato sulle posizioni del ministro che un anno fa Giorgia Meloni aveva indicato come candidato “di bandiera” per il Quirinale.

nordio pisapia
 

Eppure, era già tutto scritto. Letteralmente: basta andarsi a cercare “In attesa di giustizia – Dialogo sulle riforme possibili” (Ed. Guerini e Associati, 192 pagine, 18,50 euro), libro pubblicato nel 2010 dallo stesso Nordio, in coppia con Giuliano Pisapia. Proprio così: un anno prima di diventare Sindaco di Milano, l'ex parlamentare di Rifondazione Comunista, nonché avvocato penalista, esprimeva pubblicamente un progetto condiviso con Nordio, nonostante il diverso orientamento politico.

A sottolineare l'eterogenesi dei fini erano gli stessi autori: “Proveniamo da culture e da esperienze professionali non proprio opposte, ma certamente diverse: un avvocato politicamente impegnato a sinistra, e un pubblico ministero refrattario a ogni collocazione politica ma certamente liberale e moderato. Entrambi abbiamo ricoperto il medesimo ruolo, la presidenza di una Commissione ministeriale per la riforma del Codice penale, su incarico di due governi differenti. Al termine delle rispettive esperienze, entrambi siamo arrivati alla stessa diagnosi e persino le terapie hanno molti punti simili. Segno che per affrontare i temi della giustizia è possibile percorrere una strada comune”. 

"Le intercettazioni sono costose e dannose"

Il libro si divide in due parti. Nella prima c'è una puntuale analisi di quelle che vengono definite “le più laceranti contraddizioni di un sistema quasi decrepito, i farraginosi bizantinismi della macchina giudiziaria; gli sprechi delle magre risorse disponibili; la crudele invasività delle intercettazioni; l'incertezza della pena e l'iniquità della carcerazione preventiva; l'oscillazione schizofrenica tra buonismi indulgenziali e pacchetti sicurezza rigorosi”. Nella seconda, si entra nel vivo delle proposte di riforma e si trova davvero già tutto quello che oggi suscita stupore e sconcerto: dall'obbligatorietà dell'azione penale (che per Nordio ingolfa i tempi della giustizia, mentre per Pisapia è un caposaldo) all'immunità parlamentare, fino alla revisione della Costituzione auspicata in particolare dall'attuale ministro.

Ovviamente, a una rilettura di oggi, le pagine più “calde” sono quelle sulle intercettazioni. Pur con sfumature diverse (Nordio più severo, Pisapia più possibilista), i due giuristi esprimono una posizione davvero netta: “La realtà dolorosa è che le intercettazioni telefoniche e ambientali sono in piccola parte utili (e forse indispensabili), ma nel complesso sono costose e dannose. Costose, perché gravano per centinaia di milioni di euro sul bilancio già striminzito della giustizia. Dannose, per il cittadino che subisce intrusioni moleste, e per l'investigatore che si appiattisce sulla loro facile esecuzione, rinunziando a strumenti più complessi, ma anche più affidabili”, scrive Nordio.

“La loro connotazione odiosa non deriva tanto dall'intromissione clandestina nella sacralità della sfera individuale, quanto della manipolazione selettiva cui sono soggette. Chi dispone di questi dialoghi può scegliere con una buona dose di arbitrio se farli filtrare, in quale misura e con quale frequenza, magari applicando la tignosa logica di Richelieu: datemi una lettera con un paio di forbici e ne farò impiccare l'autore. Tagliando e incollando le nostre parole, ciascuno di noi può sembrare un pazzo furibondo, un viscido pervertito, un pericoloso incendiario, o tutte e tre le cose”.

"Le intercettazioni non vanno abolite, ma limitate"

Pisapia prudentemente invita a “non buttare via il bambino con l'acqua sporca” sottolineando che “abolire le intercettazioni è una soluzione masochistica per la giustizia, anche se è difficile evitare che non raramente finiscano sulla piazza (virtuale) dei media”. Nordio è invece più categorico: “Le intercettazioni sono un male necessario. Necessarie alle indagini, sono tuttavia perniciose ai cittadini, perché violano l'art. 15 della Costituzione, che stabilisce che 'la libertà e la segretezza di ogni forma di comunicazione sono inviolabili'. Come male necessario, dovrebbero essere limitate ed eccezionali, invece proliferano con enormi costi economici e organizzativi. Poi, al momento opportuno (per qualcuno), vengono ciclicamente pubblicate con sapiente e programmata perfidia. Ne sono rimasti vittima tutti: politici, religiosi, imprenditori, magistrati, uomini di scienza, di spettacolo e, più genericamente, personaggi famosi. E domani chissà a chi toccherà”.

Su questo punto, il parere dei due autorevoli giuristi si salda e Nordio spiega molto chiaramente: “Le intercettazioni non devono essere abolite, ma relegate tra gli strumenti più subdoli e ambigui, come le lettere anonime e le spiate dei confidenti: deiezioni talvolta fertili ma sempre segrete, che non entrano, ne' possono entare, nei fascicoli processuali”.

Lasciamo ai cultori della materia la possibilità di approfondire il tema leggendo anche il resto del libro, nel quale Nordio e Pisapia dialogano con l'editore Angelo Guerini, anticipati da una corposa prefazione di Sergio Romano, nella quale si legge tra l'altro che i suggerimenti dei due giuristi “non sono stati ascoltati perchè la classe politica ha altre preoccupazioni. Anziché lavorare sui tempi medi e lunghi per il rinnovamento dei sistema penale, preferisce vivere alla giornata inseguendo gli umori della pubblica opinione o gli appelli d'oltre Tevere”.

Ciò che davvero conta e la sgradevole epifania di chi solo oggi scopre le posizioni che Nordio aveva messo nero su bianco ben 13 anni fa, peraltro riscuotendo consensi trasversali come appunto quello di Pisapia. Possibile che chi ha puntato su di lui non avesse letto i suoi libri o almeno le sue numerose interviste e gli interventi nei dibattiti pubblici? Certamente no. E allora, che cos'altro ci si aspettava da chi ha sempre fatto del garantismo la propria bandiera?

Forse l'unica spiegazione plausibile la fornisce lo stesso Nordio, autodescrivendosi nel testo succitato come “refrattario a ogni collocazione politica”: quando si dismettono i panni di tecnico per entrare nell'agone politico tutto cambia, le logiche sono diverse e pertanto non è poi così infrequente scontrarsi con chi fa parte della propria squadra, magari subito dopo aver incassato uno sportivo plauso da parte dell'avversario.